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Calcio

Tutto calcio che Cola #12: Siamo tutti CT. O forse no. – 11 Giu

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Edizione particolare: parlerò di varie cose che mi sono lasciato per strada e di cose più recenti legate ovviamente agli imminenti Mondiali in Brasile.

Zeman e Bologna, questo matrimonio non s’ha da fare
Essendo un fan della prima ora del tecnico boemo e del suo modo di intendere il calcio, ovviamente sarò lieto di essere smentito, ma la sensazione che ho al momento è che il maestro del 4-3-3 non siederà sulla panchina del Bologna nel prossimo campionato. Certo la firma dell’amico avvocato Fusco come Direttore dell’Area Tecnica è significativa, ma ho il timore che Guaraldi non si renda conto di come Zeman, pur con tutti i suoi fallimenti passati, rappresenti ancora un lusso per una panchina di Serie B. La storia è nota, “Sdengo” ha chiesto delle seppur minime garanzie economiche, e la società al momento fatica a dargliele. Il tutto mentre la fine di giugno si avvicina e sia il vecchio amore Pescara che il nuovo Cagliari gli si offrono con molta più decisione. Si dice che Zeman vorrebbe il Bologna, che si sia promesso, ma sono dell’idea che accetterà chi gli proporrà un qualcosa che abbia perlomeno la parvenza di un progetto: è noto che le squadre del boemo non si improvvisano, che ama lavorare con un gruppo fatto e finito sin dai primissimi giorni di ritiro, è noto pure che il suo 4-3-3 può essere meraviglioso quando i giocatori sanno esattamente cosa fare in campo ma assolutamente fallimentare quando improvvisato. Una società senza soldi, e che avrebbe anzi il doveroso obbiettivo primario di rivalutare giocatori senza un curriculum importante, dovrebbe puntare tutto e subito su Zeman. Invece per ora il tempo passa e il tecnico sa che non può passarne troppo. Temo che si accaserà a Cagliari, curiosamente la squadra che ne sancì il fallimento nel suo ritorno alla Roma: proprio quel “Roma-bis” insegna che se non tutti remano dalla stessa parte Zeman fallisce. Il problema è: se non Zeman, chi?

Una Serie B più nobile con il ritorno delle bianche casacche
Mica facile ritrovare la B dopo mezzo secolo, perderla nel giro di una stagione
 e poi ritrovarla al primo tentativo. Eppure è quello che è riuscito alla Pro Vercelli, società storica del calcio italiano: i piemontesi vinsero 7 scudetti tra il 1908 ed il 1922, prima che il football diventasse professionistico ed estromettesse piccole realtà locali come quella delle ‘bianche casacche’. Da allora tanto calcio minore, il già citato fugace ritorno in B due stagioni fa e l’immediata retrocessione. Bene, in un calcio come quello attuale, dove grandi realtà storiche stentano ad esistere, è bello il ritorno della Pro Vercelli in B, così come è significativo l’ingresso (pur se all’ultimo tuffo) del Torino in Europa League. Perché stringe il cuore vedere squadre gloriose destinate all’anonimato e nel frattempo subire l’emergere di squadre come il PSG, il Manchester City, pompate dai petro-dollari di arabi che tanto sanno di finanza ma poco di calcio. Non capirò mai come mai chi investe non investa in queste realtà, ma tant’è. Il ritorno in B della Pro nobiliterà l’intera cadetteria, che già può vantare i 7 scudetti del Bologna. E sinceramente era l’ora che la società che fu dei fratelli Milano, di Guido Ara, di Silvio Piola, tornasse nel calcio che conta. Sperando che stavolta duri.

Prandelli, Chiellini e quel Codice Etico da rivedere

Fanno decisamente sorridere le motivazioni addotte dal nostro CT Prandelli sul mancato utilizzo del codice etico nei confronti di Giorgio Chiellini, quasi quanto quegli juventini che accusano chi sottolinea l’incoerenza del CT di essere “anti-juventino”, termine di cui negli ultimi anni si è decisamente abusato e secondo in questa classifica solo al “rosiconi”.
Sinceramente non vedo differenza tra il gesto del difensore bianconero e quello che costò a Destro la mancata convocazione nello stage pre-Mondiale. La verità? Ovvia, questa Nazionale, già così fragile in difesa, non poteva certo prescindere in un appuntamento come il Mondiale dal suo più forte difensore: Chiellini è roccia pura, è carattere, è un Materazzi al cubo ed è impensabile in questo momento storico che non ci regala Nesta e Cannavaro rinunciare a lui. Si è dovuto scegliere tra il Codice Etico ed una buona figura mondiale e si è optato per la seconda, chiaro e limpido. Basterebbe ammetterlo – anche se ovviamente Prandelli non può farlo – e magari rivedere questo Codice Etico, nato per punire le cassanate e le balotellate e che invece si è rivelato un boomerang per la credibilità del CT.
Una balla invece il pensare che Chiellini sia stato graziato in quanto juventino, balla questa si degna di essere definita “da anti-juventino”: Chiellini è stato graziato perché fondamentale, fidatevi. Certo bisogna sperare che limiti un po il suo modo di giocare, che se in Italia lo rende un marcatore spietato fuori dai confini gli ha più volte causato guai. 

