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Terraferma
TERRAFERMA
nazione: Italia
anno: 2011
genere: drammatico
durata: 88 minuti
regia: Emanuele Crialese
sito: www.terrafermailfilm.it
cast: Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Filippo Pucillo, Mimmo Cuticchio, Claudio Santamaria
produzione: Raicinema
Recensione di Sbirola
Due donne, un’isolana e una straniera. L’una sconvolge la vita dell’altra, ma hanno lo stesso sogno: un futuro diverso per i loro figli, la terraferma.
Terraferma è l’approdo a cui mira ogni navigatore, ma qui è anche l’isola saldamente ancorata alle sue antiche tradizioni.
E’ in questa immobilità che si confronta la famiglia Pucillo, intera protagonista del quarto film diretto da Emanuele Crialese dopo “Once we were strangers” (1997), “Respiro” (2002), e “Nuovomondo” (2006)
La famiglia Pucillo è costituita dal settantenne Ernesto (Mimmo Cuticchio) che non vuole rottamare il suo peschereccio, dal nipote ventenne Filippo (Filippo Pucillo), il quale ha perso il padre in mare ed è in bilico tra le tradizioni di suo nonno e le innovazioni dello zio Nino (Beppe Fiorello), che ha smesso di pescare pesci per dedicarsi ai turisti, e dalla madre del ragazzo Giulietta (Donatella Finocchiaro), quest’ultima sente che il tempo immutabile dell’isola siciliana in cui vivono li ha resi tutti stranieri e che in quel posto non potrà mai esserci un futuro, nè per lei, nè per il figlio, ma per vivere occorrerebbe trovare il coraggio di andare.
Un giorno il mare spinge nelle loro vite altri viaggiatori, tra cui l’etiope Sara e suo figlio. Ernesto, da una parte, li accoglie: è l’antica legge del mare a cui non vuole rinunciare, ma d’altra si trova a che fare con la nuova legge dell’uomo, destinata a sconvolgerli facendogli scegliere una nuova rotta.
Però, quello che sulla carta si presenta un racconto per immagini dovrebbe colpire il cuore dello spettatore, col tema dell’immigrazione clandestina per parlare degli italiani e del loro desiderio di fuga, ma il discorso, in non poche occasioni, è piatto, noioso e scontato.
Nonostante l’argomento trattato, immersi in immagini da depliant turistico, la visione non sembra riuscire a generare tensione, col risultato si di un’operazione guardabile, ma che dovrebbe spingere a riflettere ma ci si trova dinanzi a un prodotto confezionato a occupare la prima serata TV, come quasi tutti i film italiani di questo XXI secolo.
Crialele è tornato a girare a Lampedusa e dice “Ho trovato un luogo molto diverso da come lo ricordavo… il mio scoglio sperduto in mezzo al mare è adesso terra di frontiera” Da qui le due facce della storia. Da un lato il carattere chiusoe orgoglioso di Ernesto, dall’altro il tema scomodo e difficile dell’immigrazione.
Prendendo spunto nella cronaca recente che i media hanno raccontato, il regista trova una sintesi nel giovane Filippo, nella sua follia di rompere indugi e schemi e fuggire verso nuovi mondi. E’ diritto naturale dell’uomo di andare, cercare, conoscere, cambiare luogo. Ma poi ci sono le leggi, le regole che l’uomo fa per organizzarsi. Crialese opta per un finale metaforico, arrabbiato. L’ispirazione è sincera, lo svolgimento non sempre è riuscito.
La frase cult: “Qua clandestini non ne sbarcano piu, signori qua ci sono solo pesci e fondali meravigliosi”
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