Calcio
Moduli del calcio: il 3-4-3 moderno e le sue varianti
Moduli del calcio, parliamo di un modulo che per qualche tempo è stato imperante: il 3-4-3 moderno e le sue varianti
Continua il nostro piccolo viaggio all’interno del mondo dei moduli del calcio, dopo aver parlato dei primi schieramenti tattici della storia come il “Metodo” ed il “Sistema”, oggi passiamo ad un misto di moduli recenti e passati in disuso, ma che hanno tutti un comune denominatore: sono assimilabili ad un 3-4-3 e derivano in qualche modo dal “Sistema” e dal “Metodo”.
Parliamo quindi di moduli del calcio utilizzati in tempi differenti, che potremmo anche definire eterogenei, ma che hanno radici molto profonde nella storia di questo sport. E come sempre partiamo da quello “base” ma anche più recente.
Moduli del calcio: il 3-4-3 Moderno
Il 3-4-3 viene anche definito “3-4-3 moderno”, perché il modulo è una variante del “Sistema” (o “WM”) che era fondamentalmente, assieme al “Modulo” (o “WW”), una specie di 3-4-3 (abbiamo prrofondito questi moudli nell’articolo Moduli: dalla Piramide alla Clessidra).
Anche se i difensori e gli attaccanti laterali del 3-4-3 stanno più stretti rispetto a quelli del “WM”, la differenza fondamentale di questo modulo rispetto al suo parente più antico sta nella posizione dei centrocampisti, che sono praticamente in linea invece che distribuiti in un quadrato.
Questa disposizione fa si che i centrocampisti, sia esterni che interni (come vengono chiamati ora mediani e mezzali messe in linea), devono saper difendere ed offendere.
In difesa, solitamente, i due terzini sono stretti e fungono da marcatori mentre il centrale agisce spesso da “libero”. O quantomeno non ha compiti fissi di marcatura e può andare al raddoppio o a coprire uno spazio.
In attacco invece il centrale si muove da vero e proprio centravanti, mentre gli altri due partono solitamente da larghi per poi convergere verso il centro. Si sfrutta così la possibilità di inserimento a ridosso del centrale, o magari, se schierati sul lato opposto al proprio piede, possono accentrarsi per calciare in porta così come avviene più facilmente nel 4-3-3.
Il punto nevralgico di molti moduli del calcio: il centrocampo
Ma il punto fondamentale sono i centrocampisti. I due centrali devono fare filtro per dare respiro alla difesa a tre, ma anche saper impostare per mettere in movimento i tre attaccanti. I due esterni, invece, che hanno forse il ruolo più delicato: devono infatti sia attaccare che difendere.
In fase di non possesso, visto che i terzini sono stretti in marcatura, devono coprire la zona esterna della difesa. in fase di attacco devono sovrapporsi agli attaccanti esterni, per dare maggior profondità all’azione.
Appare ovvio che gli esterni, in questo modulo, devono essere completi tecnicamente e fisicamente, possedere grande resistenza per poter coprire incessantemente tutta la propria fascia di competenza ed avere inoltre la necessaria avvedutezza tattica per sapere quando è il caso di sganciarsi e quando è il caso di difendere.
Il modulo 3-4-2-1
La prima variante del 3-4-3, è il 3-4-2-1. Le differenze fondamentali sono lo spostamento dei due attaccanti laterali al ruolo di fantasisti (o trequartisti). Gli esterni diventano due giocatori che si muovono a loro piacimento tra le linee, aiutando i centrocampisti e la punta, in base a come si evolve il gioco. Si alternano come seconda punta e come mezz’ala di stampo classico.
In questo caso si può avere una punta centrale di peso oppure un puro finalizzatore. Nel primo caso sarà l’uomo che aiuta la squadra a salire e favorirà gli inserimenti. Nel secondo dovrà essere sempre presente in area concludere ogni azione.
Ancora più fondamentali risultano quindi i due esterni di centrocampo, spesso chiamati in questo caso “tornanti”. Con i due esterni d’attacco così stretti, l’onere di spingere e di difendere sulle fasce diventa ancora più gravoso, perchè tutto sulle loro spalle.
Zagallo, l’ala tornante per eccellenza
É uso comune ritenere il brasiliano Màrio Zagallo, campione del Mondo con il Brasile nel ’58 e nel ’62 da giocatore e nel ’70 da allenatore, la prima vera “ala tornante” della storia. Dotato di ottima tecnica, ma non abbastanza da garantirgli un posto fisso in Nazionale, Zagallo si specializzò, da ala sinistra, nel rientrare a centrocampo nel 4-2-4 verde-oro.
Diventò così il perfetto contraltare dell’ala destra Garrincha, che invece agiva quasi come attaccante aggiunto e senza compiti di copertura. Zagallo garantiva con questo movimento “a rientrare”, adeguato aiuto al centrocampo, lasciando a Garrincha, Didì e Pelé (Amarildo nel 1962) la libertà di attaccare a proprio piacimento. Il ruolo richiedeva grande disciplina tattica e capacità di lettura della partita, e sicuramente non è un caso che Zagallo sia poi diventato un grande allenatore.
