Calcio
Il punto sul Campionato – 28 Dic
SERIE A – 17° Giornata
Dopo 3 giorni in assenza di connessione (grazie, azienda di cui non voglio dire il nome ma che sponsorizza anche la nostra amata Serie A!) rieccomi qui per commentare la 17^ giornata di campionato, l’ultima del 2013. L’occasione è quindi perfetta per trarre qualche conclusione, visto che oltre che segnare la fine dell’anno solare questa giornata ci porta quasi al giro di boa di un torneo che finirà in anticipo sui tempi per via del Mondiale brasiliano.
La Juventus si conferma la forza principale del campionato: il 4 a 1 con cui schianta l’Atalanta a Bergamo non rende forse onore agli uomini di Colantuono (in partita fino al 3 a 1 firmato Llorente) ma fa capire chiaramente la forza dei campioni in carica, sempre più lanciati verso il terzo titolo consecutivo. Oltre ad aver sempre vinto, la squadra di Conte si è distinta per un intensità ed un ritmo che nessuno da noi sembra poter avvicinare: accade così che pure in una partita difficile su un campo che ha frenato diverse big, la Juve soffra ma poi, appena gli avversari si lasciano andare un po, castighi senza pietà. Tevez e Llorente, in gol entrambi, fanno capire la differenza di qualità e cattiveria sotto porta che passa tra questa squadra e quella (pur vincente) delle scorse stagioni, Pogba a centrocampo è ormai una certezza e Vidal è senza alcun dubbio il centrocampista più forte della Serie A. Sono tutti ingredienti validi per dominare in Italia, e davvero viene da chiedersi come una squadra così forte e completa possa aver fallito l’appuntamento-Champions, anche se il bicchiere mezzo pieno è che i bianconeri hanno buone possibilità di aggiudicarsi l’Europa League, con la finale che per giunta si giocherà allo Juventus Stadium.
Dietro la Juventus la Roma risponde anch’essa con 4 reti al povero Catania, e non si pensi che la prova è stata meno maiuscola rispetto a quella dei bianconeri: infatti, pur se giocavano in casa e gli etnei erano ultimi in classifica, ai giallorossi mancano due rigori solari su Gervinho e un paio di occasioni clamorose fallite dallo stesso ivoriano, tanto veloce e imprevedibile quanto molle in fase conclusiva. Meno male che ai gol, oltre al sorprendente Benatia, pare ci penserà Mattia Destro, finalmente restituito alla causa e capace di segnare 3 reti in 3 gare, nessuna delle quali peraltro giocata per i 90 minuti. Questa Roma è una certezza, magari non sarà in grado di giocarsela per il titolo ma a tutt’oggi deve essere sicuramente considerata la seconda forza del campionato, considerando il Napoli targato Benitez una mezza delusione. Se infatti in Champions gli azzurri sono stati la squadra italiana più brillante (incredibile l’eliminazione subita con 12 punti) in Italia la squadra è mancata di continuità di risultati, complicandosi la vita in partite abbastanza abbordabili giocate con fin troppa leggerezza: con il Cagliari non era facile, ma una squadra che vuole vincere lo scudetto non può nascondersi dietro a un dito, e se la difesa apparentemente fragile può essere addebitata alla società in fase di mercato, è anche vero che la sistematica rinuncia a Cannavaro dietro in luogo di Fernandez è farina del sacco del tecnico spagnolo, così come l’insistere su una linea difensiva a 4 dove gli esterni Maggio e Armero sono decisamente poco adatti tatticamente – soprattutto l’italiano, che già aveva fatto capire la sua scarsa attitudine difensiva nella Confederations Cup giocata quest’estate. Il Napoli è una squadra bella ma fragile, ricchissima di alternative ma incompleta, e dubito che l’arrivo di Antonelli (peraltro bel giocatore per me) possa cambiare così tanto gli equilibri. Certo, se Benitez saprà essere un po più malleabile e se la squadra beneficerà dell’impegno minore che l’Europa League rappresenta rispetto alla Champions, niente è impossibile, ma il tempo stringe e per ora il Napoli sembra un cantiere aperto, dove oltretutto pare essersi smarrito Marek Hamsik.
Forse la squadra che ha sorpreso più di tutti, a pari merito con la Roma, è la Fiorentina, che si gode un quarto posto raggiunto senza troppi scossoni e per giunta dovendo rinunciare all’unico acquisto di sostanza del mercato estivo, quel Mario Gomez che ha solo fatto intravedere quel che poteva dare di diverso ai Viola.
Bravissimo Montella a tornare sui suoi passi, e cioè su un gioco corale palla a terra che rimane uno dei migliori – se non il migliore – d’Italia e che esalta le qualità tecniche e geometriche di Borja Valero, Pizarro e Aquilani. Detto che Cuadrado è senza dubbio il miglior esterno destro d’Italia al momento, una parola va spesa per Pepito Rossi e la magia di mercato che ne ha permesso l’arrivo a Firenze.
