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F1 | Lo strano GP degli USA 2005 e gli ultimi punti della Minardi

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Il Minardi Team, in venti anni e ventuno stagioni in Formula 1, è riuscita ad ottenere il non invidiabile record della scuderia con più Gran Premi disputati, 340, senza andare mai a podio. In compenso, è riuscita a cogliere punti per ventuno volte in diciannove gare diverse. L’ultima volta che la squadra di Gian Carlo Minardi ottenne non uno ma ben due piazzamenti utili fu al termine del GP degli Stati Uniti 2005, una delle gare più strane di sempre.

Michelin, problemi in paradiso

Il regolamento di quella stagione prevedeva che non si potessero cambiare le gomme al pit-stop, che era riservato solamente al rabbocco di carburante. Un treno di gomme doveva quindi durare per tutta la lunghezza della corsa, circa 305 chilometri. Questa variazione ebbe un impatto tremendo sulla Bridgestone e sulla Ferrari, che interruppe il suo dominio proseguito dal 2000 al 2004 grazie anche al rapporto privilegiato intessuto con il gommista giapponese. D’altro canto, quell’anno la Michelin, che forniva gli pneumatici a sette scuderie su dieci dello schieramento, portò delle coperture performanti e i discorsi iridati furono tutti in favore di team che avevano un accordo con i francesi.

L’unico passo falso si ebbe in occasione della trasferta ad Indianapolis. Nelle seconde prove libere del venerdì, Ralf Schumacher su Toyota ebbe un problema alla posteriore sinistra mentre percorreva l’ultima curva, la sopraelevata che portava al rettilineo principale, schiantandosi rovinosamente contro le barriere. Al tedesco fu impedito precauzionalmente di partecipare al resto del weekend, venendo rimpiazzato da Ricardo Zonta, anch’esso vittima al sabato di un cedimento rapido sulla sua vettura. Anche altri piloti soffrirono di problemi alle coperture e la Michelin chiese ai propri piloti di rallentare in occasione di curva 13. Senza questo comportamento cautelativo, gli pneumatici sarebbero durati solamente dieci giri.

Le febbrili trattative

La gara era quindi in pericolo. Nell’arco del tempo che restava ci furono trattative incessanti tra i team, la FOM di Bernie Ecclestone organizzatrice del campionato e la Federazione Internazionale dell’Automobile presieduta da Max Mosley. Furono tante le opzioni prese in esame, come la possibilità di installare una chicane provvisoria sull’ultima curva facendo partire davanti le sei vetture gommate Bridgestone. Questa ipotesi, presentata dalla Michelin, fu rifiutata dalla FIA, mentre, come dichiarato ai microfoni RAI da Flavio Briatore, team principal Renault, i team sotto contratto con i francesi avevano ricevuto una lettera dalla Casa di Clermont-Ferrand che vietava loro di partecipare alla corsa, per garantire la sicurezza dei piloti. Michelin fece arrivare anche un’altra tipologia di pneumatici, che per regolamento non furono però utilizzabili.

La gara

Al sabato il più veloce fu Jarno Trulli su Toyota, seguito da Kimi Raikkonen (McLaren) e Jenson Button (BAR). Quinto Michael Schumacher (Ferrari), settimo il compagno di squadra Rubens Barrichello. Le altre gommate Bridgestone, le Jordan e le Minardi, occupavano le ultime quattro posizioni della classifica. All’inizio del giro di allineamento non si sapeva cosa sarebbe accaduto di lì a poco sebbene tutti, fuorchè i 150.000 spettatori presenti sulle tribune, erano al corrente della difficile vigilia. Al termine del giro, tutti i piloti Michelin furono invitati a rientrare ai box per ritirare la propria vettura, concretizzando lo scenario più temuto del pre-gara. Le trattative infatti non portarono a nulla di buono e fu inevitabile la partecipazione al Gran Premio solamente delle sei vetture dotate di pneumatici Bridgestone. Anche la partecipazione della Jordan e della Minardi fu in bilico, con la tentazione di lasciare solamente le due Ferrari in pista. Stando alle dichiarazioni di Paul Stoddard, proprietario della Minardi, la scuderia faentina decise di prendere parte alla gara dopo aver visto la mancata rinuncia della Jordan.

Il triste spettacolo fu accolto malissimo dai tifosi che occupavano gli spalti del catino dell’Indiana, che espressero il loro disappunto con fischi, striscioni di disapprovazione e addirittura con il lancio di oggetti in pista, prontamente raccolti dai commissari di percorso americani. La gara ebbe un andamento lineare, con le due Ferrari che hanno condotto la gara per tutta la sua durata. Dietro Tiago Monteiro (Jordan) ha mantenuto la terza posizione al via, così come Christijan Albers (Minardi) riuscì a tenere dietro di se l’indiano Narain Kartikeyan su Jordan. Ultimo l’austriaco Patrick Friesacher (Minardi). Dopo le prime soste Albers cedette la posizione a Kartikeyan, abbandonando progressivamente le velleità di podio. Al 31esimo passaggio, con le Minardi già doppiate, durante la seconda sosta si spense il motore di Albers, che accusò così ulteriore ritardo. L’obiettivo divenne quindi quello di concludere la gara con entrambe le vetture, portando così punti utili in cascina. Così accadde, con Albers e Friesacher rispettivamente quinto e sesto alla bandiera a scacchi, doppiati per due volte dalle Ferrari e per una volta dalle due Jordan.

L’ultima gioia della Minardi coincise così con una delle pagine sportive più brutte della storia della Formula 1.

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