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Calcio

Il punto sul Campionato – 28 Gen

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SERIE A  21° Giornata

La 21^ giornata sembra, a livello di risultati, aver portato qualche novità, ma se si analizza bene quanto visto in campo al di là del mero punteggio finale ci si può rendere conto che poco è cambiato negli equilibri generali.

La Juventus capolista, è vero, viene fermata sul pareggio a Roma da una Lazio che il ritorno di Reja ha saputo rigenerare: sotto di un uomo e di un gol, però, la squadra di Conte reagisce con grande carattere, trovando il pari con Llorente (gran goal) e sfiorando la rete un altro paio di volte sempre con lo spagnolo e poi con Tevez. Vero è che nel compito finale il pareggio può stare stretto ai padroni di casa, che colpiscono due pali clamorosi, ma tirando i conti si può dire che l’idea di una Juventus più forte di tutto e di tutti, in Italia, non ne esce affatto indebolita. Anzi. Il team di Conte può essere a volte stanco o svogliato in alcuni suoi uomini chiave (Buffon, che prima del rigore con espulsione già aveva dato segnali di distrazione, forse per via delle sue note storie sentimentali) ma alla fine vuoi per fortuna o per carattere i bianconeri cascano sempre in piedi: è successo con Chievo e Torino, è successo anche in altre occasioni. Certo qualche segnale che il campionato non sia già conquistato c’è, la squadra prende gol e sembra logora in alcuni uomini, ma la Juve rimane la grandissima favorita per lo Scudetto. Un terzo titolo che – forse non ce ne rendiamo conto – sarebbe straordinario, e non un semplice contentino per rifarsi delle delusioni europee.
Ottima Lazio come detto, resuscitata da quel profeta del buon senso che è Edy Reja, che ha semplicemente rimesso gli uomini al posto giusto: rincorrere l’Europa non è proibitivo, a patto che i biancocelesti trovino un alternativa a Klose però.

La Roma, nelle zone di testa, è l’unica squadra a vincere: lo fa in trasferta contro un Verona convincente, che non sembra aver patito troppo la cessione del faro Jorginho ma che crolla di fronte alle giocate di Gervinho. Qualche mese fa, in un intervista, Totti aveva paragonato l’ivoriano a “Cristiano Ronaldo che non sa concludere”, e le ironie si erano sprecate. Sarà, ma quel che si vede da settembre è un giocatore fortissimo fisicamente e dotato tecnicamente, che gioca per la squadra e corre 90 minuti. Gervinho, quando ha spazio, è devastante, sicuramente uno dei giocatori più forti del campionato e una delle molte armi (lo ha dimostrato anche in Coppa Italia) che ha Garcia per sperare di riprendere la Juventus. I capitolini infatti stanno facendo un campionato STRAORDINARIO, e se il titolo non dovesse arrivare sarà solo perché la Juve davanti fa cose ancor più egregie. In ogni caso è una bella base di partenza per una squadra che a luglio scorso veniva pesantemente contestata: un plauso va a tutti, ma in particolare penso a Walter Sabatini, su cui si è spesso scettici ma che sul mercato tira fuori colpi davvero notevoli – uno su tutti Ljajic, preso mezzo giocatore e tornato sui livelli di quando faceva innamorare mezza Europa promettendo un futuro da top player. Il Verona come detto cade ma non frana, la squadra c’è e la salvezza arriverà in tutta tranquillità se si saprà assorbire sconfitte che – vista la differenza tecnica ed economica in campo – sono assolutamente prevedibili.

