Calcio
TOP 11: Calciatori di colore che hanno fatto la storia – 11 Mar
Prima di iniziare due doverose specificazioni:
A) E’ evidente che non servirebbe un articolo per sottolineare quanto sia stupido il razzismo, a maggior ragione nel 2013, in una società multietnica come quella in cui viviamo. Purtroppo però questi episodi si ripetono, per cui questo post vuole sottolineare una volta di più che molti dei protagonisti dello sport che amiamo sono e sono stati di colore
B) La “classifica” di per sé non è nemmeno una classifica ed è oltretutto assai personale; chiaro che dimenticherò qualcuno ma come sempre scriverò di getto, come mi viene.
E ora via con 11 uomini che, se mai ce ne fosse bisogno, dovrebbero far capire ancora di più quanto sia stupido il razzismo. Si parla di campioni, di persone di colore, ma soprattutto di uomini. Uomini veri.
#11 – DJALMA SANTOS
Soprannominato “Muralha” (“La Muraglia”) dal famoso scrittore di calcio Eduardo Galeano, Djalma Santos era un terzino piccolo ma solido e potente, fortissimo sull’uomo grazie alla rapidità nel breve che lo contraddistingueva, ma valido anche in fase offensiva, visto che come molti brasiliani era dotato di una tecnica sopraffina, non comune ai difensori.
Con la Nazionale entrò nella leggenda insieme al collega di reparto, Nilton Santos (“L’Enciclopedia del Calcio”), e vinse due Mondiali (1958 e 1962) prima di ritirarsi. Negli anni ’80 aprì una scuola calcio in Italia dove insegnò ai bambini la cosa che riteneva più importante per sfondare nel calcio: giocare divertendosi.
#10 – Roger MILLA
Roger Milla è uno dei calciatori più importanti della storia del calcio per diversi motivi, ma soprattutto è noto per la sua incredibile longevità: ha infatti giocato nella Nazionale del Camerun per ben 16 anni, partecipando a 3 Mondiali nell’ultimo dei quali (USA ’94) scese in campo e segnò persino una rete a 42 anni compiuti, stabilendo il record sia per il giocatore più anziano ad aver mai giocato un Mondiale sia per il più anziano ad avervi segnato.
#09 – EUSEBIO da Silva Ferreira
Fu proposto giovanissimo a diverse squadre italiane, ma nessuno da noi vide in quel giovane e sinuoso centravanti le stimmate di un campione: male per noi, visto che il Benfica lo ingaggiò e poco tempo dopo la stella della “Pantera Nera” esplose in tutto il suo splendore. Fu grazie a Eusébio che il Benfica vinse la seconda Coppa dei Campioni della sua storia (1962) e sempre grazie a lui il Portogallo fu la rivelazione ai Mondiali inglesi del 1966, cogliendo un terzo posto storico e arrendendosi solamente in semifinale ai futuri campioni dell’Inghilterra; nel primo caso segnò una doppietta nella finale contro il Real Madrid, nell’altro fu addirittura il capocannoniere del torneo con 9 reti totali. Prima di un ricco declino nell’allora nascente campionato americano (dove comunque conquisto il titolo NASL con Toronto) mise insieme i seguenti trofei: 11 campionati portoghesi (di cui 5 consecutivi), 1 Coppa dei Campioni, 5 Coppe di Portogallo. Fu inoltre Pallone d’Oro nel 1965, capocannoniere ai Mondiali nel 1966, 2 volte Scarpa d’Oro e ben 7 volte capocannoniere del campionato portoghese. Eusébio dal Mozambico fu dunque un campione, ma anche il primo calciatore africano ad essere conosciuto, temuto e tifato universalmente.
#08 – Arthur WARTHON
Quando il calcio era agli albori, l’Inghilterra era la terra di questo sport: qui il calcio nacque per come lo conosciamo adesso, qui sorsero le prime leggende e le prime storie.
Nato in Ghana, figlio di una donna locale e di un diplomatico metà scozzese e metà grenadiano, arrivò in Inghilterra per occuparsi di religione ma presto abbandonò tale proposito per unirsi al nascente movimento calcistico. Praticò molti sport, in diversi eccelse, e nel calcio giocò come portiere (a volte, vista la sua rapidità, come ala) per più di 15 stagioni, pur senza vincere alcun trofeo né arrivare in Nazionale.
Fu un eccellente corridore, ciclista e giocatore di cricket, ma fu soprattutto un simbolo del calcio contro le barriere della razza, tanto che dal 2012 una piccola statua che lo rappresenta è visibile a tutti nel quartier generale della FIFA.
