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Tutto calcio che Cola #08: Il rispetto delle regole va oltre il “rosicare” – 14 mag

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In un paese come il nostro, che dopo più di trent’anni non riesce ancora a stabilire chi fu responsabile della strage di Ustica, pare naturale che non si possa esprimere un giudizio del tutto certo su quel che accadde nell’estate del 2006 in quello che il calcio italiano ha mandato alla storia come “Calciopoli”. Ovviamente il paragone tra i due episodi è forte, senza dubbio inopportuno, ma rende al meglio l’idea di come se le grandi cose sono destinate a rimanere ammantate in teorie senza riscontro figuriamoci quando si parla di quel che alla fine è pallone.
Quel che si sa è che fu individuata una sorta di “cupola”, che secondo l’accusa influenzava il calcio italiano a partire dai trasferimenti fino a determinare chi retrocedeva e chi no, e che a capo di questa organizzazione ci fosse (sempre per l’accusa) Luciano Moggi, allora uomo forte della Juventus che tutto vinceva. Gli anni e i vari gradi di giustizia si sono espressi in maniera non del tutto coerente sulla vicenda, arrivando a dire che Moggi fosse una specie di “padrino” prima e che invece nessun campionato venne alterato poi. Venne fuori che Guido Rossi, all’epoca presidente della giustizia sportiva, aveva affari con l’Inter, sempre sconfitta dai bianconeri negli anni precedenti e che di “Calciopoli” indubbiamente approfittò, prendendo i migliori giocatori della Juventus pigliatutto e da lì costruendo la squadra che poi, nel 2010, avrebbe conquistato il famoso “triplete”. Insomma, la storia è lunga e ne esistono varie versioni che non è mia intenzione indagare: personalmente posso anche pensare che quella Juve, quella di Capello per intenderci, fosse effettivamente la squadra più forte del lotto e che per vincere di aiuto non avesse bisogno, tuttavia questo non significa che niente è mai successo e anzi, semmai a rubare erano gli altri.

L’esasperazione, l’estremismo. In Italia non si vive d’altro. Lo si fa in politica, lo si fa sulla religione, lo si fa sulle questioni etiche più fondamentali. Difficile sperare che il calcio ne rimanga al di fuori. Così, fondamentalmente, si va dall’estremo di chi – non juventino – pensa che cento anni di storia della squadra più titolata d’Italia siano sempre stati una ruberia a chi – juventino – considera la sua squadra immacolata e pura. Sempre. Anzi, semmai sono gli altri. Si arriva a disconoscere i numeri ufficiali di una Lega cui volente o nolente dovresti attenerti – oppure non farne parte.
Fateci caso, nei giorni della festa di uno Scudetto strameritato da Conte e i suoi. 30? 32? Giornali fondamentalisti come “Tuttosport”, ovviamente, cavalcano il sentimento dei tifosi. Sono 32, fine della questione. Ma anche giornali più quotati si trovano in imbarazzo, preferendo alla fine non esprimersi: non sia mai che poi l’Italia bianconera gli accusi di essere anti-juventini al soldo di Tohir o chissà chi altro. Intanto gli Agnelli festeggiavano la terza stella quando non era ufficiale e ora che lo è la rifiutano. Logico, no? Intanto capita che può accadere, in assoluta buona fede, che un arbitro si sbagli a favore della Juve e nessuno deve dir nulla. Altrimenti è un rosicone, un anti-juventino. Così come, a onor del vero, dalla parte opposta si levano i cori del tipo “i soliti ladri”, che senza dubbio appartengono a chi non sa riconoscere l’altrui bravura: perché amici, intendiamoci, qualche favore indubbiamente la Juve lo ha – vuoi per blasone, per peso specifico o altro – ma sostenere che ogni volta che un arbitro sbaglia a suo favore lo faccia apposto offende la propria intelligenza.

Questo penso sia il punto di questo mio pensiero odierno: come sia davvero andata ai tempi di Calciopoli non potremo mai saperlo, soprattutto se tutti continueremo a rifiutare le sentenze ufficiali, che alla fine dovrebbero essere la sola cosa “super partes”, e a sputare sentenze manco fossimo principi del foro. Ma per carità, se Berlusconi può dire ad ogni condanna che i giudici “comunisti” lo vogliono far fuori, figuriamoci se Andrea Agnelli non può vedere ovunque chi congiura contro la Juventus o se il tifoso medio interista/romanista/milanista/fiorentino può giurare su cent’anni di furti partendo dalla Juve di Carcamo. Ne è liberissimo, e non sono poi nemmeno tanto ironico sull’argomento. Il punto è che prima o poi questa cosa dovrebbe avere una fine. Si dovrebbe prima o poi arrivare ad un punto dove se la Juventus riceve un evidente aiuto arbitrale qualcuno lo possa far notare senza tirare in ballo un presunto “elenco di furti” che parte dagli anni ’30. Senza però, anche, essere aggredito, spolpato vivo, da chi è juventino e vede nemici e rosiconi ovunque. Sarebbe bello guardare ogni singolo episodio con oggettività. Sarebbe doveroso. 
L’esempio più recente è, ovviamente, la gomitata di Chiellini durante Roma-Juventus, punita dal giudice sportivo con 3 giornate di squalifica ma che non gli ha precluso la chiamata in vista del Mondiale di Brasile: scelta incoerente di Prandelli, per me, ma allo stesso tempo scelta saggia visto che con tutti i suoi difetti il difensore bianconero rimane uno dei migliori che abbiamo, pur se con un modo di giocare del tutto personale e che spesso fuori dai confini della Serie A ha causato qualche guaio.


