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Report FIGC 2019/20 – Calciatori che abbandonano, posti di lavoro persi e società sempre più indebitate. Il calcio sull’orlo del fallimento.

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Come ogni anno è stato pubblicato il report della FIGC sullo stato dell’arte del calcio italiano, e nonostante la vittoria ad Euro 2020 la situazione è decisamente critica. Negli ultimi anni, il report sul mondo del pallone è ogni volta peggiore rispetto al precedente e quello pubblicato nel 2021 che fa riferimento alla stagione 2019/2020, non poteva che esserlo ancora di più visto che è stato il primo campionato interessato dal Covid-19.

Il lockdown arrivato tra marzo e maggio, con lo stop a tutti i campionati e la ripresa in estate senza pubblico, ha assestato un colpo davvero pesante al movimento, così come a tutto il resto del mondo.

Il movimento calcistico nel complesso

Prima di parlare della Serie A e dei suoi problemi, è impossibile non soffermarsi su cosa abbia voluto dire la pandemia sul movimento calcistico italiano, che è qualcosa di molto lontano dai fasti dei top-club e che è drammaticamente più vicino alla vita “reale” di tutti noi.

Il dato parla da solo: 47.825 partite sono state cancellate. Non solo: 245.000 calciatori hanno abbandonato l’attività, tra professionismo e non. Soprattutto giovani. Soprattutto al sud (in Basilicata addirittura un -10%). La base che alimenta le giovanili anche dei grandi club, e della nazionale, ma che soprattutto svolge un immenso lavoro sociale sia per quanto riguarda uno stile di vita sano sia per quanto riguarda quello di tenere in alcune zone maggiormente disagiate i ragazzi lontani da certi ambienti, è a forte rischio sgretolamento. Tanti ragazzini che fino al 2019 si recavano al campo, ora non lo fanno più. E chissà se torneranno a farlo.

Ma il problema si allarga anche ai lavoratori del settore, che non sono calciatori. Sono stati quasi 24.000 i posti perduti da queste persone. Tantissime famiglie che hanno perso un reddito. Una cifra di circa 1,8 miliardi di euro che il sistema calcio è stato più o meno obbligato a “risparmiare” sulla pelle di coloro che lavoravano nel settore.

A fronte di tutto questo, in Serie A, il monte ingaggi dei giocatori continua a crescere.

La situazione della Serie A

Ma, in questo caso purtroppo, è la Serie A a fare sempre da catalizzatore, e allora parliamone. I nodi prima o poi dovranno venire al pettine, perché il profondo rosso del calcio italiano aumenta sempre di più. Nella stagione 2019/20 il calcio italiano ha perso 829 milioni di euro. Più del doppio della stagione precedente. L’industria calcio, già pesantemente indebitata tanto che molte società se non fossero collegate al mondo del pallone sarebbero già fallite, con il Covid ha visto ampliare notevolmente il problema.

Qualcuno potrebbe pensare che i top club stiano meglio dei piccoli, ma non è così: Juventus Inter, Milan, Napoli ed Atalanta, da sole, hanno perso 370 degli 829 milioni citati in precedenza.

Va da sé quindi che il mercato appena visto sia stato sottotono ed abbia visto delle uscite. E l’unica strada è quella che porta i proprietari a ripianare i debiti, perché il calcio italiano, da molto prima che arrivasse il Covid-19, mostra altri punti deboli.

Il passivo del calcio italiano ormai ha superato i 4,7 miliardi di euro. Ma come già detto, in Serie A, il monte ingaggi dei giocatori continua a crescere nonostante tutto.

Punti deboli del passato

Se è innegabile che la pandemia sta rischiando di far collassare il sistema, bisogna anche ammettere le colpe di chi fino ad oggi lo ha gestito, e sta continuando a farlo, senza la lungimiranza che forse necessiterebbe.

Infrastrutture vecchie e fatiscenti, scarso appeal dei format, ridistribuzione degli incassi non adeguata per permettere un miglioramento delle società e ricavi commerciali ancora troppo bassi rispetto agli standard di altre nazioni. Non è un caso che, ad esempio, dalla gadgettistica e dal marketing arrivi solo il 17% degli incassi. Il calcio italiano è sempre più concentrato sui diritti TV, che portano il 34% degli introiti e che sono relativamente veloci e facili da ottenere. Per il resto servirebbero programmazione, idee, ecc.

Sta iniziando a saltare anche il gioco delle plusvalenze, che in modo più o meno fantasioso porta il 24% degli incassi, ma che in molti casi li porta solo sulla carta e non nella reale liquidità, rischiando di provocare ulteriori danni da smaltire a lungo termine.

Il calo del pubblico

Infine, ultimo ma non ultimo, all’orizzonte si prospetta il problema del pubblico. Oltre allo scarso appeal del calcio italiano come format, si aggiunge il mancato decollo del marketing, che sebbene sia qua e là in miglioramento, ancora non prende come in altre parti del mondo.

Ma non basta. Il Covid-19 ha reso necessari gli incontri a porte chiuse. La chiusura degli stadi nel 2019/20 è costato alla Serie A 60 milioni di euro, ma il dato peggiorerà nel 2020/21, ma potrebbe soprattutto aver influenzato le abitudini di alcuni tifosi.

Sono circa 4 milioni gli appassionati che sono dovuti rimanere a casa nella stagione 2019/2020, ed ora che gli impianti sono stati riaperti a capacità ridotta, non si è fatto registrare la piena occupazione di quei posti. Chi garantisce che sia solo un problema collegato all’estate o al Green Pass? È possibile che una fetta di supporters decida che rimanere in poltrona sia preferibile? Questo potrebbe fare diminuire ancora di più gli introiti collegati agli stadi, che fino a qualche anno fa non parevano un problema, ma che con la pandemia si sono rivelati più importanti di quanto le stesse società spesso li ritenessero.

Prima o poi il mondo del calcio dovrà capire che si basa su un sistema insostenibile e dovrà cambiare. 

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