#07 – Vivian “Viv” ANDERSON
Viv Anderson è stato il primo calciatore di colore a giocare nella Nazionale Inglese: accadde una sera di novembre del 1978, un’amichevole contro la Cecoslovacchia con Ron Greenwood in panchina, e fu la prima di 30 gare disputate con la maglia dei “Leoni di Sua Maestà” per questo possente difensore colored, che si era messo in luce con il Nottingham Forest dei miracoli di Brian Clough. Anderson in seguito passò all’Arsenal, dove offrì prestazioni di buon livello pur se con qualche giornata no (come ricorda Nick Hornby nel suo libro “Febbre a 90°”) per poi finire al Manchester United dell’allora appena insediatosi Alex Ferguson, dove contribuì a gettare le basi di quella che nel giro di un ventennio diventerà la squadra più importante d’Inghilterra vincendo una FA Cup, una Supercoppa e una Coppa delle Coppe; trofei che vanno ad aggiungersi alle due Coppe dei Campioni, le due Coppe di Lega ed il Campionato Inglese vinto con il Nottingham Forest, mentre con la Nazionale ha partecipato a due Mondiali. Termina la carriera tardissimo, prova ad allenare ma non è cosa per lui, tuttavia non molla il Football: attualmente si occupa della gestione del Museo Calcistico Nazionale di Londra.
#06 – José Leandro ANDRADE
Chi lo ha visto giocare racconta di un calciatore incredibile, mai più visto su un campo di calcio: centromediano di classe e sostanza, era in ogni zona del campo e, come furioso recuperava il pallone, ecco che un secondo dopo, con eleganza impostava il contrattacco.
#05 – John BARNES
“Giocatori come Barnes arrivano una volta nella vita” disse di lui Tom Finney, leggenda del calcio inglese. “Molti dicono che è il Best nero, ed io dico che può essere”, aggiunse George Best.
Ala elegante e funambolica, esplose nel Watford prima di passare ai Reds, un amore lungo dieci anni e ripagato dai tifosi che per lui coniarono canti e cori. Giocò nella Nazionale Inglese dove purtroppo non riuscì a ripetere spesso le sontuose prestazioni che offriva in campo nazionale.
Tuttavia è considerato uno dei calciatori più importanti della fine del XX secolo, tanto che gli fu persino dedicato un videogioco. Fuori dal campo fu un esempio, prendendo parte a molti funerali dei tifosi morti nella “tragedia di Hillsborough” e arrivando a rinunciare, per questi impegni, anche a una convocazione in Nazionale.
John Barnes è stato un grandissimo uomo e anche un grandissimo calciatore. Di lui il compagno di club e Nazionale Peter Beardsley ha detto: “E’ stato sicuramente il più grande calciatore con cui ho giocato. Anzi, per tre o quattro anni è probabile che John sia stato il miglior giocatore del mondo”. In carriera ha vinto 2 Campionati, due Coppe d’Inghilterra, una Coppa di Lega e due Supercoppe inglesi. Campione dentro e fuori dal campo.
#04 – Mario BALOTELLI
A soli 23 anni Mario Balotelli è un’icona calcistica e mediatica. Ha vinto una Champions League, seppur da comprimario (ma appena maggiorenne e in mezzo a numerosi campionissimi) con l’Inter, un suo assist è stato decisivo nell’assegnare la vittoria del campionato al Manchester City dopo decenni e tornato in Italia ha trascinato a suon di gol il Milan in una fantastica rimonta culminata con un insperato terzo posto che ha voluto dire qualificazione in Champions League per i rossoneri.
E’ un giocatore dai mezzi tecnici e fisici illimitati, certamente ancora da sgrezzare caratterialmente ma con un potenziale così immenso ed un carattere così determinato che assai difficilmente si rassegnerà ad essere una meteora nella storia del calcio. Anzi, Balotelli la storia del calcio vuole scriverla. Forse da questo deriva il suo carattere, così duro e privo di compromessi, quell’arroganza di chi sa che, se vuole, può spaccare il mondo. Questo giocatore, che sembra nato per dividere – o lo ami o lo odi, o sei con lui o sei contro di lui – potrebbe presto però diventare un simbolo di unione: il simbolo di un Paese finalmente multirazziale.
#03 – Clarence SEEDORF
Essere l’unico calciatore nella storia capace di vincere 4 Champions League con 3 diversi club. Essere nella storia tra i giocatori con più presenze in Europa. E a 37 anni essere il miglior giocatore del campionato brasiliano, sospingendo una squadra mediocre come il Botafogo in testa alla classifica, incantando il pubblico carioca.
