Motor Valley
Ducati 916, fascino senza tempo
“La moto più bella degli ultimi 50 anni”: così nel 2014 la rivista britannica Motorcycle News, una delle più importanti del settore, incoronò la Ducati 916; questo a dimostrazione di come, a un ventennio dalla sua nascita, il prodotto di Borgo Panigale non avesse perso un briciolo della sua eleganza. Anche oggi, ormai 30 anni dopo il suo lancio nel 1994, non è passata di moda, e rimane uno degli esemplari più iconici, sia per bellezza che per prestazioni, della casa bolognese.
Il capolavoro di Tamburini
La mente che sta dietro alla 916 è quella di Massimo Tamburini, storico direttore della Cagiva, azienda che all’epoca gestiva anche la casa di Borgo Panigale. Un perfezionista, il cui modo di lavorare è stato spesso paragonato a quello di uno scultore, minuzioso e ossessivo nel raggiungere l’eccellenza. Nel progettare la 916, non si accontenta di testare le varie evoluzioni del prototipo in galleria del vento: porta quindi la moto in pista a Misano e a Rimini durante le giornate di pioggia, così da studiare le tracce d’acqua rimaste sulla moto, in modo da osservare il comportamento aerodinamico di ogni componente, con l’obiettivo di migliorare il design. Il dogma del progettista riminese è sempre lo stesso: “Una moto di 750 cc con la potenza di una 1000 e il peso di una 500. L’importante di una moto è che sia leggera”.
Bella e potente
Grazie alle intuizioni di Tamburini, viene progettata una moto estremamente efficiente, soprattutto in pista; l’obiettivo della Ducati, ovvero realizzare una moto più prestazionale di quella precedente, la 888, viene ampiamente raggiunto. Le innovazioni più importanti sono la rimozione degli scarichi laterali, che combinata a una sensibile riduzione della massa, conferisce al nuovo modello una veste aerodinamica incredibilmente performante; altro elemento di novità è rappresentato dal forcellone monobraccio, all’epoca alquanto inusuale, che semplifica la sostituzione della ruota posteriore. La sella può risultare scomoda nell’uso su strada, ma è perfetta per l’utilizzo su pista: questo evidenzia la vena competitiva della 916. Infine, il telaio a traliccio di tubi, unito a un design moderno con il doppio scarico al di sotto della sella, è la testimonianza del DNA e della tradizione Ducati.
La 916 però non è solo bella: il suo propulsore, un’evoluzione del bicilindrico Desmoquattro, ha una cilindrata di 916 cc, ed è in grado di erogare, nella versione Strada, una potenza di 114 cv a 9000 giri/min; questo consente alla 916 di coprire 400 m in appena 10,7 secondi, nonostante una massa di 198 kg. Ulteriori modifiche vengono effettuate sulla versione SP (Sport production), destinata a correre nel Campionato mondiale Superbike.
I successi in Superbike
La Ducati 916 SP viene dotata di un motore dalla cilindrata maggiorata, inizialmente di 955 cc, che diventano poi 996 cc a partire dal 1996. Viene applicata qualche modifica anche dal punto di vista del design, come l’aggiunta, mirata alla riduzione del peso, di alcuni particolari in fibra di carbonio.
Chiamata a raccogliere la pesante eredità della 888, la 916 risponde subito presente: al suo debutto nel 1994 si laurea immediatamente campione del mondo nelle mani di Carl Fogarty nonostante qualche problema di affidabilità; anche questo difetto viene corretto, e il britannico si ripete nel 1995. L’anno successivo è il turno di Troy Corser, che conquista il titolo sempre su una 916; dopo l’aumento di cilindrata, l’austriaco arriva addirittura a far registrare tempi paragonabili a quelli delle 500 GP due tempi, nonostante la maggior potenza e il minor peso di quest’ultime.
Dopo un 1997 negativo, in cui la moto mostra problemi di guidabilità ed erogazione della potenza, la 916 ispira il prossimo prodotto di Borgo Panigale: si tratta della Ducati 996, sulla quale Carl Fogarty tornerà sul tetto del mondo del 1999.
Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook