Motor Valley
Ducati Monster, la prima “naked”
Fin dalla sua prima apparizione nel 1992, il Ducati Monster si è fatto notare per la sua originalità e il suo aspetto anticonvenzionale. Essenziale e ribelle: in poco tempo, le sue caratteristiche fuori dal comune sono diventate una tendenza, tanto da renderlo capostipite di una nuova categoria di moto, le “naked”.
Da sogno a realtà
«Arrivò con una proposta e io pensai, questa è la moto che Marlon Brando guiderebbe oggi ne ‘Il Selvaggio’!»: questa fu la prima reazione di Massimo Bordi, allora direttore generale della Ducati, quando il designer argentino Miguel Angel Galluzzi gli presentò il primo disegno del Ducati Monster; Bordi aveva chiesto a Galluzzi di concepire una moto che esprimesse il DNA di Borgo Panigale, ma che allo stesso tempo fosse facile da guidare, diversamente dalle sportive classiche. Così come Bordi, i vertici della Cagiva, azienda che all’epoca deteneva le quote della casa bolognese, rimasero di stucco: non fu facile convincerli, tant’è che inizialmente il Monster sembrava destinato a dover rimanere un puro esercizio di stile; Galluzzi riuscì però a persuadere il management, che ripagò i suoi sforzi approvando il progetto che farà le fortune della Ducati.
Design fuori dagli schemi
Un capolavoro di minimalismo visivo, ottenuto abbandonando tutto ciò che era ritenuto superfluo. Nelle parole di Galluzzi: «Tutto quello di cui si ha bisogno sono: sella, serbatoio, motore, due ruote e manubrio». In realtà non fu la prima “nuda” della storia; le moto lo erano state per decenni, ma a fare la differenza furono l’intenzionalità e la sfrontatezza di Galluzzi: per questo, all’argentino viene attribuita l’invenzione di questa categoria di moto, chiamata “naked”, di cui il Monster è considerato il capostipite.
Per non perdere l’anima Ducati, ma soprattutto per contenere i costi, venne chiesto a Galluzzi di assemblare il Monster con componenti di modelli precedenti: su tutti, spicca il “Pompone” di derivazione Supersport, motore da 904 cc raffreddato ad aria; il forcellone e il telaio a traliccio di tubi provengono invece dalla serie 851/888. Altro elemento distintivo del Monster è il serbatoio. Di dimensioni generose, si colloca tra il pilota e il manubrio; uno sguardo più attento, rivela come per accedere alla batteria e ai fusibili sia necessario sollevarlo. Per compiere quest’operazione, non serve alcun attrezzo: basta sganciare un attacco, che è del tutto simile a quello di uno scarpone da sci; così intuitivo, conferisce alla moto semplicità e praticità. Nonostante l’apparenza aggressiva, il Monster si rivelò essere una moto dolce e agile alla guida, anche per i piloti meno esperti; questo anche grazie ai suoi larghi pneumatici, che garantiscono un’ottima aderenza, e al potente impianto frenante firmato Brembo.
Il successo e l’influenza
Il Monster venne ufficialmente presentato al mondo in occasione del Salone di Colonia del 1992. Il primo modello ad essere commercializzato fu il Monster 900, dove il numero sta indicare la cilindrata; venne seguito da versioni meno potenti, il 400, il 600 e il 750. La Ducati, che solo un decennio prima aveva rischiato il fallimento, riscosse un successo senza precedenti grazie a questa moto; non a caso, Borgo Panigale ne incrementò nel 1993 la fabbricazione: addirittura un quarto delle 20.000 moto prodotte in totale dalla Ducati in quell’anno furono Monster 900. Negli anni, la passione per il Monster ha contagiato motociclisti di tutto il mondo, con oltre 250.000 esemplari venduti.
La sfacciata e rivoluzionaria personalità del Monster portò in occidente il concetto di moto “naked”; tante furono le imitazioni del prodotto di Borgo Panigale, la cui filosofia si è rivelata essere senza tempo: ancora oggi, la serie di Monster prodotta dalla Ducati mantiene lo spirito del modello originale, e continua a ispirare produttori di tutto il mondo.
Continua a leggere le notizie di 1000 Cuori Rossoblu e segui la nostra pagina Facebook