Clarence Seedorf è stato uno dei calciatori più vincenti della storia del calcio: ha conquistato 5 campionati (2 con l’Ajax in Olanda, 1 con il Real Madrid in Spagna e 2 con il Milan in Italia), 5 Supercoppe e 2 Coppe Nazionali (con Ajax e Milan) oltre a 4 Champions League (Ajax, Real Madrid e due volte con il Milan) e sempre da protagonista. A 37 anni ha sfiorato il titolo in Brasile risultando il miglior giocatore del torneo, quindi è tornato in Italia al capezzale del “suo” Milan, in veste da allenatore, mostrando subito personalità e carisma.
Per uno come Seedorf, il cielo è il ilmite.
Forse.
#02 – George WEAH
Uno dei più forti calciatori africani che la storia ricordi, per molti il più forte di sempre. George Weah è stato un attaccante completo e micidiale, idolo dei tifosi del Milan ma rispettato da ogni tifoso e temuto in ogni campo visitato. Esploso in Francia, prima al Monaco e poi al Paris Saint-Germain, Weah arrivò al Milan con buone credenziali ma stupì tutti, rivelandosi molto migliore di quello che già ci si aspettava: in gol subito all’esordio, capace di fare reparto da solo e di unire potenza e velocità, fu autore di un gol da urlo contro il Verona quando prese palla nella sua area e si involò con una progressione impressionante verso la porta rivale facendo fuori ben sette avversari prima di depositare il pallone in rete. Con il Milan conquista due scudetti ed il Pallone d’Oro 1995, primo – e per ora unico – africano “puro” (l’altro fu Eusébio, ma era considerato a tutti gli effetti un cittadino portoghese) a ricevere questo importante riconoscimento. Per la Nazionale della Liberia, manco a dirlo, fu un icona: leader, capitano, allenatore in campo e spesso anche finanziatore, giostrava da libero in difesa per via della sua esperienza internazionale. Esploso relativamente tardi, lasciò il Milan a 34 anni per un rapido declino consumatosi prima in Inghilterra e Francia e poi nel modesto campionato Indiano. Pochi anni da Re, dunque, ma in quelle stagioni George Weah è stato sicuramente il miglior attaccante in circolazione ed ha lasciato un ricordo indelebile in ogni fan.
Nel mondo del calcio sovente assistiamo al dibattito su chi sia stato il miglior calciatore della storia, e spesso la lotta si riduce a due nomi, quello di Maradona e quello di Pelé. Per chi lo ha visto giocare però la lotta si riduce ad un solo nome, ed è quello di Edson Arantes do Nascimiento. Pelé, appunto, il giocatore che più di chiunque altro simboleggia il calcio ed il ruolo di campione totale.
Pelé ha giocato per quasi l’intera carriera nel Santos ed ha realizzato 1281 reti in 1363 partite. Ha vinto tre Mondiali ed è stato dichiarato nel 1962 “patrimonio nazionale” dal Governo brasiliano per evitare ogni rischio di possibile cessione all’estero. Ha segnato sei “cinquine”, una trentina di “quaterne” e novantadue “triplette”, inoltre in un incontro (avversario il Botafogo) segnò ben otto reti nell’11 a 0 con cui si concluse l’incontro.
Pelé, “O Rei”, è stato un personaggio che è andato ben al di là del calcio: durante una tournee amichevole in Colombia, ad esempio, l’arbitro lo espulse ed il pubblico andò così fuori di testa che lo costrinse a rientrare in campo. Fazioni in guerra per il dominio della Nigeria stabilirono una tregua per andare a vederlo giocare. Volò in America, dove fu l’icona del primo tentativo di calcio made in USA, che con il suo ritiro naufragò ovviamente in brevissimo tempo. Insomma, Pelé non è stato un calciatore, bensì il calcio, l’essenza stessa di questo sport: corretto, leale, forte in campo nazionale ed internazionale, carismatico, un leader, un finalizzatore senza eguali ed un eccezionale assist-man. Potente, velocissimo, acrobatico, abile in ogni fondamentale al punto da rendere facile quello che per molti era impossibile. La perla nera, il Re del calcio.
Emblematiche le parole dell’ambasciatore brasiliano presso l’ONU nel momento del ritiro:“Pelé ha giocato a calcio per ventidue anni e durante quel periodo ha promosso l’amicizia e la fraternità mondiali più di qualunque ambasciatore.”
Uno dei tanti motivi per capire quanto sia stupido fare ancora oggi questioni di pelle.
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