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Fernando Alonso, un leone senza età

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Irriverente, trasparente, diretto, veloce e dannatamente talentuoso. Le mie prime immagini di Fernando Alonso sono a bordo di una Rossa, durante il Gran Premio di Valencia del 2011. In una città che molti anni dopo ho visitato per studio e dove ho riconosciuto parte del tracciato urbano che in quegli anni veniva usato per il Gran Premio d’Europa. Una rimonta furiosa dal dodicesimo posto fino alla vittoria, nella quale rimasi attonita di fronte a tanta determinazione e aggressività, sorpasso dopo sorpasso, come se i suoi avversari non se li stesse mettendo alle spalle, ma se li stesse proprio mangiando.

Arrivato per chiudere un’era

Quello è il primo focus che ho del pilota spagnolo di Oviedo, ma andando avanti e crescendo le memorie si sono accumulate e così anche i frame della carriera di Fernando che ho acquisito in seguito. Non ci possiamo nascondere dietro un dito, se torniamo indietro con la mente, una delle immagini più nitide di Nando è quando, con il sorriso furbo e gli occhi strinti in uno sguardo di fame e voglia di arrivare, si vestiva con i colori della Renault di Briatore. Quella tuta, quasi larga addosso a lui, azzurra e con le linee gialle sui fianchi se la ricordano bene molti appassionati, così come per molti tifosi rossi forse rappresenta più un incubo. Quei colori e quella coppia franco ispanica misero fine al dominio di Re Schumi con la Ferrari e permise ad Alonso di affermarsi ben due volte come campione del mondo a soli 25 anni. Lui che arrivava dalla Minardi e dalla Motor Valley, fu quello che mise il punto ad un’epopea durata per ben cinque stagioni.

Una relazione sfortunata

Su quella Rossa ricordo ancora meglio l’amarezza di quegli anni con il Cavallino sul petto. Abu Dhabi 2010, San Paolo 2012 e infine il disastroso 2014. Tutte fotografie a colori e ben a fuoco nella mia mente. Il duello con Petrov, mai superato, che sarebbe valso il titolo al suo primo anno in Ferrari oppure quella speranza in Brasile che fino a dieci giri dalla fine era reale e concreta nelle sue mani. Salvo poi scivolare in quelle del tedesco sulla Red Bull #1. Un arrivo in pompa magna, annunciato come colui che avrebbe riportato il titolo a Maranello e un addio quasi oscurato dall’arrivo del suo successore, quel ragazzino biondo che tanto lo aveva fatto penare nelle quattro stagioni precedenti. Una storia nata sotto una buona stella, ma forse mai sbocciata veramente.

Ci provo due volte

Anche nella sua voce si nascondono ricordi quasi esilaranti, ma nella loro contestualizzazione abbastanza tristi. Se penso a Fernando in McLaren, nella sua seconda vita con la Scuderia inglese, mi viene in mente l’immagine di un leone in gabbia, che ha sposato un progetto romantico ma mai competitivo. Con il motore Honda, appena rientrato in F1, non è mai stato amore, forse solo odio accompagnato da tanta frustrazione sfociata nell’iconica frase «GP2 engine» ed in tanti altri episodi che lo hanno portato al suo primo addio al mondo della Formula 1 nel 2018.  Non che la sua prima esperienza a Woking fosse andata meglio. Un certo ragazzino di nome Lewis Hamilton, al tempo non ancora Sir, gli diede del filo da torcere e i due, come è giusto che facciano i veri campioni, si scornarono di brutto.

Rapporto insolito

Quei due, che oggi sulla griglia del campionato insieme formano un totale di 9 mondiali e che nel retro podio sorridono più di quanto facessero prima. Rilassato, sereno, quasi protettivo. Lo ritrovo così negli ultimi anni, ma con quel piede destro che sa dire ancora la sua. Ora Nando sui tre gradini celebrativi ci torna quasi stabilmente, grazie ad Aston Martin e al progetto competitivo che sono riusciti a portare in pista per la stagione 2023. Sull’asfalto Alonso è rimasto quello di sempre anche a 42 anni, ma fuori è cambiato e lo si capisce dalla collaborazione con il suo compagno di squadra Lance Stroll, che nello spagnolo ha trovato una guida e un fratello maggiore, forse anche spinto da Lawrence che ci ha visto un gran beneficio per il figlio. Per uno che era abituato a fare un sol boccone dei suoi compagni di squadra, direi che non è un facile cambiamento. Forse l’età lo ha addolcito o forse la sana consapevolezza di essere ancora competitivo e poter lottare per qualcosa di grande lo ha ringiovanito, rendendogli quella spensieratezza di un ragazzo che vive il suo sogno.  

Non c’è due senza tre 

Nel mezzo tra l’arancione papaya e il blu Alpine, ci sono tante altre foto ancora che definiscono Nando e la sua carriera. Le Mans 2018 e 2019 quando con Toyota si è imposto davanti a tutti, vincendo anche quel trofeo tanto ambito quanto prestigioso. La 500 Miglia di Indianapolis sfumata per pochissimo e che gli avrebbe consegnato di diritto la Triple Crown. Fernando potrebbe essere uno dei pochi eletti a riuscirci, ma per ora si gode il momento con la sana volontà di continuare ad aggiungere ricordi dorati al suo rullino già colmo di momenti storici.

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