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Majani VS Caffarel

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La storia della cioccolata Majani (Bologna)

Nel 1796 Teresina Majani aprì a Bologna, in vicolo Colombina, dietro la Basilica di San Petronio, il suo piccolo “Laboratorio delle Cose dolci”, con annesso negozio, le cui prelibatezze diventarono in breve tempo famose in tutta la città. Inizialmente votato alla vendita di confetture, pastiglie di menta e confetti, in seguito si specializzò nella produzione di cioccolato in forma solida, conosciuto come “la Scorza”. Nei primi anni dell’Ottocento la Majani era così diventata una delle aziende dolciarie più rinomate d’Europa.

Nel 1833, sempre in pieno centro, fu inaugurato il negozio di via Carbonesi 5, raffinata boutique del cioccolato e della confetteria e il successo fu enorme. Pian piano la rivendita divenne il punto d’incontro per i più grandi nomi della cultura bolognese dell’epoca, da Giosuè Carducci (arrivato nel 1860 per insegnare Letteratura italiana all’università) a Guglielmo Marconi, da Arrigo Boito all’attrice Eleonora Duse.

Nel 1856 l’azienda, divenuta fornitrice della Real Casa dei Savoia, fece il balzo verso la produzione industriale e ricevette premi e medaglie alle Esposizioni universali di Parigi e Vienna. Nel 1911 la Majani vinse il concorso bandito dalla Fiat per il lancio della nuova Tipo 4, entrata in produzione l’anno prima: Giovanni Agnelli voleva regalare una scatola di “bonbon Fiat” a ogni acquirente del nuovo modello di automobile. Così nacque il cremino, la cui confezione ancora oggi  si fregia del marchio originale della casa torinese. Nel 1913, si avviò la produzione e il commercio in larga scala del cioccolatino, che in poco tempo diventò la punta di diamante della produzione.

Nei primi anni del Novecento, la Majani costruì in via Indipendenza una splendida palazzina Liberty, la “terrazza Majani”, che più tardi, negli anni Cinquanta, fu il ritrovo di tutti gli artisti di passaggio a Bologna, da Totò a Wanda Osiris, da Renato Rascel a Macario. Nel 1952 la palazzina fu posta in vendita e negli anni Ottanta la produzione si spostò in provincia, nella zona industriale di Crespellano, dove oggi è la sede della Majani SpA.

 

Le specialità dell’azienda sono esposte al pubblico direttamente nella sede storica del negozio Majani, che ancora oggi si trova in via Carbonesi. Una tappa obbligata per i veri amanti del cioccolato.

 

La storia della cioccolata Caffarel (Torino)

Nel 1826 Pier Paul Caffarel, rilevò una piccolissima conceria situata in via Balbis, nel quartiere San Donato di Torino e la trasformò in un laboratorio per la produzione del cioccolato: Caffarel acquistò una macchina industriale, inventata dal genovese Bozelli, in grado di produrne oltre 320 kg al giorno, una quantità notevole per l’epoca.

L’energia elettrica per macinare i semi di cacao era fornita dalla ruota idraulica della conceria alimentata dalle acque del canale Pellerina. Il secondo importante acquisto industriale fu una macchina idraulica costruita dal piemontese Doret, in grado di raffinare la polvere di cacao e miscelarla con zucchero e vaniglia.

La fabbrica rivoluzionaria creò stupore e curiosità anche al di là delle Alpi. Un pasticcere svizzero, Cailler, si recò a visitarla per carpirne i segreti e tornato in Svizzera, aprì la prima fabbrica elvetica di cioccolato.

Nel 1845 successe al fondatore il figlio Isidore. Ernesto Alberto Caffarel, figlio di Isidore incontrò un altro rinomato artigiano del cioccolato, Michele Prochet: la cioccolateria Prochet Gay & C. si fuse con la Caffarel Padre e Figlio dando vita alla Caffarel-Prochet.

Nel 1852 Prochet impastando accuratamente cacao e zucchero con la nocciola «Tonda Gentile» delle Langhe macinata, creò un nuovo tipo di impasto di cioccolato, e nel 1865, nello stabilimento situato in via Balbis, nel Borgo San Donato, avvia la produzione di un cioccolatino speciale dalla forma tipica che chiamò «givo», (termine tratto dal piemontese “givo”, che significa “mozzicone di sigaro”).

Nell’Ottocento il Carnevale di Torino era molto famoso, e coinvolgeva tutte le piazze e le vie centrali della città. Nei giorni di Carnevale nelle strade si accalcava una grande moltitudine di persone in maschera, e si svolgevano grandi sfilate di carri, dai quali le maschere gettavano dolci alla gente.

Nel 1865, durante la festa di carnevale, Caffarel attraverso la maschera di Gianduja («Gian d’la duja» o «Giovanni del Boccale», caratteristica maschera piemontese dal cappello a tricorno, simbolo della lotta per l’indipendenza che si combatté in Piemonte nel 1799) regalò alla folla assiepata sotto il suo carro i nuovi cioccolatini ed è allora che il givo cambiò nome e divenne «Gianduiotto» e la pasta di cioccolato prese il nome di Gianduia. La Caffarel produce tuttora il «Gianduiotto 1865» con la data ben in vista sulla tradizionale stagnola dorata.

La distribuzione dei cioccolatini Caffarel raggiunge oggi 36 paesi esteri: dall’Europa all’America, dal Medio all’Estremo Oriente.

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