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F1 Academy | La prima corona è stata assegnata e ora?

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Ad Austin lo scorso weekend si è concluso il primo campionato della storia della F1 Academy, la serie tutta al femminile introdotta dalla Formula 1 al posto della W series, con serie intenzioni, stavolta, di far funzionare il progetto. A trionfare è stata Marta Garcia, che è divenuta la prima campionessa della categoria già nel corso weekend americano.

Un titolo voluto

La pilota spagnola partita dai kart, a 15 anni vinse i primi titoli internazionali, per poi passare alle monoposto, iniziando dalla Formula 4 spagnola. Nel 2017 arrivò l’occasione di entrare nell’Academy della Renault, ma la sua avventura con la casa francese durò solo un anno. Nel 2019 si rimise in gioco nella W Series e iniziò subito bene ottenendo un podio a Hockenheim e poi vincendo la gara al Norisring, a Norimberga. Le stagioni successive non furono però proficue quanto la prima, nè rappresentarono una crescita nei suoi risultati sportivi. Garcia ottenne altri due podi tra il 2020 e il 2021, in Spagna prima e a Singapore dopo, non brillando però in altre occasioni.

La sua maturazione è avvenuta nella neonata F1 Academy insieme a Prema, che per quest’anno ha deciso di investire su di lei. Fin da subito la 23enne di Dénia si è mostrata rapida e concreta vincendo due delle prime tre gare in Austria. Poi un cammino sempre più solido, con 7 vittorie su 21 gare, che l’ha vista coronarsi campionessa in Texas nella tappa finale e con più di 50 punti di vantaggio sulla seconda, la svizzera Léna Bühler.

Quello che può saltare all’occhio, essendo il campionato essenzialmente una Formula 4 al femminile, è che Marta come altre sue colleghe conti ormai qualche primavera di troppo, considerando che in quella categoria di solito i piloti partono dai 15 anni e poi inziano la scalata verso le serie maggiori. Con questo non voglio dire che la spagnola sia troppo grande ormai per puntare a livelli più alti, tutto dipenderà da lei e dalle performance che mostrerà in pista, ma rispetto ad alcune sue colleghe potrebbe essere svantaggiata sul lato dell’età.

L’anno prossimo la neo campionessa si rimetterà in gioco in un altro campionato, facendo il salto di categoria nella Formula European Championship By Alpine sempre con i colori Prema. Non rimarrà quindi nella F1 Academy, appena conquistata, come fece invece Jamie Chadwick nella W series, vinta per tre volte di fila, sbarcando poi in America, ma senza troppa fortuna al momento.

Oltre la visibilità

Quello che secondo me è il punto centrale della riflessione, al di là delle vittorie e delle prestazioni sportive è che i campionati femminili vengano usati più per immagine, che come investimenti veri e propri nel movimento. Piuttosto che istituire una categoria di F4 con solo ragazze, ma che porta il logo della F1, forse le federazioni potevano aiutare, anche economicamente, i team dei vari campionati minori, di tutto il mondo, nel creare più occasioni concrete per le ragazze. Maya Weug o Aurelia Nobels o Tina Hausmann, non hanno niente in meno delle pilote scelte per la F1 Academy e corrono insieme ai ragazzi nelle rispettive categorie. Ovvio però che non hanno la visibilità legata al marchio del più grande circus motoristico, attualmente in vita.

Un altro indizio legato alla questione è l’annuncio fatto da McLaren nel fine settimana di Austin. L’anno prossimo i colori della scuderia britannica saranno rappresentati da Bianca Bustamante, in F1 Academy. La casa di Woking ha scelto la ragazza originaria delle Filippine, che rispetto alle sue colleghe non ha avuto una stagione di grande risalto, con due vittorie e due podi su 21 gare corse. Sicuramente c’è chi è andata più forte, ma McLaren si è assicurata una pilota giovane che punta anche sulla sua immagine. Certo che la storia di Bianca ha dello straordinario. Partire dalle Filippine e arrivare a correre dall’altra parte del mondo, non è certo semplice, ma questo non toglie che forse la scelta sia arrivata più per motivi di visibilità, ambito al quale comunque McLaren ha sempre dimostrato di guardarci e di saperlo gestire molto bene.

Io spero in cuor mio che il futuro mi smentisca, e che i miei pensieri non trovino fondamento. Al momento in queste iniziative non vedo uno sbocco professionale ad alti livelli nel motorsport, ma solo tentativi per dare risalto all’immagine del motorsport femminile. Il problema è che quando i riflettori si spegneranno poi le ragazze rischiano di essere tagliate fuori o di rimanere bloccate in realtà che non consentano lo sviluppo del proprio talento. Così il mondo dei motori al femminile rischia di rimanere marginale a quello più ampio e generale, ma evidentemente al momento non è un dettaglio preso in considerazione.

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