Balbetta ancora il Napoli, che spreca forse l’ultima occasione per rimanere attaccato con le unghie al sogno scudetto: come ho detto in apertura, potrebbe sembrare una sorpresa ma non lo è. La squadra di Benitez infatti concede l’ennesimo gol grazie ad una difesa impacciata e poi fatica a trovare freddezza nelle conclusioni, trovando il pareggio solo nel finale grazie ad un incursione da vero centravanti di Raul Albiol. Un punto, quello preso in casa con il Chievo, che alla fine sa anche di guadagnato, perché pur avendo creato qualche occasione i partenopei pagano la scarsa finalizzazione di Higuain e Mertens, mentre Hamsik continua a girare a vuoto non trovandosi proprio negli schemi di Benitez. Una difesa mediocre ed un Hamsik sottotono non sono purtroppo novità per gli azzurri, e se è vero che il palo di Mertens poteva cambiare la gara va anche detto che il differente peso tecnico in campo e il fatto di giocare al San Paolo autorizzava chiunque ad attendersi qualcosa di più, anche se va dato merito a Corini di aver trasformato il Chievo in una squadra ostica per chiunque: l’allenatore bresciano per me potrebbe essere in futuro un tecnico su cui puntare per qualche big delusa. Il Napoli deve ritrovarsi e deve farlo in fretta, per inseguire un secondo posto che adesso appare lontano più per quel che si vede in campo che per i punti e per difendere un terzo posto, ultimo utile per entrare in Champions, che non è di certo scontato.

Già, perché la Fiorentina – senza Gomez e Giuseppe Rossi – è a meno tre punti ma avrebbe potuto tranquillamente essere a meno uno. Questo non succede solo perché si trova di fronte un ottimo Genoa, letteralmente rinato sotto Gasperini, e anche per due ovvi errori arbitrali che pesano moltissimo nel risultato finale: non c’era il rigore per i rossoblù, infatti, così come il gol di Antonini era in fuorigioco, seppur di poco. Non basta un incredibile tripletta di Aquilani ai Viola, ma rimane forte la sensazione di una squadra ben costruita e guidata da un tecnico preparatissimo e che ha piazza e società – oltre che la squadra – che lo seguono in tutto e per tutto. Considerati gli investimenti estivi delle big, lottare per il terzo posto anche questa stagione sembrava tutt’altro che facile, e dopo gli infortuni di Gomez prima e Rossi poi si poteva pensare che fosse impossibile. Invece la Fiorentina è lì, a far sentire il fiato sul collo ad un Napoli sicuramente più ricco tecnicamente ma decisamente meno quadrato. Personalmente vedo ancora gli azzurri favoriti, ma il fatto che comunque i viola siano lì dev’essere motivo d’orgoglio per i propri tifosi: la squadra non rinuncia mai al gioco, e questo paga. Non tutte le domeniche infatti può capitare un arbitro fuori condizione…

Distantissima dai viola ecco l’Inter di Tohir, o forse l’Inter di Mazzarri. Oppure, forse ancora, l’Inter di nessuno. I nerazzurri infatti non sono lontani dalla Fiorentina solo in classifica, ma soprattutto in quanto a condizione. Il tecnico fa quel che può con una rosa buona sulla carta ma non altrettanto in campo, che poi è quel che conta: Kovacic è troppo immaturo, Alvarez si è perso, di Guarìn sappiamo. E poi Icardi, che tra infortuni e distrazioni sentimentali non sembra poter fare la differenza; Milito, bomber fuori condizione e male servito; Palacio, forse stanco dopo aver tirato la carretta quasi da solo; Jonathan, volenteroso ma decisamente non da Inter. Con una squadra così farebbe fatica chiunque, e ovviamente fatica anche Mazzarri, sicuramente non esente da colpe ma che appare un po solo contro tutti. Il pareggio con il Catania non è deprimente solo perché si giocava – in casa – contro l’ultima in classifica che in trasferta aveva sempre perso in questo campionato: il pari con gli etnei è deprimente per come arriva, al termine di una partita senza emozioni e senza avere mai avuto la convinzione che si potesse vincerla. I due punti persi con i siciliani pesano, e sono gli ennesimi punti gettati da una squadra senza ne capo ne coda, che si avvia probabilmente a vivere l’ennesimo anno grigio e che dimostra che la colpa non era poi del tanto vituperato Stramaccioni. Non basterà un rinforzo – che sia una punta o un regista – ma ne servirebbero almeno uno per reparto. L’Inter è davvero in un brutto momento, e l’impressione è che questo momento non passerà velocemente.

