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Calcio

MONDAY NIGHT: “Credevo di essere un calciatore”, giocatori in crisi d’identità

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Se in “Carlos Kaiser e i suoi fratelli” abbiamo raccontato le più note imprese di chi, con enorme faccia tosta, è riuscito a fingersi un calciatore vero e proprio arrivando anche a buoni se non ottimi livelli, in questa concludiamo la carrellata parlando dell’ultimo ad esserci riuscito alla grande per poi passare a storie minori ma non per questo meno clamorose.

Anzi.


 

Il fu Eriberto Conceição da Silva

Tutti gli appassionati di calcio italiano si ricorderanno infatti di Eriberto Conceição da Silva, altrimenti noto con il suo vero nome Luciano Siqueira de Oliveira. Già, perché questo “calciatore che visse due volte” arrivò da noi con un nome e una data di nascita che non gli appartenevano, ma che gli avevano permesso di partecipare a un provino, limitato ad una certa età, per il Palmeiras. Piuttosto che arrendersi all’evidenza, infatti, il ragazzo – allora 23enne – acquistò un documento falso che “spostava” la sua data di nascita in avanti di quattro anni.

Adesso neanche ventenne, con la possibilità di prendersi un futuro da calciatore professionista che aveva rischiato di sfuggirgli, Eriberto aveva corso, e corso, e corso al punto da impressionare prima i dirigenti del Palmeiras e poi gli uomini-mercato del Bologna: nel 1998 il giovane (?) talento brasiliano veste la maglia rossoblu, pagato 5 miliardi e dopo appena una stagione da professionista in patria. Ci può stare, del resto alcune sue qualità sono evidenti: Eriberto corre, non si ferma mai, è un moto perpetuo che se da una parte fa impazzire l’allenatore – ha evidenti lacune tattiche – e lo porta ad essere confusionario, dall’altra parte esalta la folla, che come spesso accade chiude un occhio sulle mediocri qualità tecniche quando vede grinta e impegno.

La stagione successiva al suo arrivo in Italia vede Eriberto segnare un gol clamoroso contro il Venezia: con i rivali in avanti, portiere compreso, recupera il pallone al limite della propria area e quindi si lancia in una corsa sfrenata che gli permette di coprire il campo in pochi secondi e segnare quello che sarà uno dei suoi due soli gol in maglia rossoblu. Sembra un lampo nel buio, ma quando si trasferisce al Chievo ecco che Eriberto si trasforma in una delle migliori ali del campionato, grazie al brillante 4-4-2 di Delneri che lo vede protagonista sulla fascia destra.

Sono gli anni migliori, e per lui si parla ormai di un futuro ad alto livello, tra le squadre top d’Italia. Proprio quando la Lazio sembra sul punto di acquistarlo, però, Eriberto ha una crisi di coscienza e fa una clamorosa rivelazione: il suo vero nome è Luciano, ha quattro anni in più di quanto dichiarato e Eriberto altri non è che un povero contadino che anni prima gli ha venduto la sua identità. Perché ha mentito? Per coronoare il suo sogno di giocare a calcio. E perché dire adesso la verità? Per il figlio che aspetta, e che Luciano vuole porti il suo vero cognome.

Potrebbe essere finita qui, ma la giustizia sportiva non ci va giù pesante e Luciano, il fu Eriberto, torna quello di un tempo al punto da guadagnarsi finalmente la grande occasione all’Inter, che lo prende in prestito: non funziona, ma non è poi così importante, perché Luciano giocherà nel Chievo, sua squadra di adozione, fino al 2013, lasciando a 38 anni e dopo ben 13 stagioni e oltre 300 partite. Adesso, impegnato nel settore del turismo, si può ben sperare che la sua vita non avrà più scossoni.

Fonte: (14/10/2014) Luciano racconta la verità sul cambio nome: “Diventai Eriberto per lavorare e mangiare”, Goal Italia


 

Masal Bugduv, leggenda…urbana

La nascita del web ha portato indubbiamente benefici al nostro pianeta: adesso siamo tutti interconnessi, e ognuno può liberamente postare i suoi pensieri, le sue idee e fare le proprie ricerche grazie a Google e a una disponibilità di informazioni neanche lontanamente immaginabili appena vent’anni fa. Questo ha portato a un “giornalismo 2.0” che se da una parte ha contribuito in maniera enorme alla ricerca, sia per quanto riguarda l’attualità che la storia – io stesso me ne sono servito per il mio “Pionieri del Football – Storie di calcio vittoriano”, che altrimenti difficilmente avrei potuto realizzare – dall’altra ha fatto si che la necessità di controllare le fonti diventasse, per molti, un optional.

Fino a quando questo accade a onestissimi blogger poco male, ma quando la cosa colpisce un giornalista professionista di una nota testata internazionale come il “Times” ecco che gli effetti possono essere clamorosi. È così che nasce, nell’estate del 2008, la leggenda di Masal Bugduv, talento moldavo di 16 anni che la prestigiosa rivista inserisce in un suo articolo online sui 50 migliori prospetti del calcio mondiale.

