Calcio
La Conferenza Stampa
Con “La Conferenza Stampa” si chiude questo racconto in tre puntate che è nato mentre ero in vacanza. In un momento di pace assoluta ho pensato che se avessi potuto vivere con quella calma e serenità, avrei anche fatto a meno di una parte del mio stipendio e di comfort che mi posso permettere grazie ad esso. Così è nato questo racconto che oggi termina e per il quale ancora una volta mi sento di ripetere che i fatti e le persone qui citate e/o descritte, sono completamente inventate e non si riferiscono a nessuna persona esistente o esistita.
Dopo la telefonata ai limiti dell’impossibile al proprio DS e dopo che la Notizia era ormai stata data, dopo che lui stesso aveva annunciato una presentazione così in grande stile che a Bologna non c’era mai stata, il Presidente era davvero soddisfatto. Soddisfatto ed impaziente.
Allo stesso modo si sentivano tutti i suoi collaboratori e dipendenti ed anche tutti i tifosi del Bologna. Era arrivato il giorno della presentazione di Giacomo Lambertini.
La promessa di poter assistere anche ad un mini concerto prima e dopo la presentazione e l’eccezionalità di questa operazione, sfuggita a tutti gli esperti del mercato ed a tutti gli addetti al lavoro fino a quando non era già praticamente ufficiale, aveva portato il pubblico delle grandi occasioni al Dall’Ara: circa 33.000 spettatori attendevano le prime parole di Lambertini in rossoblu. Il giocatore e la società erano stati bravi anche in quello: diretta venduta alle televisioni di livello nazionale e nessuna dichiarazione prima dell’evento.
Così quella sera, nel caldo afoso di Luglio 2025, gli occhi di quasi tutti gli sportivi italiani erano sullo stadio Renato Dall’Ara. Come tanti, tanti anni prima, ma per motivi differenti.
Il concerto iniziale era stato davvero bello, poche rapide canzoni decisamente popolari di un cantante che tutti a Bologna conoscevano e che quindi ebbero l’accompagnamento del pubblico presente, e poi l’inizio della parte che gli sportivi aspettavano. Lambertini era entrato in campo, fatto qualche palleggio con la maglia del Bologna, preso la sua ovazione, raccolto ed indossato qualche sciarpa e quindi si era seduto assieme al Presidente ed al Direttore Sportivo in un tavolone proprio di fronte alla torre di Maratona. Davanti a loro alcune telecamere e giornalisti seduti, pronti a fare domande e prendere nota di ogni parola ed emozione.
Iniziarono il Presidente ed il DS, i quali raccontarono di come la trattativa fosse stata assolutamente non convenzionale: Lambertini aveva personalmente chiamato il Presidente, chiedendogli un contratto.
Presidente e DS avevano quindi raccontato, di come inizialmente avessero pensato ad uno scherzo ma che poi si fossero convinti che valeva la pena provarci comunque. Ed in effetti, la cosa si era rivelata più semplice del previsto, e tutto per merito del calciatore che aveva accettato di buon grado di ridurre le proprie richieste.
A quel punto era finalmente ora di sentire le parole del giocatore, e sarebbero state parole che i tifosi si sarebbero ricordati per anni.
Dopo aver ringraziato brevemente la dirigenza del Bologna, ed aver ancora ringraziato tutti quelli che lo avevano supportato negli anni precedenti, ed il relativo staff societario, era subito arrivato al dunque.
“Come mai Bologna… beh, io sono di Bologna, ho giocato anni qui a Bologna, quando ero piccolo, sono cresciuto qui, col mito del Bologna e con l’abbonamento in curva. Quando a 16 anni sono andato in Inghilterra ero molto contento, il Bologna era sempre la mia squadra del cuore ma non era una società competitiva come il Manchester, e tutti mi dicevano quanto sarei potuto diventare forte.
Sono cresciuto tanto in questi anni, grazie al Manchester, al Real ed alla Nazionale italiana, ma è da qui che tutto è partito. Qui mi hanno insegnato ad essere quello che si è sempre allenato con serietà ed ha sempre imparato, restando il più umile possibile.
Come mai Bologna… non so bene..
E’ successo che la mia compagna sia rimasta incinta ed è nato nostro figlio. Entrambi siamo di Bologna e avremmo voluto che anche lui crescesse qui, anche con i suoi nonni.
E quindi ho riflettuto un po’. Mi sono chiesto chi sono e cosa volevo.