I dolori del signor Rossi

Populismo puro e becero anche quello che ha avvolto la mancata convocazione, all’ultimo tuffo, di Giuseppe Rossi. E’ evidente quanto Prandelli stimi l’attaccante viola, e di come non sia certo colpa sua se il rozzo Rinaudo lo ha azzoppato a gennaio costringendolo a saltare tutto il resto del campionato. La Nazionale di Cesare è nata con Rossi punto fermo, è naturale che il CT abbia aspettato fino all’ultimo di vedere un segnale da parte di Pepito che evidentemente non è arrivato, e così lo ha lasciato a casa. Ha fatto bene? Ha fatto male? Ovviamente se ne può parlare, ma è logico che Prandelli abbia scelto – in assoluta buona fede – quel che ha reputato meglio per se e per la Nazionale. Del resto, se Rossi avesse potuto fare la differenza in Brasile davvero si può pensare che non lo avrebbe portato?
La verità è che Giuseppe Rossi, al meglio, è il miglior attaccante azzurro al momento, quello che offre le migliori garanzie tecniche e morali: tuttavia portarlo per utilizzarlo part-time, come molti hanno suggerito, si sarebbe potuto rivelare un boomerang. E’ facile immaginare in quanti, alla prima sconfitta, avrebbero invocato il suo ingresso o recriminato per il suo mancato utilizzo. Prandelli ha comunque portato Cassano per questo utilizzo, mentre Insigne è un nome sicuramente meno importante di Rossi e può quindi tranquillamente sedere in panchina, anche se tecnicamente è assai valido.
Morale della favola: Prandelli ha senz’altro visto Giuseppe Rossi più da vicino di quanti adesso recriminano tirando in ballo addirittura antipatie per la Fiorentina da parte del CT. Lo ha visto e ha deciso che se ne poteva fare a meno. Ha fatto cioè quello per cui viene pagato, fare delle scelte. Giuste o sbagliate solo il tempo ce lo dirà, ma metterne in dubbio la buona fede è assai triste e la dimostrazione che, purtroppo, per parlare di pallone non bisogna necessariamente saperne.

Italia si, Italia no

Più o meno prima di ogni grande manifestazione calcistica l’Italia si spacca sempre in due, e così accade anche stavolta: chi dice che “la squadra fa schifo” e che al massimo pareggerà con il Costa Rica, chi dice che le qualità ci sono per arrivare anche fino in fondo. Guardando le ultime amichevoli, ci sarebbe poco da stare allegri: pari con il Lussemburgo, vittoria “zemaniana” (nei modi e nel punteggio) contro la Fluminense in vacanza. 
Però si sa che quando la gara conta l’Italia quasi sempre si fa trovare pronta, e inoltre si tende a gonfiare oltremisura le nostre rivali: il Costa Rica non può far paura, l’Uruguay è buono ma ha delle lacune, l’Inghilterra da sempre non rende per i campioni che ha, che oltretutto potrebbero patire più di tanti l’afa brasiliana.
A me piace l’idea tattica di Prandelli: Cassano e Balotelli sono lunatici, è vero, ma anche “spensierati” quanto serve per giocare senza nervosismi un Mondiale, e questo potrebbe rivelarsi un arma a favore nostra. La troppa tensione, la troppa responsabilità, spesso finiscono per essere un freno, portano a rinunciare alla giocata più difficile in luogo dell’appoggio facile, causando ingolfamenti che a volte ti rallentano anche contro avversari alla portata. Penso che sia questo che Prandelli vuole evitare, così come penso che in quanto a centrocampo e attacco non siamo inferiori a nessuno. Stentiamo forse un po in difesa, nostro storico punto di forza, ma nemmeno poi così tanto. Poi il Mondiale andrà come andrà, e sinceramente fare pronostici ora non avrebbe senso: per me questa Nazionale può essere capace di tutto e del contrario di tutto, come quella del 2006 e come quella del 2010, che tra l’altro ottennero risultati diametralmente opposti pur essendo di qualità più o meno simile. Perché allora? Perché il calcio, signori, è scienza non esatta, vive di episodi, di momenti, di fortuna persino. Non sempre il migliore vince. E del resto, è anche questa la bellezza di questo sport. 

 

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