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Tutto calcio che Cola #35: Calcio e qualunquismo non devono per forza andare d’accordo – 2 dic

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Ogni volta che affronto l’argomento, capita che qualcuno mi guardi – o mi apostrofi – come uno snob, con frasi del tipo “allora sei mejo te”. Quando va bene. La verità è che non ce la faccio, ho un naturale istinto di risposta quando vedo “l’argomento calcio” ridotto a sterile chiacchiera da bar. 
Istinto naturalmente sbagliato nel Paese dove siamo tutti CT, dove tutti ne capiamo più dei professionisti pagati per farlo e dove, per dirla con Guccini, il qualunquismo “è un’arte”, ben esercitata peraltro – discorso super partes – dalla nostra classe politica nella sua interezza.
Eppure è più forte di me, devo dirlo. Forse perché queste ultime settimane sono quelle in cui sono stati esonerati Mazzarri e Prandelli, e l’Italia di Conte ha “appena pareggiato” con una Croazia sulla carta decisamente superiore. Ma no, a pensarci bene la goccia che ha fatto traboccare il mio personale vaso è stata la polemica relativa ai giocatori della Roma in visita a un night.
Andiamo con ordine.


Walter Mazzarri è stato esonerato il 14 novembre. Fatale, per lui, il pareggio rimediato in casa contro il Verona, un risultato senz’altro non positivo che il tecnico toscano ha “osato” giustificare con la pioggia, rea a suo modo di pensare di sfavorire la squadra più dotata tecnicamente – che era tra le due senz’altro l’Inter, nonostante non sia certo team da Scudetto.
Anche se è vero che “pioveva anche per gli avversari”, il ragionamento di Mazzarri non faceva una piega. È del resto un teorema condivisibile, quello che un campo pesante favorisca chi ha maggiori qualità fisiche e chi non è “costretto” a tentare di fare gioco. Teorema condiviso peraltro dagli stessi tifosi juventini, che ridono delle giustificazioni del tecnico ex-Inter ma che sia nel famoso acquazzone di Perugia-Juventus che costò lo Scudetto ad Ancelotti sia nella disgraziata – e ingiusta – sconfitta di Istanbul che determinò l’eliminazione al primo turno di Champions la scorsa stagione tirarono fuori le stesse identiche argomentazioni. Delle due, quindi, una.
Roberto Mancini è senz’altro tecnico valido e preparato, ma sentir dire che “ha un’attitudine alla vittoria migliore” come minimo fa sorridere. Ha sempre avuto squadre più forti di quelle di chi lo ha preceduto, e non va scordato che al di là di tutti i teoremi tattici è poi la squadra che va in campo a giocare e – sperabilmente – vincere. Dubito che con la rosa attuale l’Inter possa fare molto meglio di quanto ha fatto con Mazzarri: forse ci sarà una gestione del gruppo migliore, ma è squadra da quinto-sesto posto al massimo, i miracoli li faceva solo il Padreterno.


Uno dei libri più belli che ho mai letto sul calcio è senz’altro “La Piramide Rovesciata” di Jonathan Wilson, per cui sono ben conscio dell’importanza che un allenatore ha all’interno di una squadra e quanto pesa sui risultati. Tuttavia lo stesso autore sottolinea che le maggiori innovazioni tattiche – l’Arsenal di Chapman, la Grande Ungheria, il Brasile del ’70, l’Olanda del Calcio Totale, il Milan di Sacchi – sono arrivate grazie soprattutto a grandi giocatori. Date a Guardiola un’Atalanta e vedrete. Date a Capello la Russia e…beh, si è visto.
Accade che Prandelli venga esonerato in Turchia e in Italia si levino grida di giubilo, manco avessero finalmente arrestato un terrorista. Nessuno pensa che gli erano stati promessi Pato, Ibarbo, Balanta, Marcelo, poi il costaricano Campbell e alla fine sono arrivati Dzemaili e Pandev. Nessuno pensa che tutto sommato in campionato era secondo con un punto di distacco dai primi, e che in Europa – perso anche Drogba – il solo Sneijder non poteva certo bastare per anche solo lontanamente sperare di passare il girone di Champions. Molto più facile tranciare giudizi sommari e via, alla prossima. Che se uno chiede una buonuscita per risolvere un contratto è un mercenario, ma solo se guadagna tanto. Se lo fa un poveraccio è sacrosanto, no?