Mi sono reso conto che sono lo stesso ragazzo di anni fa, che ha sempre una dannata voglia di giocare a calcio perché si diverte a farlo, e sono stato così fortunato che la natura mi ha fornito i mezzi per far si che la mia passione fosse la mia professione.
E mi sono reso conto che già oggi, ho un capitale che quando non sarò più un calciatore, mi permetterà a me ed alle persone che amo, di fare un’ottima vita, perché fortunatamente con la mia compagna ed i miei genitori, abbiamo investito i soldi in attività che funzionano, senza buttarli via solo perché li avevamo in tasca. Quindi cosa voglio ancora? Voglio continuare a giocare, e far crescere mio figlio dove io mi sono trovato sempre bene, vicino ai miei amici e parenti.
Fine della storia.
Quando capisci che la cosa più importante sono gli affetti e la qualità della vita, e ti rendi conto che questa è praticamente già al massimo del possibile… cosa ti manca? Mi mancano i milioni di euro di stipendi che mi sono decurtato? Quanti dei presenti guadagnano quello che guadagnerò qui a Bologna? Penso pochi.
Quindi qual è il problema? Ok, perdo dei soldi, ma quanto ci guadagno in termini di vita?
Certamente è bello sentire il tuo nome riecheggiare al Santiago Bernabeu, ma io sono di Bologna… avete idea di quanto sia più bello sentirlo gridare da quelli come me? Quelli che hanno l’abbonamento al Bologna? Non avete idea di quanto mi abbiano dato, in termini di calore, questi giorni; vedere gente in puro delirio solo perché sono qui. E non sapete la cosa bella… loro sono in piazza perché io sono qui, ma io andrei con loro a festeggiare perché ho capito che il mio posto è qui.
Io amo Bologna ed il Bologna, per me è la miglior squadra del mondo. Non venire sarebbe stata solo una scelta relativa al soldi… ma possiamo davvero lamentarci dei nostri ingaggi guardandoci allo specchio?
I miei amici d’infanzia si fanno otto ore o più in fabbrica o in ufficio e poi spendono di tasca loro per giocare… io mi alleno e nel resto del giorno gioco con mio figlio… e mi pagano quanto alcuni miei amici non si sogneranno mai. Cosa voglio di più? Come posso non esaudire il mio sogno di bambino di essere una bandiera del Bologna, solo per soldi? E’ questo che mi hanno insegnato i miei genitori?
La risposta è no. Ecco perché ho lasciato scadere il contratto col Real Madrid ed ho deciso di accettare l’offerta del Bologna, dopo che ero stato io stesso a sollecitare il Presidente in tal senso. E lo ringrazio per essermi venuto in contro quanto più abbia potuto. Questo è tutto, ecco perché ho scelto Bologna.”
Il boato del pubblico durò parecchi minuti, ed arrivò a coprire anche alcune delle domande dei giornalisti. Tutte domande sensate ed interessanti, che però la folla ormai non ascoltava, le parole che aveva detto il giocatore, in quel momento valevano più di ogni discorso tecnico o di ogni domanda.
L’unica risposta che non era stata presa alla leggera era quella sul numero che avrebbe voluto avere: Lambertini avrebbe preso il numero 8. Dopo tanti anni un nuovo bolognese di nome Giacomo avrebbe indossato quel numero e sarebbe stato la nuova bandiera del Bologna.
Si chiude così questa storiella, completamente inventata e dal lieto fine scontato, che forse fa perdere un po’ di fascino al racconto stesso, ma la mia volontà non era quella di fare un racconto appassionante in termini letterari bensì esternare un sentimento che penso sia dentro a tutti coloro i quali tifano per una squadra.
Quanto sarebbe bello un mondo in cui i calciatori non solo dicessero nelle conferenze stampa di essere fortunati perché come lavoro giocano a calcio, ma agissero anche di conseguenza facendo scelte legate alla propria qualità di vita non solo una volta arrivati oltre i trent’anni? Quanto ne guadagnerebbero il calcio, i tifosi ed i calciatori stessi, se esistessero dei Francesco Totti anche in squadre medio basse? Qualcuno che si rendesse conto che 800.000€ all’anno sono tantissimi soldi e che si può essere felici a Bologna a quella cifra, anche se in realtà si potrebbe giocare a Madrid ed incassare una cifra con uno zero in più.
Molti diranno: “tu lo faresti?”. La domanda è anacronistica. Uno che prende poco più di 1000€ al mese, se gliene offrono 3000 compra casa e vive bene, invece di arrabattarsi; uno che invece di 1 milione ne incassa 3, ha probabilmente solo più soldi da sperperare…
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