Calcio
Monday Night – L’Old Firm
Glasgow, circa 100 miglia a nord del Vallo di Adriano. Da queste parti il cielo è cupo, il vento penetrante e la gente orgogliosa. Perfino il potente esercito romano considerava i Pitti, gli scozzesi dell’epoca, tanto fieri quanto imprevedibili da confinarli oltre l’ultima provincia dell’Impero.
“Glesga” – come la chiamano amorevolmente gli scots – è la più grande e popolata città della Scozia. Tagliata in due dal fiume Clyde, durante l’Epoca Vittoriana divenne il più importante porto commerciale dell’intero Oceano Atlantico. L’inarrestabile espansione di quello che una volta era un semplice villaggio rurale, provocò un prevedibile afflusso di persone in cerca di lavoro nei ruvidi ma redditizi cantieri navali. Un posto umile, per nulla paragonabile al fascino culturale di Edimburgo o allo sfarzo signorile dei castelli dell’Aberdeenshire.
Questo luogo è diventato famoso solo e soltanto grazie al football, anzi alla rivalità che lo circonda.
Qui è nato l’Old Firm (“la vecchia fabbrica”) e non esiste un qualcosa di simile in nessun altro angolo del continente. Non è un classico confronto cittadino e nemmeno una qualsiasi rivalità tra due tifoserie avverse. Questa è una contrapposizione politica, religiosa e morale che non ha paragoni nel mondo dello sport. Una passione che non divide solo i due milioni di abitanti delle Lowlands, ma che coinvolge tutti i 5 milioni di scozzesi, l’intera Irlanda del Nord e gran parte della Repubblica d’Irlanda.
Semplice: da una parte i blu e dall’altra i biancoverdi. Insomma, qui la scelta del colore può modificarti l’intera esistenza.
Andiamo con ordine.
I Rangers – conosciuti comunemente anche come “Glasgow Rangers” – vengono fondati dai fratelli McNeil e da William McBeath nel lontano Marzo del 1872. Il nome di battesimo fu probabilmente scopiazzato da quello di una vecchia franchigia rugbistica inglese di cui i tre erano appassionati. Dal primo giorno di vita, indossano divise in tinta blu navy con bordi bianchi e nel loro stemma campeggia un leone rampante.
Da sempre lealisti, di fede protestante e dichiaratamente filo monarchici, difendono orgogliosamente il loro senso di appartenenza al Regno Unito. I Gers, disputano i loro incontri casalinghi nel modernissimo “Ibrox Park” ( 5 stelle UEFA) ristrutturato dopo la tragedia del 1972. La tifoseria è infarcita di vessilli britannici, di bandiere dell’Union Jack e di St.Andrew’s cross bianche su sfondo cobalto. La bacheca è stracolma di trofei: 54 scudetti, 33 coppe di Scozia, 27 Coppe di Lega ed una Coppa delle Coppe.
Tre curiosità. La prima: nel 1997 l’olandese Dick Advocaat fu il primo allenatore non scozzese alla guida dei Teddy Bears.
La seconda. All’inizio della stagione 1998/99 lo stesso manager affidò la fascia di capitano all’italiano Lorenzo Amoruso che divenne così il primo condottiero cattolico (o quantomeno dell’Europa continentale) della squadra più “protestante” al mondo.
La terza. Sono tanti i nostri connazionali ad aver indossato questa celebre maglia: oltre al già citato Lorenzo Amoruso, l’ex difensore della Juventus Sergio Porrini, un giovanissimo ringhio Gattuso ed infine il “nostro” Marco Negri, detto “Moody Marco”, la cui carriera sarebbe potuta esser sicuramente più brillante se non fosse stata inficiata da un tremendo – quanto evitabile – infortunio rimediato alla retina dell’occhio durante una partita di… squash!
Passiamo adesso al di là del fiume, dove si annida il glorioso Celtic.
Nato dall’idea di un frate irlandese di nome Andrew Kernis, il Celtic Football Club venne ufficialmente alla luce il 6 Novembre del 1887 nella chiesa cattolica di Santa Maria, sulla vecchia East Rose Street.
Creato principalmente con lo scopo di poter educare e sostenere tutti i fedeli della città, ben presto si trasformò in una vera e propria leggenda. La scelta del nome e del simbolo (un quadrifoglio con limpidi riferimenti al classico Shamrock irlandese) contribuì non poco a creare sin da subito un legame morboso con gli esuli di origine gaelico-celtica.
