Calcio
MONDAY NIGHT – Una Principessa a Berlino Ovest
C’era una volta una principessa, di nome Sofia Carlotta.
Era bellissima e colta, oltre al greco antico ed al latino parlava quattro lingue fluentemente e proteggeva artisti e scienziati, tra cui nientemeno che Gottfried Leibniz. Un giorno vide un’area poco fuori dal centro di Berlino e lì fece costruire un castello che chiamò Lützenburg. Pochi anni dopo, il marito ascese al trono come Federico I di Prussia ed il castello venne ampliato per ospitare, oltre alla famiglia reale, le numerose attività di corte. La sfortunata principessa, però, andò in visita alla madre, ad Hannover, e vi morì (probabilmente di difterite) il primo Febbraio 1705, a soli 36 anni. Da quella infausta data il re, inconsolabile, ribattezzò l’area ed il castello con il nome di Charlottenburg.
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Facciamo un salto avanti di due secoli.
La rivoluzione industriale è già avvenuta, siamo nell’era contemporanea, le arti barocche e neoclassiche hanno lasciato il posto ad altre discutibili forme di cultura, la più strana delle quali è una curiosa sfera di cuoio il cui unico scopo è d’esser presa a calci.
La cosa non è vista di buon occhio, da quelle parti, ma non basterà a scoraggiare un gruppo di studenti che decidono di formare una squadretta. Ma arriva la guerra a scombinare i loro piani, finita la quale, nel 1919, optano per una fusione con l’Union Halensee per dar vita all’Union SCC Berlino. Raggiunta la finale del campionato cittadino vengono sconfitti dallo SV Norden-Nordwest con il doppio punteggio di 0-1 e 2-4. Nel 1926 il sodalizio si spezza e il piccolo elf riassume il nome originario di SC Charlottenburg ma le difficoltà economiche la condannano ad un’estenuante altalena tra la prima e la seconda divisione cittadina.
Avete capito bene: cittadina. Sì, perché qui non si parla di Tori o Puledri ma di una compagine che non pensa nemmeno di uscire dai confini di Berlino, il che significa trastullarsi tra il nono e l’undicesimo livello del calcio nazionale in un contesto in cui lo stesso termine “nazionale” assume contorni ai limiti del timor panico.
L’importante resta divertirsi ma terminata la seconda guerra mondiale il quartierino ha la fortuna di trovarsi all’ovest e, per risparmiare, opera una nuova fusione con una società ben più strutturata, il TeBe, per dar vita allo SG Charlottenburg. Ma dura solo pochi anni perché il TeBe, riassestatosi economicamente decide di proseguire il cammino in proprio.
Si torna alla vecchia denominazione di Sport-Club e ci si diverte tra i campionati rionali. Tanto.
È il 1978 quando dopo tanto correre arriva una piccola soddisfazione: la promozione in Bezirksoberliga, prima divisione del torneo berlinese. Non si fa in tempo a festeggiare che arriva la seconda di fila e stavolta è giubilo: il team vedrà per la prima volta com’è il mondo fuori dalle grinfie dell’orso.
Il trainer però va via: ha proposte più allettanti e da quelle parti si devono fare i conti della serva. Poco male, tanto non durerà, e comunque anche il nuovo ospite della panchina bianconera sembra saperci fare perché vince. Vince. Vince il terzo campionato di fila e si trova in Verbandsliga. Va via anche lui, però: i salti di categoria hanno imposto un regime di austerity per dotare la squadra delle strutture necessarie ad affrontare impegni sempre più competitivi. La scelta è saggia: anche in caso di retrocessione le strutture resteranno e si potrà guardare ad un futuro più sereno. Ma quella probabile retrocessione si rivolta in un’incredibile ulteriore promozione perché a fine anno è Amateure Oberliga.
Ora basta, si chiude qui: nel quartiere c’è qualche squilibrato che sogna in grande e viene visto con sospetto dall’austera popolazione locale che lo individua come un potenziale candidato al reparto di psichiatria. Ma il mondo è dei pazzi, si sa, perché quello successivo non sarà un campionato ma un vero e proprio trionfo di risultati e bel gioco: solo i vecchi cugini del TeBe riusciranno a strappare una patta nel quartierino berlinese, dove cadranno tutti gli altri avversari con punteggi spesso imbrazzanti. 4-0 a Hertha Zehlendorf e Marienburg, 5-1 a Makkabi e Reinickendörfer, 5-0 a Spandauer BC e Westend 01 e addirittura 7-2 allo Spandauer SV. Solo l’Herta Zehlendorf riuscirà nell’impresa di fare bottino pieno con un risicato 2-1 tra le mura amiche.
26 vittorie, 3 pareggi e quella sola sconfitta: 55 punti, 92 reti segnate e 14 subite. Numeri da capogiro. I playoff per la promozione saranno giocati a ritmi più blandi ma sarà sufficiente: 6 punti garantiranno l’accesso alla Zweite Bundesliga. I pronipoti di quegli studentelli testardi giocheranno in un campionato professionistico nazionale, tra lo stupore di tutta la Teutonia pallonara.
Ma questa volta, dopo cinque promozioni in altrettante stagioni, è davvero troppo: la seconda divisione 83/84 vede al via squadroni del calibro di Schalke 04, Karlsruher, MSV Duisburg, Saarbrücken, Hannover 96 e i concittadini dell’Hertha che fino a pochi anni prima venivano ammirati a modello inarrivabile.
Nonostante un torneo più che dignitoso, con un ragazzino di belle speranze, tale Andreas Köpke, a guardia della propria rete, la favola dello SC Charlottenburg è breve. Brevissima.
Come quella della principessa che ha dato il nome al suo quartiere.
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Friedl25
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