Calcio
Tutto calcio che Cola #07: Scommesse vinte e delusioni. Tutti possiamo sbagliare… – 07 mag
All’alba della Serie A 2013/14, esattamente il 10 settembre 2013, avevo scritto un articolo dove pronosticavo la mia personale “Top 11” dei giocatori più attesi del campionato. Adesso che il campionato sta per concludersi e ogni appassionato scalda già i motori in vista del Mondiale in Brasile, è giunto il momento di guardarmi indietro e vedere cosa hanno combinato quelli che avevo pronosticato come sicuri protagonisti del campionato.
Su qualcuno, prevedibilmente, ci ho dato. Su qualcun’altro, altrettanto prevedibilmente, no. Vediamo chi e come.
Al numero 11 avevo messo Paul Pogba: che dire, scommessa direi stravinta. Scommessa facile, in effetti, anche se non è che sia una cosa da poco panchinare uno come Marchisio. Il giovane talento francese si è imposto titolare nella squadra più forte d’Italia, ha giocato quasi sempre segnando 7 reti e mettendo anche numerosi assist. Soprattutto, si è dimostrato giocatore completo, di spada e di fioretto. Talmente bravo che è possibile che già a settembre calcherà altri palcoscenici, più ricchi se non più prestigiosi.
Al numero 10 c’era Antonio Di Natale, a cui avevo legato il destino della stagione dell’intera Udinese. A lui e a Muriel, a dire la verità: “E certo, molto dipenderà anche dal suo partner d’attacco Muriel, da cui ci si aspetta una piena esplosione, ma se l’Udinese vuole fare come sempre la sua figura i tifosi friulani sanno che bisognerà aggrapparsi ancora una volta al loro unico acclamato ‘top player’.”
La stagione dell’Udinese è stata mediocre, così come quella di Totò, autore di “appena” 10 reti: un buon punteggio, ma non per uno come lui. L’età è alta, e pare essersene accorto anche lui, dato che pare che questa sia stata l’ultima stagione per il bomber dei friulani. Scommessa persa, non di molto però.
Numero 9: Daniele De Rossi. Che veniva da un paio di stagioni mica tanto memorabili. Con Luis Enrique c’era feeling ma la squadra non convinceva, con Zeman è mancato pure il feeling. Era chiamato, ‘Capitan Futuro’, ad un pronto riscatto anche in vista Nazionale: bene, il rilancio c’è stato. De Rossi è tornato se stesso ed è stato uno dei protagonisti della splendida Roma di Rudi Garcia. Forse il meno splendente tra la classe di Pjanic, i dribbling di Gervinho e i gol di Destro e Totti, tuttavia utile come pochi ad agire da collante, stoppare e ripartire. Scommessa vinta, e ne sono molto felice.
All’ottavo posto avevo messo Diego Milito: un po perché la mia fiducia in Mauro Icardi non era poi estrema (e con il senno di poi ho sbagliato ma non così tanto) e un po perché ero convinto che dopo il lungo infortunio avrebbe voluto rifarsi. Mazzarri ci ha puntato, poi è arrivato subito un nuovo stop fisico: al ritorno in campo si è capito che non era cosa, pure se le alternative hanno stentato ad imporsi. “El Principe” è apparso un ormai ex-giocatore, pronto per chiudere la carriera in Argentina, pallida ombra del campione che fu. Peccato, per l’Inter, per lui e anche per me: al Fantacalcio ci avevo puntato molto. Scommessa persa a 360°, dunque.
Settimo posto per Kakà: che in molti davano per bollito ma che io credevo in possesso ancora di qualche cartuccia da sparare. Non mi sbagliavo di molto, secondo me la stagione di Ricky è stata superiore alle aspettative di tanti, e certo non è tornato per rubare lo stipendio. Peccato sia capitato in uno dei peggiori Milan dell’era Berlusconi. La classe c’è sempre, ma le gambe non bastano a fare la differenza in una squadra mediocre. Scommessa persa, dunque, anche se stavolta sono convinto che non sia tanto per colpa sua.
Miroslav Klose occupava il sesto posto: “sarà decisivo per la sua squadra: oltre a tutte le sue note qualità, stavolta dovrà anche mostrare una condizione fisica superba, in modo da non lasciare la truppa di Petkovic senza un centravanti di ruolo. Insomma, come prima e anzi più di prima, il destino della Lazio è legato alla forma del suo bomber tedesco.”
Che dire? Gli infortuni lo hanno tormentato come sempre, lui non è sembrato sbattersi poi così tanto e per fortuna che alla Lazio i gol li ha forniti Candreva, visto che ‘Miro’ è parso pure poco ispirato. Scommessa persa.
