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Calcio

La leggenda di David Arellano e dei suoi “Enlutados” – 21 set

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Santiago del Cile, 4 aprile 1925: da diversi mesi la squadra più forte del Paese, il Club Deportivo Magallanes, attraversa una pesante crisi interna. I giocatori più giovani e forti, guidati dal più talentuoso di questi, David Arellano, chiedono che il club diventi professionistico e che certi calciatori anziani, che giocano più per riconoscenza che per merito, vengano esclusi dalla formazione titolare.
Ne stanno parlando con il direttivo del club, che li ha appena informati che, oltre a non accettare ordini da quelli che considera dei “novellini”, ha intenzione di partecipare all’elezione del capitano che deve svolgersi quella stessa sera. Arellano avrebbe la squadra con sé, ma i giocatori più anziani – quelli che lui vuole estromettere dal club – e i membri del direttivo, che mai avevano partecipato prima alle votazioni, la pensano diversamente. Finisce che Arellano non può indossare la fascia di capitano del club: è una sconfitta ingiusta ma che segna anche qualcosa di importante. Già, perché Arellano e i compagni a lui fedeli ne hanno le tasche piene e lasciano il Magallanes.

Quella notte i giocatori se ne vanno sbattendo la porta; poco più di una settimana dopo, riunitisi nel bar “Quitapenas” (dal nome di un liquore confortante che “manda via le pene”) decidono di fondare un club tutto loro, che avrà l’onestà ed il rispetto come valori portanti: dopo una serie di riunioni svoltesi a casa dei fratelli Arellano (oltre a David anche il fratello maggiore Francisco, difensore, fa parte degli “esodati” dal Magallanes) il club vede la sua fondazione ufficiale il 19 aprile.
Il nome lo propone il centravanti Luis Contreras: “Colo Colo”, come l’ultimo grande capo Mapuche capace di sconfiggere gli invasori spagnoli. La divisa è invece un’idea di Juan Bautista Quiñones Carreño, centrocampista e futuro fondatore anche della sezione giovanile del club: la maglia sarà bianca, a rappresentare la purezza di spirito e ideali, mentre i pantaloncini neri significheranno serietà e abnegazione
Il “primo” Colo Colo di sempre è subito leggendario. Oltre ai già citati David e Francisco Arellano, Luis Contreras e Juan Quiñones gli altri giocatori sono tutti i ribelli che hanno lasciato il Magallanes: Rubén e Nicolás Arroyo, Luis Mancilla, Clemente Acuña, Rubén Sepúlveda, Salvador Torres, Togo Bascuñán, Guillermo Cáceres e Armando Stavelot. Nomi leggendari che fin da subito, iscritti alla “Primera Divisiòn de la Liga Metropolitana” – a quei tempi in Cile non esiste un campionato nazionale, ma solo tornei locali – vincono ogni gara che giocano e conquistano il titolo senza se e senza ma: l’esordio è un mirabolante 6 a 0 rifilato all’English, mentre la sfida più sentita dai giocatori, quella con il Magallanes, vede la vittoria di Arellano e compagni per 2 a 0. Si comincia a parlare del “Colo Colo Invencible”, la squadra invincibile, visto che la prima sconfitta arriva addirittura nei primi giorni del 1926, e pazienza se successivamente il primo impegno fuori dai confini nazionali si risolve in una batosta per 5 a 1 subita per mano degli uruguaiani del Penarol: in patria il Colo Colo non conosce rivali, anche se la precaria situazione economica del neonato club porta i suoi giocatori a partecipare a varie tournée in giro per il Paese con il risultato che il secondo campionato metropolitano viene perso in quanto il club finisce per non potervi partecipare, visti i tanti impegni presi atti a riempire le casse della società.


Il leader di questa squadra, come detto, è David Arellano:
oggi lo si definirebbe una “seconda punta”, visto che in effetti nell’attacco “blanco y negro” lascia il compito di sfondare in area al più potente Contreras. Tuttavia è lui a provvedere al colpo di classe, alla giocata che fa saltare gli schemi e vincere le partite più ostiche. Il più noto di questi colpi, quello che lo farà passare alla storia, lo mette in mostra spesso e con ottimi risultati: la rovesciata, inventata dal connazionale Ramòn Unzaga Asla (e per questo chiamata tuttora in Sud America e Spagna “La Chilena”) qualche anno prima ma resa popolare proprio da Arellano, che la esegue con frequenza e con ottimi risultati. Cresciuto con i fratelli Francisco e Alberto e proveniente da una famiglia di sportivi, si è subito messo in mostra come uno dei maggiori talenti calcistici del Paese esordendo con il Magallanes ad appena 17 anni e colpendo tutti per rapidità, tecnica e inventiva. A 22 anni fa parte del Cile che partecipa all’ottava edizione del Campeonato Sudamericano (l’attuale Copa America) dove gli eredi dei Mapuche registrano tre sconfitte su tre partite ed appena un gol realizzato, che porta appunto la sua firma.


