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Calcio

Il Punto sul Campionato: 35^ Giornata – 29 Mar

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Non che ci fossero mai stati dubbi, almeno da gennaio in poi – e personalmente non ne avevo nemmeno prima: la Juventus supera anche l’ostacolo Sassuolo e conquista lo Scudetto numero 32 per il suo popolo e numero 30 per gli almanacchi, lo fa con i gol di Tevez e Llorente, le due novità stagionali, e con una rete di Marchisio, principino ritrovato.
Un successo sicuramente meritato a fronte di un campionato che ha fruttato – con 3 giornate ancora da disputare – la bellezza di 93 punti: troppi per chiunque, anche per la splendida Roma di Rudi Garcia, uomo nuovo del nostro calcio, e speriamo che come presto ce ne siamo innamorati altrettanto presto lui non si stanchi di noi e delle nostre polemiche.
Già, perché è necessario fare una premessa e un distinguo quando si parla di tutto ciò che ruota intorno al pianeta-Juventus, ed è quello che farò. Premessa: ho sempre considerato l’invidia il male supremo, mai mi è appartenuta e raramente la digerisco. Ammiro chi vince, conscio che il calcio è fatto di vincitori e sconfitti e anche che i primi spesso hanno le maglie bianconere: è sempre stato così, difficile non essercisi abituati.
Distinguo: provare una sincera antipatia per la persona-Conte non significa non riconoscere i meriti dovuti al tecnico-Conte. Anche se molti tifosi possono non crederci, assicuro che è possibile riconoscere la grandezza di un personaggio pur avendolo sugli zebedei, così come il contrario.
Riconosciuti i meriti ad un tecnico che – pur supportato da una società praticamente perfetta nell’assecondarlo – in tre stagioni ha vinto tre scudetti, di cui gli ultimi due dominando, trovo trite e ritrite le consuete polemiche che questo ha scatenato, bersaglio stavolta proprio Rudi Garcia.

Che si è limitato ad esprimere un opinione, a dir la verità poco condivisibile dal mio punto di vista ma simile ad altre che lo stesso Conte in passato aveva usato: dire che chi affronta la Juventus non si impegna può essere ridicolo, d’accordo, ma non si discosta molto da definire la società di Agnelli “sola contro tutti” e “invidiata” o dal definirsi “antipatico perché vinco”.
Il tecnico bianconero dovrebbe decidere a che gioco si gioca e poi attenersi perlomeno alle regole che lui stesso stabilisce. Certo è che se ha il sacrosanto diritto di fare il vittimista per magari cementare e motivare la squadra, deve riconoscere lo stesso diritto anche ai suoi colleghi. Se quello che viene vinto sul campo è sacrosanto, allora dovrebbe esserlo anche quando vincono gli altri. Troppe volte invece in questi ultimi anni mi è capitato di essere d’accordo con Conte per poi vederlo smentirsi appena la circostanza lo richiedeva. C’è chi la chiama capacità motivazionale, ma alla lunga può essere stancante per chi sogna un poco più di onestà intellettuale: sentir parlare di “cultura del sospetto alimentata” da chi non riconosce ne il numero di scudetti vinti per la Lega Calcio alla quale sei affiliato (lungi da me rientrare ancora una volta in quello che è stato o non è stato Calciopoli) ne le vittorie altrui e dice un giorno si e uno no che tutto il mondo in buona sostanza ce l’ha con la Juventus è comico.
Quando va bene.
Non vorrei che si fosse montato la testa, Conte, tecnico che ammiro come del resto ammiravo il giocatore, uno dei più forti centrocampisti italiani delle ultime generazioni. Non lo vorrei perché pur riconoscendo la Juventus come squadra fortissima, un campionato dove la prima sfiora i 100 punti e la seconda si attesta sui 90 è chiaramente una denuncia di un livellamento verso il basso di tutto il movimento calcistico nazionale.

Lo testimoniano il Napoli terzo senza difesa, la Fiorentina quarta senza attaccanti e l’Inter quinta senza un gioco. Lo testimonia, pur se di alcune squadre e giocatori vanno riconosciuti i meriti, il fatto che l’ultimo posto valido per l’Europa se lo giochino Parma, Torino e Verona, ovvero squadre costruite per la salvezza, e i peggiori Milan e Lazio degli ultimi anni.
A proposito di Milan, un giorno qualcuno mi spiegherà chi decide e cosa nella dirigenza: sarebbe bello chiedere il perché dell’ingaggio di Seedorf, giocatore fantastico e probabilmente tecnico capace, che fa quel che può con la rosa che ha e che se ha un difetto è quello di parlare chiaro. Certo è acerbo, ma io sinceramente uno che fa le nozze con i fichi secchi me lo terrei caro: Allegri insegna che non è facile ne scontato. Si dice che il difetto principale di Seedorf sia la gestione dei rapporti umani nello spogliatoio, ma sinceramente il Balotelli iroso e sconclusionato visto contro la Roma dovrebbe far capire tante cose.

In coda il Cagliari vince e si salva, un risultato importante per una squadra che seppure allo sbando rappresenta un intera regione: non c’era bisogno della matematica certezza, visto che sotto, dal Chievo al Catania, steccano tutte, ulteriore dimostrazione di un campionato povero e troppo affollato.
Il Bologna viene rintronato dalla Fiorentina, e francamente per quel che si è visto in campo nel derby dell’Appennino si fatica a trovare un solo motivo per cui questo abbozzo di squadraccia dovrebbe rimanere in Serie A. Per i tifosi, ovviamente, ma purtroppo non sono questi che scendono in campo o operano in campagna acquisti. Il Sassuolo rivale diretto, pur sconfitto anch’esso, ha dimostrato senza dubbio di più sotto il profilo di coraggio, rabbia e corsa. Doti che Ballardini e i suoi sembrano aver smarrito da tempo e che la contestazione alla dirigenza – peraltro giustificata – da parte dei tifosi rischia di far passare in secondo piano: signori, che siate scarsi è palese e certo non è colpa vostra, ma semmai di chi vi ci ha messo in certe situazioni.
Però la voglia, ecco, quella sarebbe il caso di mettercela. Alle volte porta a raggiungere risultati insperati alla vigilia.
Chi non ha piede abbia gamba, e a buon intenditor poche parole. 

NB: in questi giorni di polemiche quasi bambinesche si nota ancora di più l’assenza nel mondo del calcio di una persona schietta e sincera come Vujadin Boskov, venuto a mancare domenica. Un personaggio come pochi ce ne sono stati e pochi ce ne saranno, capace di unire tutti con un sarcasmo ed una onestà intellettuale che fa invidia a tanti tecnici.
Forse più vincenti di lui, ma solo nel calcio: che rimane a tutti gli effetti, seppur bellissimo, solamente un gioco. 

 

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