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Am090
Il 1953 deve essere stato un anno eccezionale per il Bologna e per la tifoseria rossoblu.A Pomponesco, un piccolo comune nella provincia di Mantova, nasceva in quell’anno, con un DNA che sarebbe diventato tutto rossoblu, Am090, al secolo Marino, io cari amici rossoblu! Già dall’età di 6-7 anni, quando cominciai a dare i primi calci a un pallone capii che quella sfera mi avrebbe dato grandi soddisfazioni sia come giocatore che come tifoso. Ma andiamo con ordine. Mentre in paese i miei coetanei erano già divisi dal tifo verso squadre come Inter Milan o Juve, io continuavo a calciare la palla, ero più interessato a giocare a calcio che perdere tempo a tifare. Presto però, ancora ragazzino, una specie di smarrimento cominciò ad intromettersi nei miei pensieri. La radiolina dell’oratorio che trasmetteva tutto il calcio minuto per minuto non faceva altro che ripetere “rete di Vinicio, “rete di Bulgarelli” E poi ancora Nilsen, Pascutti, Haller…… Quella radiolina, quei commenti, quel continuo Bologna, Bologna e ancora Bologna sembrava volessero chiamarmi. Ma io continuavo a preferire il gioco al tifo. Arrivarono però le domeniche nelle quali spesso rimanevo solo nel campetto a palleggiare, messo in disparte dal richiamo che quella radiolina, quel calcio minuto per minuto, costringeva i miei amici ad abbandonare la partita. Li ricordo ancora tutti attaccati alle voci di Ciotti, Carosio e compagnia bella a sperare che la propria squadra vincesse, ma a vincere era sempre il Bologna. Ma ve!Cacchio, mi son detto, ma sto Bologna vince sempre. Erano gli anni 1963/64. In famiglia cominciai a parlare del Bologna e a chiedere informazioni sui giocatori che la componevano. “Ma lascia perdere il Bologna” mi dicevano “sono tutti drogati”. Quella frase, anche se poco meno che undicenne mi colpì, come mi colpi l’astio che la mia gente, la gente del mio paese e i miei amici avevano per quei colori. Poi un giorno non ricordo chi, ma qualcuno mi fece leggere un articolo di giornale che parlava del Bologna, la squadra che “tremare il mondo fa”. Tremare il mondo. Due parole che mi mandarono in visibilio. M’ammalai improvvisamente. Ricordo quel periodo come uno dei più belli della mia vita. Un male bellissimo mi entrò nel sangue e non riuscii più a liberarmene. Diventai tifoso rossoblu. Il primo tifoso rossoblu del mio paese. Mi prese la superbia. Io, sportivamente parlando, ero l’unico sano in un paese di quattromila anime. Quell’anno il Bologna vinse lo scudetto. Al termine del vittorioso spareggio da casa mia corsi in piazza a festeggiare la vittoria. Non trovai nessuno. Ero solo. La piazza era tutta mia, era tutta del Bologna. Che gioia quello scudetto, quel giorno, quella piazza. E la mia bandierina che sventolava anche se non tirava un filo di vento. Che emozione. Inenarrabile.
Da allora è sempre stata una lotta, nel bene e nel male. Sempre solo contro tutti, ma sempre a testa alta, altero e orgoglioso. Poi il matrimonio. Il mio trasferimento in un paese dove conobbi gente come Paki59, Chico, Toro, Giacomo64, Reb, Gnego, Tota e tanti altri malati, dei veri malati rossoblu. Tutti incurabili. Questo è Am090, uno dei millecuorirossoblu, 60 anni, mantovano di nascita ma con passaporto bolognese.
Ho “corso” su diversi campi di calcio come giocatore, ho visto tantissimi stadi come spettatore, ma quando entro al Dall’Ara, che piova o che ci sia il sole, che nevichi o che si boccheggi dal caldo, la sensazione di entrare, come dite voi, in una cattedrale è talmente strana e forte che mi par d’essere rapito dalla gioia d’esser lì. E quando a partita finita, scendo gli scaloni e volgo le spalle al terreno di gioco mi viene “il magone”. Mi volto e mi rivolto più volte a salutare quello che non vorrei mai lasciare, il Dall’Ara. L’unico stadio bello, ma veramente bello, che solo pochi hanno. Il mio stadio. Il Bologna ce lo l’ha dato, guai a chi ce ce lo tocca. Termino con un “Sempre e comunque, sempre e dovunque” e aggiungo “ sempre e solo” B O L O G N A.
Am090
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