In ogni caso, è evidente che se è vero che Prandelli non poteva lasciare a casa Chiellini in un Mondiale dove può senza dubbio essere fondamentale alla causa, è altrettanto evidente che si è scelto deliberatamente di ignorare lo sbandieratissimo “codice etico” che in passato era costato l’esclusione di Osvaldo, De Rossi e Destro, per dire i casi che ricordo così a naso. In occasioni, va da se, molto meno importanti di un Mondiale.
E’ così, c’è poco da spiegare sui blocchi in stile basket o sull’interpretazione, il giudice (come detto figura assai poco rispettata, in Italia) ha detto chiaramente la sua sull’episodio. Si è deciso di ignorarlo, ed è pacifica come cosa, basta però ammetterlo. E si badi bene, non sono un anti-juventino rosicone, e fosse successo a chiunque altro si sarebbe detto lo stesso, anche se tristemente penso che queste mie parole non basteranno ad impedire a chi tifa bianconero di ritenermi uno dei tanti invidiosi dei successi altrui. Del resto questo è il messaggio che società e Conte cercano purtroppo di far passare da anni: una Juventus “sola contro tutti”, un tecnico “antipatico perché vince”, e così dal chiedere correttezza di giudizio altrui sulla storia bianconera si è passati alla presunzione di avere sempre ragione e che se qualcuno non la pensa così, in fondo, è solo invidioso.


Vivere il calcio al di la del tifo non è cosa possibile a tutti, me ne rendo conto. E tifare è bello, è il sale del calcio, è ciò che crea miti e leggende, atti di fede, trasferte e quant’altro. In quanto amante del calcio non potrei MAI criticare chi ama una squadra, sarebbe come criticare l’essenza stessa di questo sport che amo. Dico soltanto che l’amore, la fede, non possono essere ciechi, non possono rendere le persone fondamentaliste: chiunque sia ragionevole saprà che i fondamentalismi sono sempre sbagliati, il non porsi mai domande ed il pensarsi sempre e comunque dalla parte della ragione non è sano. Per avere rispettata la tua idea devi prima rispettare quella altrui.
Vale per tutti. Non è sminuire un bel niente, visto che 30 o 32 Scudetti sono sempre molti di più di chiunque altro.
Moggi può anche essere stato condannato sulla base del niente pur essendo semplicemente un dirigente più capace degli altri, ma questo non può voler dire che da allora a “per sempre” nessuno potrà mai più far notare qualcosa che non va che riguardi la Vecchia Signora, se questo la avvantaggia.
Bisogna sforzarsi, semplicemente, di voltare pagina. Tutti. Di stare ai numeri, attendendo che la giustizia faccia il suo corso ed accettandone infine il verdetto quando questo arriverà. E nel frattempo riconoscere pregi e difetti negli avversari e anche nella propria squadra: che se tutti lo facessimo il calcio sarebbe senza alcun dubbio uno sport migliore. Non tutti sono dei rosiconi: chi tifa Bologna, per esempio, sa bene che la sua squadra non vincerà mai lo Scudetto. Perché dovrebbe tifare contro la Juventus?

Se cambiamento sarà, però, ovvio che non potrà partire dalla base, dai tifosi che si informano spesso su siti e/o giornali di parte, che leggono verità scritte in libri di chi non c’era, nelle stanze dei bottoni. Il cambiamento dovrebbe partire dalle dirigenze, dai protagonisti, dai giocatori: una bella riga su quanto successo ormai otto anni fa, un nuovo inizio. Calciopoli non ha mai potuto significare che la Juventus era la sola squadra corrotta in Italia, il male del calcio, una combriccola di ladri. Allo stesso tempo, però, non diventi la scusa per negare l’evidenza quando accade OGGI in nome di presunti torti nel 2006 e di “ma anche Tronchetti Provera però”.
Sforziamoci di capire che il calcio non è una gara, tra tifosi, a chi ce l’ha più lungo. Non può esserlo, altrimenti questo sport finirebbe all’istante, visto che tutti tiferebbero solo per 3 o 4 club. Cambiamo, altrimenti rimarremo sempre qui, a farci le lotte di quartiere, i rinfacci che manco all’asilo, e a leggere quotidiani sportivi che preferiscono non esprimersi sul palmares della squadra che, lo si ammetta o no, è la più importante e vincente nella storia del calcio italiano. Del resto lo dicono gli almanacchi della FIGC, giusto?  

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