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TRIPLICE FISCHIO SERIE A – Questione di mentalità: trovata da Lazio e Inter, quasi raggiunta da Milan e Napoli, da ricercare per la Juventus

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Spesso la conclusione di un film è inaspettata, simile sembra ciò che potrebbe succedere in questo campionato più combattuto che mai. La noiosità accumulatasi negli ultimi 8 anni – per meriti della Juventus e demeriti delle altre – sembra essere arrivata ad un punto morto. Questa volta il trand si rovescia, perchè i demeriti sono della squadra di Maurizio Sarri e i meriti appartengono a Lazio e Inter. Partiamo da quest’ultima.

C’è chi ora, da buon tifoso medio, contesta la squadra di Antonio Conte per la sconfitta esterna di Roma. C’è un problema, perchè la squadra a luglio non si aspettava (forse) di certo essere a -3 dalla capolista, e ovviamente ora le aspettative si sono alzate. I nerazzurri non sono una macchina perfetta, basti pensare ad un Lautaro Martinez inceppatosi domenica sera di fronte alla muraglia biancoceleste; ciò che ha fatto arrivare l’Inter così in alto è stato il cambio di mentalità, perchè con Conte l’imperfezione riesce a convivere con la forza di volontà. Basta prendere un Ashley Young qualsiasi, arrivato dallo United con l’etichetta – errata – di “scarto”: in poche settimane si è preso le chiavi della fascia dell’Inter e ora, tra gol e buone prestazioni, è imprescindibile per il gioco della squadra. Si arriva poi al punto cruciale di ogni discussione attuale: Christian Eriksen. Arrivato, a differenza del difensore, con l’etichetta del campione, è percepibile ora notare la delusione del 95% dei tifosi. Il problema ha un termine preciso: adattamento. Cosa ci si poteva aspettare da un calciatore, seppur affermato, ma comunque arrivato in un campionato distante dalla Premier? I moralisti diranno “Ma perchè, Young da dove arriva?” Risposta: il campionato è lo stesso, ma la differente posizione dei due in mezzo al campo è un fattore determinante. All’arrivo del danese a Milano i più romantici andarono subito indietro nel tempo fino ad arrivare a Wesley Sneijder, autentica sorpresa appena sbarcato sotto la Madonnina, per mettere in piedi un paragone che non poteva avere delle fondamenta stabili. I due sono estremamente lontani, anche se quasi nessuno vuole capirlo. C’è solo bisogno di aspettare, perchè un calciatore così forte come Eriksen esploderà per forza.

Dal Duomo al Colosseo, da Conte a Simone Inzaghi, dall’Inter alla Lazio. Qui il discorso è diverso, perchè una squadra che ad inizio stagione aveva come obiettivo principe la Champions si ritrova adesso ad un punto dall’Eden. Inzaghi lo ha confermato, i calciatori non sono abbastanza tranquilli in questo momento perchè sanno che l’asticella si è alzata. Paradossale notare come si sia arrivati a questo punto: i tifosi laziali dovrebbero andare in massa a casa di Bielsa per dirgli “grazie”, dato che a causa di quell’arrivo mancato del Loco si è arrivati a tutto ciò. Chiamatelo errore di programmazione, chiamatelo destino, come volete. La squadra è pulita in campo, ha tante soluzioni e la stanchezza degli interpreti sembra essere qualcosa di superabile. Inzaghi è un ottimo direttore di orchestra, e la sua banda suona a meraviglia: è proprio vero che quando sei in una famiglia basta lavorare bene e tutti uniti per creare qualcosa di memorabile. Domenica sera una vittoria frutto di una mentalità acquisità, un’identità forte che ora è riconoscibile da tutti. Come quella che ha riacquisito Sergej Milinkovic-Savic, vero protagonista della vittoria di domenica: un gol, una traversa, due o più sombreri, tanta tecnica e qualità. Il sergente è tornato sergente, ora Claudio Lotito potrebbe chiedere anche di più di 100 milioni di euro per avere il suo gioiellino. Senza dimenticare gli altri, perchè da Thomas Strakosha a Ciro Immobile questa famiglia è davvero al completo. Collaborazione, parole chiave per capire il momento della Lazio. Che ora deve crederci, perchè lì non sta per caso e ora ha il merito di continuare a lottare. Il posto Champions è al sicuro, ora è doveroso ambire a qualcosa in più.