Al numero 30 infatti leggiamo che “il talento moldavo, attaccante, è stato accostato all’Arsenal e ad altri importanti club europei” come ad esempio lo Zenith di San Pietroburgo. Peccato che il giocatore non sia mai realmente esistito, essendo il frutto di una bufala (“hoax”) operata da qualche buontempone che forse – i motivi non saranno mai chiariti – voleva sottolineare come il giornalismo del nuovo millennio, basato sui “sentito dire” e sulle suggestioni del calciomercato, sia in parte una farsa.

Evidenze di questo ragionamento possono essere il nome del giocatore, translitterazione dell’irlandese “M’asal Beag Dubh”, titolo di una fiaba locale (“My little black donkey”, il mio piccolo asino nero) che racconta di come un contadino disonesto riesca a vendere il proprio pigro asino per un prezzo esagerato. Anche la fonte che riportava le gesta di questo “campioncino” poteva essere sospetta: “Diario Mo Thon”, testata moldava mai esistita e che in irlandese significa “Diary My Ass”. C’è bisogno che ve lo traduca in italiano?

Fonte: Burnton, Simon (15/01/2009) Masal Bugduv – the 16-year-old Moldovan prodigy who doesn’t exist, The Guardian


 

Lei non sa chi sono io!

Che annata, per i finti-calciatori, il 2010! In estate, in Ecuador, si scopre che il centrocampista del LDU Quito Gonzalo Chila si chiama in realtà Ángel Lizardo Cheme Ortiz, e che sulle orme di Eriberto ha “rubato l’identità” ad un pastore evangelista di Guayaquil per iniziare, in ritardo, una carriera che mai si sarebbe altrimenti realizzata. Potendo giocare, a livello giovanile, con ragazzi più giovani di lui di ben tre anni, “Chila” riesce ad emergere fino ad arrivare appunto al LDU Quito, una delle squadre più forti del Paese. Quando il caso emerge il giocatore si becca una squalifica di un anno, dopo la quale torna a giocare, e se in un Paese civile chi sconta la sua pena può rifarsi una vita allora l’Ecuador si dimostra un Paese più che civile, dato che attualmente Ángel Cheme gioca nel CD ESPOLI, la squadra che rappresenta la scuola di polizia di Quito.

Il franco-congolese Gaël Kakuta, transitato da noi in modo anonimo alla Lazio e attualmente in Spagna ma di proprietà dei cinesi dell’Hebei Fortune, come Bugduv era finito davvero nella lista dei migliori prospetti mondiali, inserito dai giornalisti del prestigioso Don Balón. Nessun errore stavolta, dato che nel 2010 Kakuta era davvero una promessa del calcio, stella delle giovanili del Chelsea con già alcune presenze in prima squadra. Una carriera che poi non si è realizzata a dovere, ma certo migliore di quella che Medi Abalimba, anche lui nato in Congo, aveva solo potuto assaggiare: esploso nel Southend United, accostato a Manchester United e Manchester City, Abalimba era infine passato prima al Liverpool e poi al Derby County, guadagnando anche 4.000/5.000 sterline alla settimana non ancora maggiorenne.

Una vita da sogno che si era interrotta improvvisamente quando, nel 2011, un brutto infortunio ne aveva frenato le ambizioni: finito nel calcio minore, costretto a lavorare come mai aveva fatto, Abalimba non ha mai pensato di ridimensionare il suo costoso stile di vita, e per mantenerlo ha prima rubato alcune carte di credito in club privati di cui era diventato socio, quindi ha finito per impersonare proprio Gaël Kakuta per mantenere la farsa e sviare i sospetti di chi vedeva un “signor nessuno” concedersi lussi come stanze fisse in prestigiosi alberghi, costosissimi champagne, persino voli privati in elicottero in compagnia di alcune, ingenue, aspiranti “wags”.

Tutto si incrina quando al termine di una costosissima serata, in cui ha offerto da bere a un intero locale, gli viene fatto notare che la carta di credito che ha presentato è bloccata. “Ma come vi permettete, lei non sa chi sono io” tuona Abalimba, e invece è proprio lui, ormai, a non sapere chi sia davvero. Viene preso poco tempo dopo, da un detective insospettitosi dopo averlo sentito parlare in una prestigiosa boutique di “pagamento in futuro, del resto io sono un calciatore di Premier League”. Arrestato, si discolperà dando la colpa ai tanti soldi che il calcio gli ha dato quando era ancora un ragazzo, che gli hanno dato alla testa.

L’ex-talento del football è in carcere dall’ottobre del 2014, condannato a 4 anni di reclusione per truffa aggravata e altri 19 (!) capi d’accusa, avendo speso nella sua “seconda vita” qualcosa come 163.000 sterline, una cifra che – data la sua evidente mancanza di risorse – non potrà mai restituire.

