Calcio
Sliding doors – Il Mondiale del rimpianto (se un evento avesse potuto cambiare il corso delle cose)
«I rigori li sbaglia solo chi ha il coraggio di tirarli.» Fu questa la frase che pronunciò Roberto Baggio dopo aver sbagliato il rigore contro il Brasile nella finale del Mondiale del 1994.
Ma cosa sarebbe accaduto se Baggio avesse segnato il quinto rigore?
Pasadena, 14 luglio 1994. La nazionale italiana, dopo la vittoria di ieri contro la Bulgaria, è volata in California dove disputerà, contro il Brasile, l’ultimo atto della Coppa del Mondo. Nell’ambiente azzurro c’è apprensione per le condizioni fisiche di Roberto Baggio. Il numero dieci è uscito anzitempo nella semifinale contro i bulgari per colpa di uno stiramento al polpaccio destro. Tutta Italia è preoccupata, in vista della finalissima il giocatore più importante, nonché il miglior realizzatore della squadra, potrebbe saltare il match. È certo che senza di lui sarà impossibile vincere. Dall’infermeria, però, arriva anche una buona notizia, capitan Baresi, infortunatosi al menisco contro la Norvegia, nella fase a gironi, ha recuperato a tempo di record e dopo soli 25 giorni dall’operazione potrà scendere in campo.
Arriva la vigilia della partita Brasile-Italia. Arrigo Sacchi, commissario tecnico della nazionale italiana, sta parlando alla stampa nella classica conferenza prepartita. Il CT è consapevole del fatto che i giornalisti, come del resto tutti gli italiani, da lui vogliono sapere soltanto una cosa: Roberto Baggio sarà disponibile o no per la finale? Sacchi non risponde mai esplicitamente alla domanda sulla disponibilità del fuoriclasse azzurro, ma nel momento in cui arriva ad elencare la formazione titolare che scenderà in campo il giorno seguente, nella sala stampa improvvisamente, e man mano che i nomi degli undici calciatori scorrono verso l’attacco, la tensione inizia fortemente a salire: «Pagliuca in porta, Benarrivo, Maldini, Baresi e Mussi in difesa, poi Berti, Albertini, Dino Baggio e Donadoni – breve pausa da parte del CT e intenso fervore tra i giornalisti – Roberto Baggio e Massaro.»
Baggio ci sarà, così come Baresi. Col ritorno del suo vero capo in difesa e la presenza rassicurante del suo giocatore più forte, l’Italia può ora lanciarsi all’assalto del Brasile ad armi pari.
Sono le ore 12:30 (le 21:30 italiane) del 17 luglio 1994. Nel caldo asfissiante dello stadio Rose Bowl di Pasadena, davanti a 92mila spettatori, l’arbitro ungherese Sandor Puhl fischia l’inizio del match. Nei 120’ di gioco il risultato non si sblocca, il Brasile ha giocato meglio dell’Italia ma penetrare la super retroguardia azzurra è stato impossibile anche per il duo verdeoro Bebeto–Romario, i supplementari terminano 0-0. I giocatori di entrambe le squadre sono sfiniti ma sono soprattutto gli italiani, colpiti da crampi, ad aver subito maggiormente il bollente luglio californiano. Saranno quindi i sudamericani ad affrontare con più freschezza, fisica e mentale, la lotteria degli undici metri.
Per la prima volta nella storia, inoltre, un titolo di campioni del mondo sarà deciso ai calci di rigore, l’atmosfera si è fatta decisamente soffocante.
Sacchi, perfezionista quel è, ha già chiaro in mente i nomi dei cinque rigoristi azzurri e li comunica dittatorialmente alla squadra: «Baresi, Albertini, Evani, Massaro e Roberto Baggio.» I prescelti annuiscono e si dirigono verso la metà campo. I due capitani vengono chiamati in disparte dall’arbitro per scegliere chi delle due squadre inizierà la sequenza dei rigori, toccherà a noi.
Si parte. Baresi si incammina verso il dischetto, osserva Taffarel, breve rincorsa centrale e palla alta sopra la traversa alla destra portiere. Il milanista si accascia a terra e si dispera per l’errore. Cominciamo male. Il primo rigorista brasiliano è Marcio Santos, piattone destro ad incrociare ma Pagliuca intercetta il tiro. La serie ritorna in parità. Alla realizzazione di Albertini risponde Romario. A quella di Evani replica Branco. Dopo tre rigori a testa la situazione di stallo permane. Il quarto rigorista azzurro è Massaro che viola la porta verdeoro con una gran botta centrale. Tocca adesso all’ex giocatore di Pisa, Fiorentina e Pescara, nonché capitano della Seleção, Carlos Dunga. Il centrocampista sembra essere nervoso, parte con una lunga rincorsa e spedisce la palla in curva. I tifosi italiani presenti allo stadio si ammutoliscono al pari di quelli brasiliani ma per emozioni diverse. Se Baggio segna siamo campioni del mondo. I quaranta metri che separano il centrocampo dall’area di rigore che il Divin Codino si appresta ora a percorrere sembrano diventati chilometri. Il tempo inizia a scorrere lentamente e il batticuore sale. Baggio stringe la palla tra le mani, la bacia e la posiziona sul dischetto. L’arbitro fischia, il giocatore parte con la rincorsa, uno, due, tre passettini prima dell’impatto con il pallone, tiro perfetto sotto l’incrocio dei pali. «È finita, siamo campioni del mondo!» urla Bruno Pizzul alle televisioni di tutta Italia. Gli italiani esplodono di gioia e iniziano a festeggiare la grande impresa dei ragazzi di mister Sacchi. La Nazionale si è aggiudicata il quarto titolo Mondiale, dopo quelli del 1934, 1938 e 1982.
La nostra narrazione ucronica si conclude qui. Tutti noi da quella lontana estate del ’94 abbiamo almeno una volta immaginato un esito diverso della finale, magari come raccontato sopra. Purtroppo, non è andata così ma esattamente dodici anni dopo possiamo dire che abbiamo avuto la nostra rivincita, non contro il Brasile ma contro i calci di rigore, un vero e proprio incubo per gli azzurri.
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