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Calcio

La storia di Juwara: dal Mediterraneo alla Danimarca, passando per Bologna

La storia di Musa Juwara è di quelle incredibili. Arrivato in Italia come migrante nel 2016, si conquista la Serie A e la maglia del Bologna prima di approdare nel massimo campionato danese.

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fonte immagine: Bologna FC
Juwara esulta a San Siro (© Bologna FC)

Il calcio, si sa, può essere una porta d’accesso all’Europa per molti ragazzi che vengono dall’Africa in cerca di fortuna. La storia di Musa Juwara, attaccante classe 2001, non fa eccezione, anzi ci ricorda come lo sport possa essere un veicolo straordinario per chi ha il coraggio di sognare.

L’inizio del viaggio

Il piccolo Musa ha appena quindici anni quando intraprende il viaggio che gli cambierà la vita. Il punto di partenza è la sua nazione d’origine, il Gambia, il punto d’arrivo è sconosciuto. Senza genitori, senza saper nuotare, l’obiettivo è solo scappare. Scappare il più lontano possibile. E il 10 giugno 2016 la sua Odissea sembra avere raggiunto il capolinea, il barcone su cui Musa ha navigato per giorni e giorni attracca sulle coste della Sicilia. È arrivato in Italia.

In Italia

Musa, appena arrivato sulla penisola, trova dimora nel centro di accoglienza di Ruoti, in provincia di Potenza e lì conosce la persona che gli cambierà la vita: Vitantonio Summa diventa il padre affidatario del giovane. Vitantonio ha la grande passione del calcio e la trasmette subito al ragazzo. Musa comincia a giocare con la Virtus Avigliano, allenata proprio da Summa, e il suo è un talento naturale. E ciò che manca al suo bagaglio tecnico, viene compensato dalla voglia straordinaria che ci mette. Il calcio gli dà quello che non aveva mai avuto prima, la serenità di esserci e basta, di avere veramente e solamente sedici anni. Con la maglia della Virtus si mette in mostra: vince il campionato Under 17 e segna 29 gol. I riflettori cominciano ad accendersi su questo attaccante di bassa statura, ma con una tenacia raramente vista da quelle parti.

Arrivano le prime chiamate dalle grandi squadre e la scelta ricade su Verona, sponda Chievo, che lo aggrega alla Primavera nel 2017. Qualche anno dopo, il padre affidatario spiegherà questa scelta dicendo che la compagine clivense aveva il percorso studio-sport più convincente e il nonno di Musa aveva espressamente richiesto che il ragazzo non abbandonasse la cultura.

L’esperienza al Chievo è positiva. Trova il suo ruolo definitivo, gioca ala sinistra, e dopo un paio di convocazioni, il 29 maggio del 2019 fa il suo esordio in Serie A contro il Frosinone.

In quella stessa estate passa a titolo definitivo al Bologna, fortemente voluto da Walter Sabatini. Inizialmente inserito nella rosa della Primavera, Musa riesce a racimolare qualche spezzone sia in Coppa Italia che in Serie A. Il campionato è il 2019-2020, sospeso per la pandemia e ripreso in estate. E il 5 luglio 2020 arriva il momento più emozionante della sua esperienza rossoblù.

5 luglio 2020: Inter – Bologna

In un contesto surreale, fra il caldo estivo e il silenzio di un San Siro vuoto, il Bologna sbanca e batte l’Inter a domicilio.

È la 30a Giornata di campionato e la squadra di Antonio Conte ha bisogno di fare tre punti per provare ad insidiare la Juventus. La gara sembra indirizzata verso i colori nerazzurri quando Lukaku dopo 22 minuti ribadisce in rete il colpo di testa terminato sul palo di Lautaro Martinez.

Nella ripresa Barrow sfiora il pareggio con un gran destro dalla distanza che colpisce in pieno il palo alla sinistra di Handanovic. Ma al 57’ l’incontro sembra cambiare definitivamente strada: Soriano contrasta nell’area di rigore nerazzurra e Pairetto fischia fallo in attacco. Le parole rivolte al direttore di gara da parte del centrocampista sono irriguardose e risuonano nella cassa tonante di un San Siro deserto: rosso diretto. Cinque minuti dopo Lautaro spreca dagli undici metri, nella stessa porta dove Ravaglia lo ipnotizzerà tre anni e mezzo più tardi, in questo caso a superarsi è Skorupski.

L’inerzia della gara si capovolge. E al 74’ arriva il gol del nostro protagonista. Rimessa direttamente in area di rigore battuta da Dominguez, lotta Barrow e la palla schizza al limite dell’area dove c’è lui: Musa Juwara colpisce forte, fortissimo col mancino, come se in quel tiro ci fosse tutto il viaggio, tutte le emozioni positive e struggenti, tutto l’orgoglio di essere lì. Handanovic è trafitto. Nel finale il Bologna riuscirà addirittura a ribaltarla con il gol dell’altro gambiano, Musa Barrow, che batte Handanovic su invenzione di Dominguez per una vittoria che rimarrà storica.

I vari prestiti e l’arrivo in Danimarca

Quello straordinario colpo alla Scala del Calcio rimarrà, però, l’unico gol segnato da Juwara con la maglia del Bologna. Nell’autunno successivo passerà in prestito al Boavista in Portogallo senza incidere, prima di fare ritorno al Dall’Ara dove conterà cinque presenze totali con in mezzo un altro prestito non degno di nota al Crotone.

Nel 2023 viene ceduto in prestito all’Odense dove non troverà spazio. Il DS della squadra danese, lo svedese Björn Wesström, lo ha rispedito al mittente dopo aver dichiarato che il piano di rilanciare la sua carriera era fallito. Quindi, per il cartellino del giocatore, si inserisce il Vejle che lo ha acquistato a titolo definitivo dal Bologna.

La sua esperienza in maglia biancorossa non è stata particolarmente esaltante, ma è salito agli onori della cronaca pochi giorni fa quando, proprio contro la sua ex squadra, ha segnato un gol e fornito un assist decisivi ai fini del 3-2 finale. I tre punti valgono il sorpasso proprio ai danni dell’OB e il quarto posto del Relegation Round, valido per la salvezza nel campionato danese. E con quattro partite da giocare il successo nello scontro diretto può valere tantissimo per la squadra certo, ma anche per una piccola rivincita di Musa contro chi non aveva creduto in lui.

Una storia incredibile

Questa è la storia di un calciatore, prima di tutto. La storia, certo romanzesca, è di un ragazzo che ha sfidato la sorte e ha trovato nel calcio il modo di esprimere sé stesso. Ma è proprio qui ci viene incontro la frase che spesso viene utilizzata dai detrattori, la definizione del calcio come un semplice gioco. Ma storie come quella di Musa Juwara ci testimoniano che no, non può essere solo questo. Il calcio ha permesso a Musa di sognare, di emergere in un mondo che l’aveva rifiutato e costretto a fuggire dalla sua terra natale. Lo stesso calcio che oggi, come ieri e come domani, concede la possibilità, e forse anche il lusso, di solcare i confini imposti o anche semplicemente di esserci.

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