Questo ragazzo era dato per finito appena un anno fa, ed ha toccato di nuovo un campo di calcio (dopo quasi due anni) solo sei mesi fa: quest’estate si pensava che un nuovo crack fosse dietro l’angolo, e invece ha giocato praticamente tutte le gare. Si poteva temere che gli infortuni lo frenassero da un punto di vista mentale, e invece gioca, crea e segna come se non si fosse mai fermato. Definirlo il miglior attaccante italiano al momento pare persino riduttivo, e se da una parte bisogna applaudire i Viola dall’altro non si può non condannare i grandi club che negli anni sono riusciti sistematicamente a farselo sfuggire, e domandarsi cosa potrà fare in coppia con Gomez quando il tedesco sarà tornato alimenta senza dubbio le fantasie dei toscani, che potrebbero riuscire a conquistare un terzo posto tutt’altro che scontato, nonostante la scorsa stagione sia stato mancato per un soffio: non tutte le stagioni numerose big steccano tutte insieme come accaduto nel 2012/2013.
Di certo una squadra diversa da quella della scorsa stagione è l’Inter: non tanto nei risultati (il tanto vituperato Stramaccioni la scorsa stagione era più o meno dove adesso è la truppa di Mazzarri) e nemmeno nel gioco, lungi da essere definito o piacevole da vedere. Questa Inter appare però diversa nello spirito e nel carattere, e la vittoria con il Milan nel derby, giunta grazie ad un pazzesco tacco di Palacio, ne è la dimostrazione: una squadra che concede poco e lotta su ogni pallone, forte con i forti e semmai debole con i deboli, quando un grande team deve smettere di ripartire e costruire un idea di gioco. Ecco, qui i nerazzurri sono deficitari, complici la mancanza di maturità di Kovacic, la mancanza di qualità degli esterni e l’assoluta anarchia tattica di Guarin: Mazzarri ci mette del suo, non giostrando praticamente mai a due punte, ma se Milito è rotto e Icardi appare con la testa tra le nuvole non si può fargliene una colpa. Dategli Lavezzi e vedrete se non riproporrà le due punte, e a quel punto l’Inter potrà certo recuperare un campionato per ora decente ma non certo convincente, vista e considerata anche l’assenza di impegni europei.
Due punti sotto all’Inter, al sesto posto, ecco il Verona di Mandorlini: nessuno poteva immaginarsi un girone d’andata così da neopromossi, nessuno poteva giurare sull’assoluta qualità di un centrocampo che ha in Jorginho l’uomo di punta ma che ha anche rilanciato due UFO come Romulo e Halfredsson e che serve a supportare un attacco che sorprende per come sia ben abbinato: mentre Gomez cuce, infatti, Iturbe punge che è una bellezza, e pare tornato ai livelli di quando veniva definito potenzialmente un nuovo-Messi. Nel mezzo poi c’è Luca Toni, che con gli scaligeri sta vivendo una seconda giovinezza non soltanto in zona-gol ma anche per come trascina la squadra e apre gli spazi ai compagni. Certo, la stagione è ancora lunga e può essere logorante per uno che a giugno compirà 37 anni, ma la domanda è lecita: se continua così, davvero Toni non potrebbe fare un pensierino ai Mondiali?
E da un vecchio totem azzurro a due che potrebbero esserlo in futuro: Cerci e Immobile del Torino ricordano davvero le grandi coppie granata del passato, e trascinano la squadra di Ventura ad un bellissimo settimo posto che quasi nessuno avrebbe potuto credere possibile. Fantastica la rinascita di Immobile, appena due stagioni fa capocannoniere della B e poi smarritosi in un’annata balorda nel Genoa: il ragazzo ha trovato fiducia e continuità e sta ripagando il Toro con tante reti ma soprattutto tanta tanta grinta, qualità che il popolo granata da sempre apprezza più di ogni altra. Al suo fianco Cerci sembra la spalla ideale: a 26 anni l’ala di Velletri pare aver finalmente trovato la maturità, diventando il trascinatore di una squadra che gioca per lui e che a lui si affida ciecamente. La maturazione è evidente tanto nel carattere quanto nel modo di giocare: il Cerci 2.0 infatti cerca sempre il dribbling, la sua arma migliore, ma alza più spesso la testa e sa quando rinunciare alla giocata per servire un compagno meglio piazzato (vedere l’assist a Vives nel 4 a 1 rifilato al Chievo) e anche se pare assai probabile che questa maturità possa coincidere con l’addio alla maglia granata, altrettanto certo pare che questo accadrà a giugno e non a gennaio, con conseguenti ottime possibilità per il Torino di fare un bel campionato.
