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L’Italia in Europa, cosa manca per vincere le finali come la Spagna

Il calcio italiano ha subito tremende batoste in Europa. Il confronto con la Spagna può aiutarci a comprendere questa difficoltà.

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Cross in mezzo, Ranieri anticipato, El Kaabi devia di testa. 1-0. Così la Fiorentina esce sconfitta, per il secondo anno consecutivo, dalla finale di Conference League. Ma è un film già visto. Punizione da destra di Banega, rovesciata di Diego Carlos, Lukaku si butta in porta il pallone tentando di deviare. 3-2 per il Siviglia. Oppure ancora. Marcelo va via a Lemina, danza sulla linea di fondo, e trova il rimorchio puntuale di Asensio. 4-1 e Real campione.

Si potrebbe andare avanti ancora, ma il senso è chiaro: le squadre italiane dal 2003 ad oggi, poniamo come inizio non compreso l’unica finale tutta tricolore della storia della Champions League, hanno perso ben otto finali di coppe europee vincendone appena quattro. Un numero che non fa il bene dei colori dell’Italia in Europa.

Il confronto con la Spagna

Una differenza che potrebbe sembrare non così significativa, ma che spaventa se lo si confronta con altri paesi. La Spagna, su tutti, dominatrice incontrastata del calcio europeo nell’ultimo ventennio. Sommando le finali di Europa League e Champions League (le spagnole non hanno mai raggiunto in questi tre anni la finale della neonata Conference League), nello stesso periodo di cui sopra, le formazioni iberiche sono arrivate all’atto finale in ventuno occasioni, comprese anche quelle in cui si sono affrontate tra di loro, e non sono mai uscite sconfitte.

Una superiorità disarmante, in parte dovuta allo strapotere madridista certo, ma il fatto che si siano aperti dei cicli vincenti anche da parte di altre squadre, il Siviglia su tutte, dimostra un’attitudine alla gara dagli alti contenuti emotivi molto maggiore. Se una spagnola arriva in finale, ce lo dice la storia recente, vince. E non è casuale.

Coppa Italia: mancanza di abitudine alla gara secca

Una spiegazione potrebbe essere data dalla disabitudine che hanno le squadre italiane di giocare gare secche dal così alto tasso di tensione. Le squadre che arrivano a giocarsi una finale, nella totalità dei casi, sono formazioni che in campionato sono arrivate, quantomeno, nelle prime otto posizioni. Un risultato che, come non viene sottolineato spesso, permette l’accesso diretto agli ottavi di Coppa Italia. Ciò vuol dire che le compagine che ottiene un piazzamento in semifinale, fatta eccezioni di sparuti casi vedi Alessandria 2017, non deve giocare più di due incontri ad eliminazione diretta.

La conseguenza è una disabitudine alla gara di questo tipo e una mancanza di interesse alla competizione. In Coppa del Re, la formula prevede che le squadre impegnate nelle competizioni europee subentrino nel tabellone dai sedicesimi di finale in poi. Una differenza minima, forse, di una gara appena, ma che permette di entrare in un clima paragonabile da molto prima nella stagione.

Non solo. Il risalto mediatico, e di conseguenza economico, che porta la coppa nazionale in giro per l’Europa è diametralmente opposto all’importanza data alla Coppa Italia. L’interesse delle squadre stesse è minimo rispetto, come detto, rispetto alla Coppa del Re, per non parlare ovviamente dell’FA Cup in Inghilterra.

Italia verso il futuro, gli esempi positivi

La tendenza alla gestione è tipica del calcio italiano, o almeno storicamente siamo riconosciuti all’estero con queste caratteristiche. Difensivisti, catenacciari, ostruzionisti e chi può ne ha più ne metta. Ma gli esempi che vanno in controtendenza, i precursori dei tempi, non a caso, hanno vinto sfidando l’establishment. L’Atalanta di Gasperini ne è l’esempio più lampante con il favoloso successo costruito quest’anno.

E l’abbrivio pare essere quello giusto. Il calcio italiano, soprattutto per merito della propria classe di allenatori, si sta ritagliando uno spazio di qualità all’interno del panorama europeo. Il successo della Dea e la finale raggiunta dall’Inter la scorsa stagione devono fungere da punto di partenza. La riconquista dei palcoscenici è stata il primo passo, lo step successivo è vincere. Per ridare all’Italia quel lustro europeo che merita.

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