Mario Gomez, il super-bomber tedesco della Fiorentina, stazionava al quinto posto: diciamolo subito, scommessa persa, ovviamente non per colpa sua. La Serie A ha appena intravisto ciò di cui è capace, i Viola non hanno mai potuto contare su di lui. 7 gare, 2 gol, con buona pace di chi aveva investito milioni (e ‘fanta-milioni’) su di lui. Un vero peccato, un protagonista mancato che speriamo di vedere in piena forma nella prossima stagione.
Al quarto posto un giocatore, sempre della Fiorentina, che insieme a Gomez avrebbe fatto faville. Giuseppe Rossi, che ritrovatosi senza spalla ha capito che doveva fare tutto da se e lo ha fatto alla grande. A gennaio erano 14 le reti in campionato, era capocannoniere. Solo un infortunio, l’ennesimo in carriera, lo ha fermato, e proprio sul più bello. Tuttavia si può parlare di scommessa vinta in questo caso, visto che quando ha giocato lo ha fatto così bene che nel momento in cui scrivo non solo Firenze ma più o meno tutta Italia ne attende il pieno recupero. Destinazione Mondiali.
Siamo in zona podio: numero tre, Gonzalo Higuaìn. “Logico pensare che non vedremo un altro Cavani, ma un calciatore diverso che avrà bisogno di essere assistito diversamente dai compagni. Quell’esperto lupo di mare di Benitez lo ha già capito, i tifosi forse lo capiranno con il tempo, ma una cosa è certa: un bomber, senza gol, non convince nessuno. Viceversa, se Gonzalo dimostrerà di saper fare quello che ha sempre fatto finora in carriera, nessuno ricorderà più Cavani, soprattutto se il Napoli riuscirà a fare meglio di quanto fatto con l’uruguaiano in campo.”
Beh, segnare ha segnato, Higuaìn. Meno di Cavani ma giocando non da unico terminale offensivo, anzi dividendosi i gol con i vari Callejon e Mertens. Al momento in cui scrivo comunque 17 reti non rappresentano un bottino da buttare via, specie considerando che il contributo di Hamsik in rifinitura è stato quasi nullo. Certo, nonostante i gol il Napoli non ha fatto il salto di qualità auspicato da De Laurentiis, ma il bomber la sua parte l’ha fatta.
Forse prevedibilmente, ma scommessa vinta.
Numero due per Carlos Tévez. Se ne era dette tante sull’Apace, ed era difficile immaginare cosa avrebbe potuto dare un giocatore che veniva da anni di scarso utilizzo e diatribe con i vari allenatori. Avevo auspicato un intesa, visti i caratteri simili, con Conte, e ci ho indovinato. Tévez è stato il valore aggiunto di una squadra fortissima che prima di lui vinceva senza attacco e con lui (e Llorente, non dimentichiamolo) ha scoperto che certe punte possono dare una mano in copertura ma anche segnare.
A grappoli, 19 reti per uno che non è nemmeno punta centrale sono tanti gol davvero. La maglia numero 10 di Del Piero è stata indossata più che degnamente, peccato per la stecca in Champions ma lì è stata tutta la squadra a deludere. In ogni caso Tévez è uno dei più forti e completi calciatori della A, e rappresenta perfettamente la Juventus di Conte, composta in egual misura da classe e grinta. Scommessa vinta.
Al numero uno avevo messo Mario Balotelli. Auspicavo per lui, alla prima stagione intera da stella assoluta della squadra, la consacrazione di un potenziale talento che è oggettivamente infinito. ‘Da grandi poteri derivano grandi responsabilità’, però, è una frase che evidentemente Super Mario non ha mai sentito. Ha segnato, si. E a volte ha anche mostrato lampi di classe e personalità notevoli. Eppure, nella stagione disgraziata del team di Allegri prima e di Seedorf poi, non ha saputo essere leader, cambiare l’andamento delle cose, prendersi la squadra sulle spalle. Tutte enormi responsabilità per un ragazzo di 23 anni, ma se ti chiami Mario Balotelli, e sei spaccone e super pagato, è logico che la gente si aspetti molto da te. A tutt’oggi questo giocatore è un mistero: può diventare grandissimo o finire a fare il fenomeno di provincia, dipende tutto da lui. Così scrivevo a settembre: “Sta a lui, e solo a lui, decidere se a 23 anni è giunto il momento di diventare un vero campione capace di unire tutti piuttosto che rimanere un fenomeno a sprazzi capace di riempire i giornali ma non il cuore degli appassionati di calcio. Io ci scommetto.” Scommessa, per ora, persa.
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