L’esordio ufficiale avvenne il 28 maggio del 1888, proprio contro i Rangers e finì 5-2 per i neonati biancoverdi. Quel pomeriggio segnò per sempre l’inizio della storia.
I “Bhoys” (l’insolita aggiunta della lettera “H” è un evidente riferimento alla pronuncia irlandese) mostrarono immediatamente una grande attitudine vincente ed un seguito popolare non comune. Sotto la guida del primo manager, tale Willi Malley, conquistarono 30 trofei in 43 anni anche se l’apice del successo lo toccarono nel 1967, quando divennero la prima squadra anglosassone ad alzare al cielo una Coppa dei Campioni. Nel 2003, raggiunsero la finale di Coppa Uefa contro il Porto e circa 80mila(!) supporters scozzesi si misero in viaggio verso di Siviglia, sede della partita, nonostante i biglietti disponibili fossero meno della metà. Stavolta la compagine lusitana ebbe la meglio, ma la FIFA riconobbe comunque diversi riconoscimenti ai fans “celtici” per l’affetto dimostrato.
Nonostante l’occasione persa, il palmares degli Hoops resta di livello assoluto: 49 scudetti, 38 coppe di Scozia, 18 Coppe di Lega ed una Coppa dei Campioni.
Neanche a dirlo, la tifoseria è di chiaro stampo cattolico con palesi simpatie indipendentiste. Nel dantesco “Parkhead”, conosciuto anche come “Celtic Park” e ribattezzato dai tifosi “The Paradise” è facile notare stendardi e bandiere dall’evidente sapore separatista. La storica divisa a cerchi è ormai un’icona mondiale, sinonimo di seduzione calcistica e fonte d’ispirazione per altre compagini in tutto il globo.
Quello che forse non tutti sanno, è che i Lisbon Lions, cioè coloro che vinsero la Coppa dei Campioni a Lisbona contro l’Inter nel 1967, provenivano esclusivamente da Glasgow.
Roba d’altri tempi.
Ad oggi i derby cittadini ufficialmente disputati sono oltre 400, con leggera supremazia in favore dei Gers ( 159 vittorie, 96 pareggi e 156 sconfitte). A causa del fallimento dei Rangers però, le due compagini si sono incontrate soltanto una volta nel quadriennio 2012-2016 in un quarto di finale di Scottish Cup. L’evento fu di spessore planetario ed il livello di sicurezza fu talmente elevato che venne addirittura sconsigliato di trasmettere la partita in alcuni pub. Tutto filò liscio, ma nel corso della storia gli episodi di violenza furono all’ordine del giorno. A partire dalla maxi rissa di Hampden Park nel 1980, dove ben 9mila tifosi se le diedero di santa ragione lasciandosi dietro decine di feriti ed un corpo esanime, per arrivare alle minacce di morte subite da Neil Lennon ex-allenatore nordirlandese del Celtic (ora all’Hibernian e recentemente bersaglio di un lancio di monetine al termine del derby di Edimburgo dove si rivolse in maniera provocatoria verso il settore degli Hearts), vittima del fanatismo lealista di qualche squilibrato.
Ovviamente, lo scontro sul campo valeva quasi sempre un trofeo (l’ultima squadra non di Glasgow ad alzare lo scudetto fu addirittura l’Aberdeen guidato da Sir Alex Ferguson nel lontano 1985!) ma quello fuori significava molto di più. In città, ma purtroppo anche nei quartieri misti di Belfast, luogo simbolo dell’autentica contrapposizione fra le due fazioni. Per fortuna la continua collaborazione di entrambe le società con associazioni e polizia, ha dato il via ad un processo volto a stemperare gli animi.
In questo preciso momento, il Celtic guida la Scottish Premiership a quota 33 punti. 2 in più rispetto alla coppia formata da Rangers (diretti in panchina dallo storico capitano del Liverpool Steve Gerrard) e dal sorprendente Kilmarnock.
In Europa League invece, entrambe le formazioni hanno ancora la possibilità di qualificarsi per il turno successivo: certo, vedere uno spettacolo del genere in un doppio confronto europeo al momento parrebbe complicato, ma probabilmente sarebbe l’apice di una competizione troppo spesso sottovalutata.
Anche perché, come disse l’ex Celtic e soprattutto ex Barcellona Henrik Larsson: “Dimenticatevi el clasico, niente è comparabile con il pazzo Old Firm!”.
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