Dall’ottavo posto in poi la classifica è molto corta e vede squadre diverse con budget e ambizioni diversi e quindi con soddisfazioni diverse: se il Genoa può essere contento dei suoi 20 punti alla luce della partenza balbettante avuta con Liverani e il Parma poteva sperare in meglio ma tutto sommato vede il traguardo dei 20 punti in linea con le sue ambizioni (del resto affidarsi a Cassano è sempre una scommessa, riuscita a metà in questo caso) certo lo stesso bottino non può far contenti Lotito e la sua Lazio, che da gennaio ripartirà senza Petkovic: avevo scritto che la maggior parte delle colpe di questa debacle erano da attribuire alla società, ma dopo la pesante sconfitta di Verona patita domenica devo rivedere il mio giudizio. Vero è che la squadra è scarsa di qualità in difesa e scarsa numericamente in attacco (e con un centrocampo potenzialmente fortissimo ma che patisce le lune di Hernanes), ma il neo-tecnico della Svizzera è parso confuso e cofusionario, cambiando spesso uomini senza mai dare l’idea di una visione chiara delle cose. Pare che tornerà Reja, che forse non porterà la squadra a chissà quali vette ma che magari un pareggio in casa di una neopromossa potrà ottenerlo. O perlomeno una sconfitta meno fragorosa…
Non perde fragorosamente ma perde ancora il Milan di Allegri, ormai sempre più delusione del campionato: è evidente che il terzo posto della scorsa stagione agguantato tra mille polemiche e con una bella dose di fortuna, aveva illuso troppi sulle potenzialità di una squadra scarsa di qualità e di motivazioni e che fuori dal rettangolo di gioco ha un presidente, Berlusoni, nel momento meno fortunato della sua storia, due Amministratori Delegati ai ferri corti e un allenatore esautorato e che a questo punto ci si chiede come mai sia stato confermato la scorsa estate.
Balotelli per ora ha fallito con chi, come me nel mio blog, ne chiedeva l’affermazione definitiva in fuoriclasse: non aveva tutti i torti Allegri quando disse, senza troppi giri di parole, che in fondo si parlava di un giocatore alla prima maglia importante in carriera, visto che sia nell’Inter che nel Manchester City era stato una riserva e nulla più. Difendere ancora Balotelli solo in virtù dei suoi margini di miglioramento pazzeschi potrebbe fargli del male: no, è giusto che si esiga che questo talento potenziale diventi effettivo, che il ragazzo maturi caratterialmente e che la smetta, in certe partite, di annullarsi da solo. Lo deve pretendere il Milan, lo deve pretendere Prandelli (per cui pare che Mario sarà un punto fermo della Nazionale ai Mondiali) ma soprattutto lo deve pretendere lo stesso Balotelli: madre natura lo ha dotato di un fisico e di un talento certamente non comuni, ma la storia del pallone è piena di enormi talenti andati perduti per via di un carattere mediocre. Se Balotelli fallisse nel suo diventare un campione sarebbe senza dubbio un peccato, ma non sarebbe la prima volta che accade. Allo stesso tempo però non si può chiedere a lui di tenere a galla da solo una squadra come il Milan, che secondo me dovrà inghiottire quel che resta di una stagione che è e sarà mediocre e dalla prossima estate ripartire.
Con idee chiare e decise.
Detto che Livorno e Catania, per motivi diversi (tecnici per i toscani, mentali per i siciliani) paiono serissime candidate alla retrocessione, chiudo con il Bologna: la vittoria per 1 a 0 ottenuta con il Genoa grazie ad un gran goal di Diamanti non illuda. Se fossero mancati i tre punti la squadra sarebbe penultima, e in fondo si giocava con una squadra che era in astinenza di vittorie da più di un mese e al Dall’Ara.
Insomma, i rossoblù non devono assolutamente abbassare la guardia, anche se ad avviso di chi scrive Pioli rimane un buonissimo allenatore e la squadra non è certo così inferiore a chi naviga almeno dieci punti sopra. Bisogna ripartire dalla grinta messa in campo dai giocatori soprattutto nel primo tempo e dal coraggio mostrato dal tecnico nello schierare Diamanti dietro a due punte: sicuramente un opzione non sempre percorribile, ma che in casa e contro avversari diretti può liberare la fantasia e la classe del mio concittadino, giocatore decisamente di lusso per chi gioca per la salvezza.
Con questo è tutto, un saluto a tutti gli amici di 1000cuorirossoblù, auguri di Natale in ritardo e di un buon Capodanno in anticipo. Per qualsiasi cosa (opinioni, domande) scrivete pure alla redazione e sarò felice di rispondervi. Se poi volete discutere di calcio con me mi trovate naturalmente anche su Facebook! Ciao! ^^
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