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Cinema nel Pallone: In campo per la Vittoria (2)

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Per gli imminenti Campionati del Mondo di calcio del 1950, gli Stati Uniti si trovano a dover approntare una squadra che possa fare bella figura pur in mancanza di un proprio campionato professionistico. Il giornalista e appassionato Dent McSkimming racconta di come l’allenatore William Jeffrey costruirà una squadra unendo varie etnie e modi diversi di giocare e di come riuscirà a farli convivere fino alla partita contro l’Inghilterra, che per la prima volta esce dal suo superbo isolamento per sfidare i “comuni mortali”. 
Proprio l’improvvisato team americano se la vedrà con gli imbattibili maestri del football, in una partita che passerà alla storia.


Pur presentando numerose inesattezze storiche, presenti per “romanzare” una pagina importantissima della storia del calcio, il film di David Anspaugh descrive in maniera ottimale quella che era la situazione del calcio in America nell’immediato dopoguerra, con numerosi immigrati ormai diventati cittadini americani che stentavano a imporre questo sport nella terra del football e della pallacanestro. La regia è semplice ed essenziale, così come la storia, che in fondo è un po la solita classica storia americana di diversità che alla fine si fondono sotto la bandiera a stelle e strisce ma che è indubbiamente funzionale ad un impresa come quella che gli Stati Uniti realizzarono ai Mondiali di Brasile ’50.


Nel cast spicca la presenza di Gerard Butler (Leonida in “300”) nei panni del portiere Frank Borghi e quella di Costas Mandylor (il detective Hoffman della saga di “Saw L’Enigmista”) in quelli di Charlie “Guanti” Colombo, arcigno difensore dai metodi spicci: quest’ultimo ha tra l’altro un passato di giocatore semi-professionista. Altre presenze di spicco nella pellicola sono quelle di Gavin Rossdale (frontman dei “Bush”), Wes Bentley (“American Beauty”, “Le 4 piume”) e Jimmy Jean-Louis (l’haitiano di “Heroes”) che interpretano rispettivamente il campione inglese Stanley Mortensen, il regista americano Walter Bahr e l’attaccante di Haiti Joe Gaetjens, la cui storia è leggendaria e di cui ho raccontato QUI.


Possiamo dividere il film in tre parti: la prima e più corposa racconta di chi erano quelli che sarebbero diventati i nazionali americani e di come vengono reclutati, la seconda della creazione dell’unità di squadra durante il ritiro pre-Mondiale mentre la terza è in pratica l’intera partita tra gli Stati Uniti e l’Inghilterra. La storia scorre molto bene, e la partita (l’unica delle tre giocate dagli USA in quel Mondiale, senza dubbio la più significativa) è resa molto bene con giocate convincenti e l’abbigliamento dell’epoca.
La storia può sembrare molto romanzata, ma effettivamente è più o meno così che andò, e va dato merito al regista di avere realizzato un opera tutto sommato convincente, pur se intrisa di retorica, su quello che fu uno shock per il mondo del calcio dell’epoca.


Peccato per l’assenza di approfondimenti su quello che fu il Mondiale nel complesso, ma pare una scelta dovuta per non togliere epicità a quello che il film vuole raccontare, ovvero la singola partita tra i dilettanti americani ed i maestri inglesi. Si poteva dedicare qualche minuto in coda, volendo, al destino di Gaetjens, ma ancora si può giustificare il tutto considerando che probabilmente non era intento del regista realizzare un film-documentario, ma un semplice racconto di epica sportiva. Tentativo riuscito, dunque: il film è scorrevole, semplice ma piacevole, ben fatto e racconta un episodio che qualunque appassionato di calcio avrà piacere di conoscere o di riscoprire.
Molto consigliato. 

 

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