Seguici su

Calcio

Le FanteStorie – Pensieri Disordinati – 10 Febbraio

Pubblicato

il


 

PENSIERI DISORDINATI del Fante

 

Il bar dell’ospedale Bellaria è stato spostato nei sotterranei per ragioni legate ai costi. Per lo stesso motivo hanno montato una bella sbarra nel parcheggio che prima era libero, ma io che ho il culo di avere una malattia terminale, progressiva e invalidante, continuo a non pagarlo.

Divagazioni sociali.

Sul muro interno del bar c’è una bella foto del Bologna Campione d’Italia del ’64. È quella più famosa, fatta con la squadra messa un po’ di traverso, con Fuffo Bernardini tiratissimo nel suo completo grigio, cappello compreso. Negri, Tumburus, Furlanis…avevo sei mesi di vita quando il Bologna vinse lo spareggio con l’Inter. Non c’entra nulla? Sono d’accordo. Ma i pensieri sono liberi, mica sono obbligati a seguire un ordine preciso. È strano trovare qui questa foto visto che quello che fa i caffè si chiama Carmine, la ragazza che smista le brioches ha uno spiccato accento del sud e la signora alla cassa non da l’idea di essere una grande tifosa di calcio. Ma in questo giorno di analisi periodiche non è l’unica cosa “fuori posto” e il racconto che sto per farvi dimostra come una mattina in ospedale possa essere quanto meno inusuale.

Si comincia da Neuroscienze alle 8.30 per i prelievi, ma il reparto è sparito e al suo posto c’è un cantiere. Ovviamente nessuno mi ha informato e non c’è nemmeno un cartello che fornisca indicazioni. Ma sono fortunato e trovo subito il posto giusto. Vengo qui da almeno tre anni eppure non riconosco nessuno. Mi dicono di aspettare il mio turno. C’e altra gente in attesa, ma non so di preciso cosa attende. Faccio un giretto esplorativo e nella saletta prelievi vedo solo due anziani che aspettano speranzosi un’infermiera.

Ne scorgo due, una secca e una abbondante, che dialogano tra loro:

“Devi fare degli ECG?”

“Ah no eh! Sono oberata con i prelievi!”

Penso con disappunto che forse sono tutti qui per dare sangue:

“Non mi passa più, cazzo!”

La “secca” spinge la macchina dell’EGC che è sopra un supporto con le ruote e chiede a una collega indicazioni sul reparto da raggiungere:

“Facile, vai a destra e poi a sinistra.”

La “secca” ringrazia e si avvia sorridente.

Poi quella “abbondante” appare in tutta la sua rotondità e pone la domanda fatidica:

“Chi deve fare il prelievo?”

Siamo almeno in dieci ma solo io mi alzo di scatto come un bambino orgoglioso che vuole rispondere alla domanda della maestra:

“IO!!!”

Nessun altro emette un fiato. Benchè sollevato per avere schivato una possibile lunga attesa, un pensiero mi sfiora:

“Oberata sto cazzo!”

Mi siedo sulla poltroncina e indico le mie vene preferite. Abbondante ma delicata, mi ciuccia tre provette di sangue.

“Lei ha anche la spirometria.”

“Si.”

“La fa?”

“Certo.”

“Sicuro?”

“Vuole una dichiarazione scritta?”

“Va da solo o la portiamo noi?”

“Ce la faccio, grazie!”

Mentre aspetto l’ascensore il mio sguardo incrocia la “secca” che spinge la macchinetta per l’ECG. È molto meno sorridente. 

È passata mezz’ora, possibile che stia ancora cercando il reparto? Rifletto distrattamente fra me è me:

“Forse ha già fatto.”

La spiro si fa nei sotterranei, controsenso dal sapore claustrofobico. C’è un fisso che sembra il primo giorno di saldi da Harrod’s o Lafayette. Ho l’impressione che mi passino tutti davanti, come se l’infermiera stesse mettendo le richieste dei nuovi arrivati sopra le altre invece che sotto, come logica vorrebbe.

In più il tecnico che esegue le spiro è una ragazza che di solito è carina ma che oggi ha una sclero pazzesca e fa dei versi inenarrabili.  Schizza del tutto quando chiama un tizio sui settanta che seduto a distanza siderale dall’ambulatorio sta raccontando i suoi cazzi a un coetaneo che sembra averne le palle piene di lui e del l’attesa.

“BRIGNOLI!”

La moglie sente, chiama il marito che con molta calma si alza e la raggiunge. Amorevolmente gli fa togliere giaccone e sciarpa.

“BRIGNOLIIIIII!!!!”

Un bradipo si muove a velocità doppia rispetto a Brignoli. La moglie lo esorta ad andare:

“Dai, vai…ti hanno chiamato!”

“Ah si? Mi hanno già chiamato?”

“BRIGNOOOOLIIIIIII!!!!”

Lui con le mani nelle tasche dei pantaloni caracolla con inusitata lentezza fino alla soglia dell’ambulatorio, poi li si ferma con una posa fiera, figlia del migliore John Wayne ed esclama:

“Brignoli è qui!”

La tizia diventa viola, le palle degli occhi sembrano schizzarle fuori dalle orbite, mi aspetto solo di vedere uscire il fumo dalle orecchie. Poi le si gonfia di brutto la vena del collo ed esplode:

“CHIUDA LA PORTAAAAAAA!!!!!”

In corridoio e in sala d’attesa si sprecano i commenti. Qualcuno è indignato, altri sono scioccati, altri ancora ridono di gusto. Si apre un dibattito sulla pochezza della sanità italiana:

“Eh ma in America signori miei…lo sapete voi come funziona in America?”

Un tizio esprime sottovoce uno sfruttato luogo comune relativo alla probabile e prolungata astinenza sessuale della tizia. Sulle prime sorrido ma poi decido che l’attesa è durata abbastanza e mi avvio verso il bar. L’infermiera abbondante faceva meglio a farmi firmare la dichiarazione scritta. Nel breve tragitto incrocio di nuovo la “secca” che spinge imperterrita la macchina per gli ECG. Ha lo stesso sguardo sperduto di chi naviga senza meta alla ricerca di se stesso, senza mai trovarsi. Sorseggio il mio caffè con gli occhi fissi sullo SQUADRONE CHE TREMARE IL MONDO FA. Negri, Tumburus, Furlanis, Pavinato, Janich, Fogli, Perani, Bulgarelli, Nielsen, Haller, Pascutti, allenatore Bernardini. Quando i numeri di maglia avevano un senso. 50 anni dallo scudetto, 50 anni di vita bellissima, la mia. Pensieri disordinati, è vero, ma non è forse questo che rende la vita fantasticamente imprevedibile?

Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *