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Calcio

Pioli paga anche colpe non sue. E quelle analogie con l’esonero a Bologna… – 4 apr

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La Lazio esonera Stefano Pioli. L’1-4 del derby è stato fatale per l’ex allenatore del Bologna. La sconfitta con la Roma, però, è stata solo la punta dell’iceberg in una stagione partita male e finita (dico finita perché la Lazio a marzo non aveva più obiettivi da inseguire) in maniera anonima. L’eliminazione con il Bayer Leverkusen ha lasciato il segno. Tutto è partito da quel risultato negativo. “Non siamo pronti per questo livello”, si era espresso così dopo la batosta in Germania. Un voler essere realistici che a molti era parsa piuttosto un’ammissione della mediocrità della rosa per certi palcoscenici. Difficoltà dettate anche da un mercato non degno di una squadra che deve lottare per l’Europa che conta. In quella gara, per fare un esempio, la società lasciò a disposizione di Pioli un solo attaccante: Keita. Uno per un Preliminare di Champions. Eccolo un indizio che motiva le dichiarazioni del post gara, di cui sopra. Eppure, Stefano Pioli lo scorso anno aveva fatto un vero e proprio miracolo sportivo. Era riuscito a ridare entusiasmo al popolo laziale con un terzo posto che sapeva di miracolo sportivo. Era riuscito anche a ridare un’identità e un bel gioco alla Lazio. Quella qualificazione ai Preliminari sapeva di impresa, fuori anche dalle più rosee previsioni. Se lo volessimo paragonare ad un risultato ottenuto negli anni di Bologna, forse potrebbe essere il caso del nono posto con 51 punti.

Mandare a casa l’allenatore è un meraviglioso scarica barile della premiata ditta ai vertici della società. In questo modo Pioli viene eretto ad unico responsabile della stagione fallimentare, ma così non è. I giocatori che in questa stagione hanno ampiamente dimostrato di non essere da Lazio (alcuni neanche da Serie A) di certo non li ha portati Pioli a Roma. La mancanza di programmazione e di progetti a lungo termine porta inevitabilmente alla discontinuità di rendimento della squadra. Ad una grande stagione, o al conseguimento di un grande risultato, quasi sempre è seguita una stagione mediocre. La “squadra difficilmente migliorabile” a marzo era fuori da Coppa Italia, Europa League e in campionato non lotta più per nulla. I laziali sono stanchi della mediocrità alla quale li sta spingendo questa società. Sono stanchi di non poter lottare per qualche traguardo importante, ma soprattutto sono stanchi di chi nega davanti all’evidenza, non volendo ammettere le proprie colpe. In questo caos, anche Pioli è andato in confusione commettendo più di un errore nella gestione delle gare e nelle letture a partita in corso.

ESONERO A BOLOGNA – Esistono analogie tra questo esonero e quello a Bologna? Indubbiamente bisogna partire dai rapporti con i giocatori. Sia alla Lazio che al Bologna, Pioli ha visto incrinarsi quelli con alcuni senatori. Penso a quello con Candreva da una parte (questione fascia da capitano) e con Diamanti dall’altra. In entrambi gli esoneri, poi, l’allenatore di Parma ha pagato quel suo essere troppo aziendalista, come si suol dire in questi casi. Di cosiddetti yes man sotto la gestione Lotito ne sono passati anche troppi e, purtroppo, Pioli si è uniformato a questa linea. Non si è mai nascosto dietro l’inadeguatezza delle rose e di questo gli va dato atto. Al tempo stesso, però, non ha mai preso una posizione forte nei confronti di società che troppe volte lo hanno lasciato solo, in balia delle difficoltà. Quel “vinciamo l’Europa League e salviamo la stagione”, prima dello sfida allo Sparta, ha riecheggiato sinistramente quell’invito fatto in rossoblu, ad “alzare l’asticella”. Due pronostici, entrambi non rispettati con le conseguenze del caso. Sia a Bologna che a Roma, Pioli ha pagato anche colpe non sue. Almeno questa volta l’esonero non è avvenuto tramite una chiamata dal Messico.

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