Il calcio cileno deve crescere e molto, rispetto ai già più progrediti Uruguay, Argentina e Brasile, e David Arellano porta un contributo significativo in questo senso: grazie alla rovesciata, ma non solo a questa, il suo nome si sparge per tutto il Sud America, finendo per travalicare anche i confini continentali e arrivando in Europa. 
Al Colo Colo sentono che i tempi sono maturi per la prima tournée nel Vecchio Continente, che servirà per assestare i conti economici di un club tanto forte sul campo quanto giovane e fragile al di fuori di esso. Prima, però, il Cile deve prendere parte alla decima edizione del Campeonato Sudamericano, che peraltro lo vede ospitare l’evento dopo aver saltato l’edizione dell’anno prima per propria scelta in seguito ai pessimi risultati ottenuti nel 1924.
L’attacco de “La Roja” è composto da Arellano e dal nuovo centravanti del Colo Colo, Guillermo Subiabre, arrivato dai rivali del Liverpool Wanderers, e nel primo match i due hanno gioco facile contro l’esordiente Bolivia: finisce 7 a 1, Subiabre segna una rete e Arellano mette a referto una bella tripletta. In patria si esaltano, pregustando magari una vittoria a sorpresa, anche se c’è da fare i conti con il fortissimo Uruguay, ai tempi miglior squadra del Continente e destinata ad essere, nel 1930, migliore al mondo dopo la vittoria nella prima edizione dei Mondiali di calcio. Nella seconda partita del torneo disputata dal Cile gli uruguaiani hanno vita facile, e un rigore di Subiabre nel secondo tempo serve solo a riaprire virtualmente una gara chiusa dalla “Celeste” nel primo con i gol di Borjas, Castro e Scarone. Una sconfitta che ci può stare e che non ridimensiona Arellano e compagni, che nella successiva sfida contro la più quotata Argentina passano addirittura in vantaggio (gol di un altro idolo del Colo Colo, il centrocampista Guillermo Saavedra) e concludono con un bel pareggio per 1 a 1. Il torneo si conclude con una strepitosa vittoria sul Paraguay, che due anni prima aveva strapazzato i cileni: 5 a 1, con Arellano ancora sugli scudi e autore di un’altra magnifica tripletta. L’Uruguay vince il torneo con quattro vittorie su quattro gare, ma il Cile ottiene un bel secondo posto in concomitanza con l’Argentina, chiaro segnale di un calcio che sta facendo passi da gigante. David Arellano è il capocannoniere del torneo, con 6 reti segnate in appena 4 gare.
Siamo così nel 1927 e alla prima tournée di un club cileno in Europa: il Colo Colo vi arriva con buone credenziali e attratto da laute ricompense, che dovrebbero rimpinguare le traballanti casse societarie.
Inoltre Arellano vuole mostrare a tutto il Vecchio Mondo “La Chilena”, il suo colpo preferito di cui in Europa si racconta come di una leggenda e che è tra i motivi principali per cui il Colo Colo è stato richiesto.
Si gioca a Valladolid, avversaria la Real Uniòn Deportiva: al 35° minuto di gioco Arellano si scontra in elevazione con alcuni difensori nel tentativo di conquistare un pallone e riatterra malamente sul terreno di gioco, ricevendo una ginocchiata nello stomaco.
Una botta tremenda, che lo porta ad abbandonare immediatamente la gara e ad una corsa in ospedale che però si rivela inutile: il colpo, molto violento, ha provocato una peritonite, un male di cui si muore a quei tempi. Ed è quello che accade a David Alfonso Arellano Moraga, prima leggenda del calcio cileno, capitano e fondatore del Colo Colo e massimo interprete della “rovesciata”. Il 3 maggio del 1927 il campione, che avrebbe compiuto 25 anni neanche tre mesi dopo, muore per la disperazione di compagni – che fino all’ultimo gli restano accanto in ospedale – e tifosi. La fascia di capitano sarà ereditata da Saavedra, che non mancherà mai di ricordare il compagno caduto inseguendo la gloria. Campione assoluto e uomo straordinario.

 

Nel 1955 il Colo Colo gli dedica il neonato “Estadio Monumental” di Santiago. I suoi resti riposano nel “Mausoleo de los Viejos Cracks” eretto per volere del partner d’attacco di Arellano, Guillermo Subiabre, nel 1958. Ancora oggi i tifosi del club (i “Garra Blanca”, l’Artiglio Bianco), diventato nel frattempo il più illustre e vincente del Paese, recano annualmente omaggio ai campioni che vi sono seppelliti, il più leggendario dei quali sempre rimarrà quel campione morto da ragazzo in un incidente di gioco. In suo onore il club porta da allora una striscia nera sulla divisa, e i suoi giocatori sono conosciuti come gli “Enlutados”, portatori di lutto, mentre i ragazzi che entrano nelle giovanili devono giurare sul nome di Arellano di difendere l’integrità e la purezza del Colo Colo. Un club che non ha dimenticato e mai dimenticherà colui che lo rese grande. E “la Chilena”? Viene ripresa e resa nota in tutto il mondo da un altro fenomenale campione, il brasiliano Leonidas. Ma questa è un’altra storia


Editing: Matteo Cola 

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