Calcio
La storia di Paolo Pizzirani, promessa dimenticata – 16 mag
Il calcio può regalare favole inaspettate. Di ragazzini che sognano di giocare nei grandi stadi, di uscire dalla miseria e con talento e sacrifico ce la fanno. La storia del “dio pallone” è piena di queste storie, ma quella di Paolo Pizzirani non è una di queste.
Quella di questo bambino-campione è anzi, al contrario, una storia che dimostra come il calcio possa essere anche spietato, di come i sogni possano anche infrangersi, per caso o per sfortuna e possano gettarti in un abisso dal quale non uscirai che in un modo. Un modo terribile.
Tutto si sa dei grandi campioni. Quando e dove sono nati, cosa hanno fatto e sognato fin da piccoli.
Di Paolo Pizzirani ben poco si sa, invece. Nessun video ne mostra il talento precoce che fa stropicciare gli occhi di chi lo vede con un pallone tra i piedi, nessun almanacco ne riporta data di nascita, presenze, reti.
Altri tempi, un altro calcio.
Si sa che nasce a Bologna, quartiere Barca, nel 1963. Si sa che fin da piccolo si dimostra abile e versato in tutti gli sport che pratica, fino a quando il pallone prende il sopravvento e lo porta a dare spettacolo. È un regista basso, alla Xavi per intenderci, alla Albertini. È un talento vero, c’è chi dice che potrebbe diventare un campione.
C’è chi dice che lo diventerà sicuramente.
Ci crede il piccolo Paolo e ci crede anche la sua famiglia.
Ci crede soprattutto quando un giorno si presentano dei dirigenti del Cesena: quel ragazzo piace, in Emilia-Romagna se ne parla molto, e i bianconeri giocano d’anticipo per evitare che finisca al Bologna, a sua volta interessato ma che si muove tardivamente.
Venti milioni di Lire. Una cifra importante, in quegli anni, per un quindicenne. Che non patisce certo il passaggio, anzi: gioca così bene da essere convocato nella Nazionale Under-16, bruciando le tappe dal momento che a quell’età è importante giocare con i propri coetanei.
Macché, se sei un campione giochi con chi ti pare.
In quel Cesena ad allenare la Primavera c’è un certo Arrigo Sacchi, ancora lontano dal divenire il tecnico che rivoluzionerà il calcio italiano. Pizzirani gioca negli Allievi ma “l’Arrigo” ne sente parlare un gran bene, lo va a vedere e se ne innamora. Spesso lo aggrega in allenamento ai suoi giocatori, più grandi di Paolo ma per la stragrande maggioranza inferiori. Ovviamente non ne rimane deluso, anzi: anni dopo sarà uno dei pochi a ricordare quel ragazzo così pieno di talento, sul cui avvenire tutti avrebbero giurato.
Il talento è enorme, è una cosa innata, e se ce l’hai superi qualsiasi ostacolo. O quasi.
Il destino sembra venirgli in aiuto una mattina di agosto del 1980. Paolo è diventato ormai una celebrità tra i suoi amici e coetanei di Bologna, dove è rimasto a vivere. Ogni mattina prende il treno per recarsi a Cesena agli allenamenti, la scuola ormai alle spalle, un futuro da calciatore professionista in pratica già scritto. La calura distrae, le ragazze vestono abiti leggeri e basta poco per perdere il tram che porta alla Stazione. Paolo prende il successivo ma, mentre è a bordo, il tram improvvisamente si ferma: dalla stazione giungono notizie allarmanti.
È esplosa una bomba. Sono morte più di ottanta persone.
Paolo doveva essere lì, la mattina del 2 agosto del 1980, durante quella che sarà la Strage di Bologna, ma il destino lo ha salvato.
Solo per il momento però visto che dopo pochi mesi gli presenterà il conto.
Pizzirani sta giocando con la Nazionale Under-20, ovviamente bruciando i tempi come ha sempre fatto grazie al suo enorme talento. Che se ce l’hai, soprattutto quando sei giovane, lo vuoi mostrare, lo vuoi ostentare addirittura. Chissà se è questo il motivo per cui un avversario effettua su di lui quella durissima entrata che lo lascia a terra. Non esistono tabellini, non esistono filmati. Esistono racconti, delle urla di dolore, della paura poi confermata: rottura del legamento crociato. La sua carriera è finita, proprio quando stava per incominciare. Appena maggiorenne, Paolo, cerca di lottare contro il destino ma scopre che stavolta il suo talento non lo salverà: prova a tornare a essere un calciatore, lo fa con il Boca San Lazzaro, dopo che il Cesena lo ha scaricato. Niente da fare, quei numeri che una volta erano naturali non gli riescono più, il dolore non passa, la paura nemmeno: la paura di non essere più nessuno, di aver perso per sempre il treno, l’unico treno, quello che hai inseguito per tutta la vita e che era lì, a portata di mano oramai. La depressione prende il sopravvento, come i rimpianti, come forse le pressioni di una famiglia che su di lui aveva puntato tutto e che avevano finito per schiacciarlo. Non c’è modo di uscire da quel dolore. O forse sì.
Paolo comincia a frequentare cattive compagnie, comincia a bucarsi.
Eroina, una droga tristemente “di moda” nel nostro Paese sopratutto sul finire degli anni ’70 e i primi ’80. Chissà come ci entra in contatto, con quel mondo che mai avrebbe incrociato senza quel maledetto legamento saltato proprio sul più bello e che ha significato la fine di tutto.
Gli amici di un tempo lo perdono di vista, quelli nuovi vengono portati via a uno a uno dalla droga e da quel maledetto male di vivere.
Stavolta Pizzirani non può essere diverso, non può distinguersi come faceva un tempo con il pallone tra i piedi: nel 1984 viene trovato morto. Overdose. Aveva 21 anni. Qualche anno prima era la maggiore promessa calcistica d’Italia.
Tre anni dopo, nel 1987, il cantautore Luca Carboni, pure lui bolognese, canterà di Bologna e dell’eroina nella sua famosa “Silvia lo sai”. Canterà di chi ha visto tanti amici essere portati via dalla droga e dalla propria innata fragilità, quella con cui Pizzirani si ritrovò ad avere a che fare da quel maledetto giorno in cui si ruppe il ginocchio. Uscendone sconfitto, come del resto tantissimi in quel periodo.
“Silvia lo sai” inizia con le parole “La maglia del Bologna sette giorni su sette”. E chissà se Pizzirani, come tanti bolognesi, sognava un giorno di vestire il rossoblù. Forse sarebbe arrivato ben più in alto, però vuoi mettere con il Bologna, con la tua squadra, con la tua città?
Domande che non avranno mai risposte.
Il talento bambino che faceva innamorare chi lo vedeva giocare non ha mai esordito nei professionisti. Non ha mai fatto un gol. Se ne è andato così, dimenticato da quel mondo che appena qualche anno prima lo etichettava futuro campione. Inghiottito da un maledetto infortunio, dall’eroina, da un mondo che era pronto ad acclamarlo ma che poi si è dimenticato di lui quando è stato chiaro che non sarebbe più potuto diventare un campione.
Un mondo che Paolo Pizzirani, promessa perduta, non riusciva a scordare.
Fonti: “La Promessa” (2010, doc., di Giovanni Aloi)
Editing: Eleonora Baldelli
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