E se Atene piange, come si suol dire, Sparta certamente non ride. L’altra metà calcistica di Milano, il Milan, vince la seconda gara su due in campionato con Seedorf alla guida, ma i tre punti conquistati a Cagliari sembrano il frutto di tanto cuore e poco più. Logicamente non si poteva chiedere al fresco allenatore olandese di dare un gioco ad una squadra in due settimane, tuttavia la vittoria agguantata negli ultimi cinque minuti in Sardegna potrebbe aver fatto quasi peggio che meglio, mascherando i problemi che i rossoneri hanno e continuano ad avere: una difesa mediocre, un centrocampo formato da soli mediani – e l’acquisto di Essien, peraltro ottimo giocatore, certo non darà scioltezza tecnica alla manovra – e tre mezzepunte di cui il solo Kakà pare un giocatore fatto e finito. Balotelli come spesso capita finisce per marcarsi da solo, anche male assistito da un Honda in ritardo di condizione e un Robinho che sembra in vacanza da almeno un anno. Incoraggiante il ritorno di Pazzini, che tuttavia dovrebbe giocarsi il posto con un Balotelli a cui è difficile comunque rinunciare in partenza. Insomma, il Milan vince ma non convince, e deve assolutamente cominciare a farlo se non vuole vivere di sprazzi ma inseguire seriamente l’Europa.

Il resto della giornata porta solo altre conferme, come detto in apertura: Torino e Parma sono due solide realtà, esaltate da due allenatori bravissimi a trarre il meglio dagli uomini a disposizione e che probabilmente avrebbero meritato di più in carriera, anche se per Donadoni il riscatto potrebbe essere dietro l’angolo. Sarebbe bello se raggiungessero un piazzamento europeo, ma dovrebbero mantenere questa condizione fino in fondo e la cosa sembra difficile, ma per intanto godiamoci la coppia Cerci-Immobile in granata e quella Cassano-Amauri in gialloblù: per quest’ultimo il quarto gol consecutivo dimostra che troppo spesso si da per finito chi ancora ha qualche cartuccia da sparare. Torino e Parma superano rispettivamente Atalanta e Udinese, due conferme: gli orobici sono la solita squadra, solida ma priva di slancio, mentre i friulani confermano che è una stagione decisamente negativa, e si devono guardare dietro e cercare di ritrovarsi. Già, perché le poche sorprese vere di giornata vengono dal fondo della classifica, dal Catania che strappa un pari a San Siro e da un Livorno che ritrova slancio e furore agonistico sotto Di Carlo e schianta un Sassuolo forse un po presuntuoso e che certamente non si aspettava un inizio gara così deciso dei labronici, che chiudono la partita nella prima mezzora grazie ai gol di Greco (ex-talento tornato su buoni livelli), Paulinho (bomber sbloccato) e Benassi (giovane di gran prospettiva) che sembrano voler dire che in coda ancora nulla è deciso. Purtroppo per il Bologna, che strappa un pari su rigore in trasferta contro una Sampdoria che forse poteva meritare i tre punti ma che non ha saputo chiudere la gara dopo il vantaggio di Gabbiadini. Il rigore del pareggio lo segna Diamanti, che sembra rimarrà sotto le Due Torri almeno fino a giugno. Una notizia che, se avrà conferma, i tifosi rossoblù dovrebbero prendere come quella di un nuovo grande acquisto, tanta è l’importanza del funambolo pratese nel gioco degli emiliani. I segnali che provengono dai rossoblù sono comunque incoraggianti, si sta trovando un gioco ma cosa ancora più importante un carattere, caratteristica necessaria per chi ogni domenica deve fare un passettino verso una salvezza mai facile ma che un club ricco di storia e tradizione come il Bologna merita senz’altro.

 

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