L’ultimo elemento di questa triade è la Juventus: la vittoria contro il Brescia è servita solamente per i 3 punti, perchè se ci si aspettava il bel gioco ecco che la delusione non si schioda dai volti dei tifosi bianconeri. Il Sarrismo sembra, almeno per ora (o forse per sempre), qualcosa di non applicabile alla macchina targata Juve. Per buona pace dei pro-Sarri e dei contro-Allegri, festosi appena divenuto ufficiale il divorzio tra Max e Madama. E ora? Che si ricordi una cosa, Allegri diceva sempre che tra il bel gioco e il risultato passa un filo sottilissimo ma determinante. I dibattiti tra risultato e gioco potrebbero durare all’infinito, ma alla fine inconsciamente tutti sanno che conta solo la vittoria finale. Puoi giocare bene quanto vuoi, puoi mettere in atto un tiki-taka degno di Pep Guardiola, ma qui tornano di moda le parole del grande Vujadin Boskov: “Squadra che vince scudetto è quella che ha fatto più punti.” Sicuramente questo gruppo ha un’anima diversa dal Napoli di Sarri, gli individui superano la collettività partenopea che grande aveva fatto diventare l’ex bancario toscano. C’è un altro aspetto da analizzare: sotto l’ombra del Vesuvio, almeno inizialmente, il Napoli poteva permettersi una leggerezza di gioco che aiutava tutti nella messa in atto del Sarrismo. A Torino tempo di esperimenti non ce n’è: si deve vincere, oppure hai fallito. Tutto il resto sono chiacchiere che si porta via il vento. Un appello anche ai tifosi: non servono i fischi, ora. Primi in campionato, agli ottavi di Champions e a un passo dalla finale di Coppa Italia: questi tre traguardi erano quelli programmati a inizio stagione, quindi fischiare adesso sarebbe di un’incoerenza pazzesca.

Il tema di oggi è quello della mentalità: vincente per qualche squadra, perdente per altre. Pian piano la stanno acquisendo anche Napoli e Milan. Gennaro Gattuso, arrivato in punta di piedi, sta prendendo le redini del suo destriero proprio studiando e correggendo gli errori mentali dei suoi uomini. Poi il passo è breve: da una mentalità acquisita si arriva per forza di cose anche ad un gioco degno di una grande squadra. I calciatori seguono l’allenatore e ciò si nota in campo, frutto anche di alcuni interpreti ritrovati e altri a cui serve ancora un pò di tempo. Il posto in classifica sta migliorando e l’Europa non è più distante anni luce, bisogna credere ora in qualcosa che fino a poco tempo fa era inauspicabile. Stesso discorso per il Milan di Stefano Pioli, che ora riesce a vincere le partite anche 1-0 (come la Juve ai tempi di Allegri), soffrendo fino all’ultimo e tenendo tra i denti risultati preziosi. Effetto Pioli, forse più effetto Zlatan Ibrahimovic. Quando Ibra è in campo è come se l’intera squadra sentisse il bisogno di giocare bene per sentirsi all’altezza dell”onnipotente svedese. Ante Rebic ne è la prova principale: oggetto misterioso con Marco Giampaolo, protagonista assoluto con Pioli. Non solo lui, perchè anche un Samu Castillejo qualsiasi sta tornando un calciatore. La doppia cura Ibra-Pioli sta ossigenando il Diavolo. Ma forse anche la cessione di Suso, no?

Lasciare un punto interrogativo è facile, perchè lanci la bomba, divertente e apre a molteplici dibattiti, concludere un discorso così complesso è leggermente più complicato. Tema di oggi: mentalità, quella acquisita da Lazio e Inter, quella che stanno acquisendo Napoli e Milan e quella che deve ritrovare la Juventus. Tempo al tempo, al 18 febbraio questi inaspettati piani di programmazione ci stanno riconsegnando un campionato più avvincente che mai. Un ultimo appello, questa volta ai tifosi interisti: Eriksen si sbloccherà, state tranquilli.

Alla prossima.

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