A proposito di classismo, ve ne dico una bella: i giocatori della Roma, seconda in campionato e con buone probabilità di qualificarsi agli ottavi di Champions nonostante un girone di ferro, sono stati contestati. Il motivo? Si sono permessi di andare in un night, mentre si trovavano in Russia, A DIVERTIRSI. Cosa impensabile, visto che erano reduci da un pareggio in trasferta su un campo gelato contro il CSKA Mosca. Pareggio arrivato nei secondi finali, tra l’altro. Su un episodio, tra l’altro.
Eh no, i giocatori non dovevano permettersi di divertirsi, quella sera. Dovevano tornare a casa mogi mogi a meditare sulle proprie mancanze, sulle proprie malefatte…
C’è questa tendenza – pericolosa – che ci fa dimenticare che chi gioca a calcio è una persona come noi. Che ha gli stessi diritti e gli stessi doveri, non uno di più. Bisognerebbe smetterla di giudicare i calciatori dal punto di vista umano, visto che povera è la società che ha bisogno di loro come modelli di vita. I calciatori sono atleti, artisti in un certo senso, ben pagati anche perché sanno fare cose di cui non tutti sono capaci. Punto. E se quando giocano è sacrosanto giudicarli e persino fischiarli, fuori dal campo devono essere liberi di fare quel che vogliono. Perché forse sconvolgerà qualcuno venirne a conoscenza così brutalmente, ma i calciatori non ci devono niente. Non vengono pagati con soldi pubblici, con le tasse che pagano contribuiscono a mantenere vivo lo sport – e forse non solo – in questo Paese. 
Sinceramente poi non capisco cosa ci sia da contestare nell’andare in un night DOPO una partita. Fosse successo prima. E i romanisti stiano attenti: è così che non si vincono i campionati. Criticando oltremodo i propri eroi o esaltandoli incomprensibilmente.
E spendo due parole anche su Borriello: nessuno obbligava chi gli ha fatto il contratto a suo tempo di offrire certe cifre. Cosa avrebbe dovuto dire lui? “No, non li merito, per favore datemi meno”? Nessuno lo obbliga ad andare in un’altra piazza – e guadagnare sensibilmente meno – come nessuno obbligherebbe mai nessun lavoratore ad accettare un lavoro in una società meno prestigiosa, guadagnando meno, con un contratto in essere.
Se accadesse in qualunque altro campo del lavoro si griderebbe allo scandalo. Invece è il calcio, per cui ben venga un po’ di qualunquismo. 


Non mi è molto piaciuta l’uscita di Conte dopo la partita con la Croazia, sarò sincero. Non mi è piaciuto il modo, non mi sono piaciuti i toni, non mi è piaciuto soprattutto l’ammettere successivamente – quando un cronista gli ha fatto notare che quando stava dall’altra parte della barricata – da allenatore di club – si lamentava degli impegni della Nazionale – che si, a quei tempi faceva il suo interesse come allenatore della Juventus, ma ora deve guardare ai suoi interessi di CT. Si dirà che è sacrosanto esprimere onestamente il proprio pensiero, ma io dico che il mettersi nei panni degli altri, il ragionare anche al di fuori del proprio orticello, dovrebbe essere scontato. Davvero Conte non capiva ai tempi che Prandelli aveva anche lui le sue esigenze? Davvero basta essere “onesti” e si può dire quel che si vuole? Mah… 


Infine. I moduli non determinano le vittorie o le sconfitte, e quando lo capiremo sarà sempre troppo tardi. Contano interpreti e interpretazioni, ma di per se qualsiasi modulo è vincente o perdente. Non si maledica il 3-5-2 se l’Italia di Conte deluderà, è lo stesso modulo con cui alla Juve ha fatto oltre 100 punti appena la scorsa stagione. Avesse giocato in qualunque altro modo, la Nazionale, una cosa non sarebbe cambiata: la Croazia al momento è più forte e collaudata, un pari non è da buttare.
A proposito di Juve: stima massima per Allegri. Che ha dimostrato fegato, andando a mettersi in una situazione in cui aveva tutto da perdere. Se vincerà il campionato sarà “merito del lavoro di Conte gli anni precedenti”, se perderà sarà “solo colpa sua, la squadra del resto prima di lui vinceva”. In estate gli avrei detto auguri, oggi che dire? La sua Juve vince e convince, e chissà cosa ne pensano i tanti tifosi bianconeri che lo avevano criticato e che lo consideravano una nullità quando sedeva sulla panchina del Milan.
Del resto si può capire: laddove il qualunquismo regna, chi non grida non lo fa non perché è educato, ma senz’altro perché non ha carattere. Un discorso che può valere, in parte, anche per Diego Lopez al Bologna, ma ci sarà tempo per approfondire…
Per oggi è tutto, buon calcio! 

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