Il modulo 3-6-1
Dal 3-4-2-1 che abbiamo appena visto, arrivare 3-6-1 potrebbe sembrare un passo molto breve. Ma in realtà ci vorranno parecchi di anni.
Modulo che a prima vista può sembrare inusuale, nel recente passato è stato spesso utilizzato sia da squadre di club che da Nazionali. Ad esempio gli USA e la Corea del Sud nei rispettivi Mondiali del 1994 e 2002.
I sei centrocampisti creano un filtro continuo, con pressing anche molto alto, che in fase di possesso palla si trasforma in un lungo fraseggio per evitare che l’avversario recuperi facilmente il pallone.
I tre difensori agiscono come nel 3-4-3, stretti e col centrale che può fare il libero. La punta può essere di movimento per sfruttare la fitta ragnatela di passaggi dei centrocampisti o molto fisica, per facilitare gli inserimenti dei centrocampisti.
I sei centrocampisti si dividono solitamente in tre coppie. Due ali “tornanti” come quelle del 3-4-2-1, due centrocampisti maggiormente offensivi, e due che prediligono la fase di rottura. Va però evidenziato che con una rosa atleticamente e tecnicamente all’altezza, gli ultimi quattro possono cambiarsi di ruolo. In questo modo si rende meno prevedibile la manovra e si può ottenere il tempo per rifiatare.
Spesso poi, in questo modulo, il centrocampista centrale che solitamente gestiva il gioco come vertice basso, può essere sostituito dal centrale della difesa a tre. O più semplicemente, i due centrocampisti difensivi possono prendersi l’onere di far partire il gioco alternandosi.
La Diagonàl
Siamo alla chicca di oggi: la “Diagonàl”. Potremmo definire la “Diagonàl” come l’anello di congiunzione tra il 3-4-3 moderno ed il 3-4-3 del “Sistema” e del “Modulo”, due moduli di calcio ormai desueti.
Nato in Sud America nella seconda metà degli anni 40, era un diretto discendente del “Sistema” (“WM”) e del “Modulo”, (“WW”) in quanto provava a sopperire alle mancanze delle due tipologie di gioco, mischiandole assieme.
Insomma, la “Diagonàl” nasceva come miscela di due moduli di calcio precedenti, con l’idea di innovarli e completarli.
Come si vede bene dall’immagine proposta, il “Diagonal” prende il nome da come sono schierati in campo i giocatori.
Sono ben visibili infatti due diagonali: la prima composta dal Terzino Destro, il Centromediano ed il Mediano Sinistro, e la seconda da Interno Destro, Interno Sinistro ed Ala Sinistra). Per tornare a quanto detto prima, la parte destra della formazione ricalca lo stile del “Sistema”, mentre quella di sinistra quella del “Metodo”. Va però ricordato anche che in in Argentina alcune squadre di club invertiranno i lati in base alle qualità dei giocatori, ma poco cambia.
In questo modulo di calcio, i tre difensori marcano a uomo i tre attaccanti avversari. Il mediano destro può marcare a uomo la mezzala sinistra. La mezzala destra si gioca la fase di marcatura e quella di spinta con l’omonimo ruolo avversario, in modo che in base a chi dei due attacca, l’altro debba arretrare.
Il centromediano agisce come quello del “Metodo”, rompendo il gioco avversario e dovendo poi fare il regista arretrato in fase di costruzione di gioco. Un mix tra mediano e battitore libero che porta la “Diagonàl” a gettare le basi per quello che poi è a tutti gli effetti, visti i movimenti in campo dei giocatori, un 4-2-4.
I successi della Diagonàl
Dal 1941 al 1947 il River Plate di Adolfo Pedernera e Ángel Labruna mieterà successi portando la “Diagonàl” ad essere famoso. L’efficacia di questo modulo porterà il Brasile ad usarlo nel Mondiale del 1950. Il dramma del “Maracanazo” però, con la sconfitta contro l’Uruguay che giocava col “Metodo”, creerà un shock talmente elevato che la nazionale verde-oro cambierà subito.
I verdeoro passeranno dalla “Diagonàl” al vero 4-2-4 (di cui abbiamo già parlato nell’articolo Moduli: dalla Piramide alla Clessidra), che appariva più moderno e più adatto alle qualità dei brasiliani. Le successive vittorie nei Mondiali del ’58, ’62 e ’70 dimostrarono che sebbene la qualità dei giocatori restassero fondamentali, anche il modulo e la tattica reclamavano il loro spazio.
Il Brasile del 1950 aveva grandi giocatori, ma cadde nella partita decisiva per un mix di fragilità caratteriali e deficit tattici. Sebbene l’Uruguay schierasse un modulo ben più arcaico, infatti, l’interpretazione degli uomini capitanati da Obdùlio Varela fu concreta e molto accorta nel chiudersi e ripartire. La classe di Schiaffino e Ghiggia, oltre alla rinomata forza mentale tipica degli uruguaiani, furono altrettanto determinanti. É però opinione diffusa che senza un modulo tattico vincente l’Uruguay sarebbe stato spazzato via dai giocolieri brasiliani.
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Fonte: Wikipedia; Jonathan Wilson “La Piramide Rovesciata” (2011)
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