Fonte: Pleasance, Chris (22/10/2014) Gael Kakuta impersonator Medi Abalimba jailed for four years after racking up huge bills in swanky hotels and nightclubs, Daily Mail Online


 

Gregorinho, il vincitore della Bufala d’Oro.

Il CSKA Sofia è una delle squadre più gloriose e vincenti del suggestivo movimento calcistico bulgaro, anche se attualmente – dopo essere fallita per debiti due anni fa – gioca nella seconda divisione nazionale. Che qualcosa però non andasse per il verso giusto, i più lungimiranti potevano intuirlo già quando nell’estate del 2010, dopo aver promesso un grande acquisto, la dirigenza annunciava l’ingaggio del francese Gregory Akcelrod.

Che non entusiasmava la folla ma non sembrava neanche l’ultimo scappato di casa: ex-talento delle giovanili del Paris Saint-Germain, successivamente al Racing Club de France Football (nobile decaduta) era soprannominato “Gregorinho” per le qualità tecniche degne di Ronaldinho (…) e membro di Livestrong, l’associazione benefica fondata dal ciclista Lance Armstrong – altro personaggio a dir poco discutibile, si scoprirà poi. Insomma, male ma non malissimo per i tifosi del CSKA.

Peccato che a uno di questi venga in mente di scoprire qualcosa di più sul nuovo fantasista francese, ed ecco che basta una semplice ricerca su Google – che poi tanto semplice non doveva essere per il club – per scoprire che Akcelrod altri non è che un millantatore che non ha mai giocato ad alto livello. Un dilettante puro e semplice, che nel 2010 ha avuto la faccia tosta di spacciarsi per un grande campione ed è pure riuscito a farcela. Per solo due giorni, però, visto che quando il CSKA capisce di aver preso una cantonata annulla il contratto per ovvi motivi.

Akcelrod finirà per scomparire nel calcio canadese, anche se il genio e la follia non gli mancano fino all’ultimo: intervistato da un giornalista francese, prima si lamenta a lungo delle tante balle raccontate sul suo conto e poi annuncia un imminente trasferimento nella Major League Soccer o nella Premier League inglese, dove però non si è mai visto. Di lui si parlerà anche in Italia, dato che per non farsi mancare niente anche i nostri siti d’informazione lo danno, a un certo punto, vicino al Cagliari.

Fonte: (10/03/2010) La grande truffa di Greg, dal nulla al CSKA Sofia, Repubblica – Sport


 

Darbo, avventure di un tizio qualunque

Estate 2014: il Crotone che si appresta a iniziare il mini-ciclo che lo porterà ad una clamorosa promozione in Serie A nel giro di due anni annuncia fiero di aver ingaggiato un giovane talento, il gambiano Alieu Darbo. L’acquisto è stato chiuso “in sinergia con uno dei più grandi club mondiali, il Bayern Monaco, che crede nel ragazzo e visto l’ottimo lavoro del Crotone con i giovani, ha segnalato il giovane attaccante”.

Chissà se in quel momento, se solo avesse potuto leggere la notizia, a Zīsīs Vryzas non sarebbero fischiate le orecchie: l’ex-centravanti greco, da noi ricordato per aver vestito le maglie di Perugia, Fiorentina e Torino, appesi gli scarpini al chiodo è diventato Direttore Sportivo del PAOK Salonicco, e qui ha incrociato Alieu Darbo nell’estate del 2012. Solo che in quel caso il “talento” africano aveva portato una lettera di referenze di un club tedesco, si, ma non del Bayern Monaco: era il Borussia Dortmund a raccomandarne l’ingaggio, “senza provino che sennò si offende”, una dinamica quindi identica a quella che lo ha portato a Crotone.

Già, perché – indovinate un po’ – né a Monaco di Baviera né a Dortmund sanno minimamente chi sia questo Darbo, e le lettere sono ovviamente false: se in Grecia era stata una visita in albergo di Vryzas e di alcuni ultras a convincerlo a partire, stavolta non c’è neanche bisogno di questo, dato che appena partono i primi sospetti – naturali nell’epoca dell’informazione globale – è proprio Darbo a lasciare Crotone, dicendo di essere stato spaventato da alcune offese a sfondo razzista.

Si accasa nella seconda serie svedese, quindi va a Malta, poi in Algeria, persino in Egitto: sono però tutte avventure che durano pochissimo, non come quando in Croazia riuscì per ben quattro mesi a convincere i dirigenti della Dinamo Zagabria di essere un talento vero e proprio. Quando finalmente erano riusciti a liberarsene, i dirigenti croati erano stati unanimi nel giudizio: sembra un tizio qualunque preso dalla strada e messo a giocare con i professionisti.

Già.

Sembra.

Fonte: Bergonzini, Elmar (13/01/2017) Alieu Darbo, il giocatore truffatore che fregò tutti. E il Crotone gli diede la 10…, Gazzetta dello Sport

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