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René Arnoux, duellante d’eccezione

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Sorpassi e controsorpassi. Ciò che nel motorsport dovrebbe essere all’ordine del giorno. Eroi con elmi e armature di stoffa, colorate e brandizzate che lottano ruota a ruota fino all’ultima curva dell’ultimo giro con il volante tra le mani. I protagonisti sono i piloti, le monoposto sono i mezzi e il duello è spettacolo per chi guarda. Oggi sembra quasi tutto scontato, se non ci sono battaglie quasi ci si annoia, ma un tempo anche gli scontri all’ultimo sangue, che durassero un giro o quattro, che fossero per il primo o il quarto posto erano raccontati e poi ricordati con una vena più romantica.

Digione 1979

Questa piccola intro, mi è servita solo come introduzione al personaggio che andrò a raccontarvi oggi. Francese di Grenoble, nato il 4 luglio e assoluto protagonista in F1 a fine anni 70 e negli anni 80. René Arnoux è stato uno dei migliori piloti passati per il circus, un vincitore di Gran Premi e uno di quelli che in pista faceva sudare gli avversari e sognare i tifosi. La battaglia che lo ha reso celebre, se così si può dire di un pilota che ha corso per Renault e Ferrari e ha vinto ben 7 volte, è la famosa Digione 1979. Gli avversari sono sempre quelli che danno il valore agli scontri e René quel duello, seppur perso, lo ingaggiò con l’amico Gilles Villeneuve. Io Arnoux non l’ho mai visto correre se non attraverso i ricordi di mio padre e vecchi video sbiaditi trovati su YouTube. La prima volta che però il mio orecchio ha udito quel nome così francese fu proprio riguardando le immagini del Gran Premio di Francia 1979 corso sul tracciato di Digione.

Sotto il casco

Oltre quelle immagini mozzafiato che hanno lasciato con il fiato sospeso migliaia di tifosi e che hanno suscitato forti emozioni in chi le ha riviste dopo, c’è un pilota che ha saputo destreggiarsi tra i grandi nomi dell’epoca e farsi strada con le sue abilità. Una persona mite, lucida e molto diretta nel dire ciò che pensava. Un uomo tranquillo che era molto legato a Gilles, con il quale era riuscito a instaurare un rapporto di fiducia molto forte. I due andavano spesso a mangiare insieme in qualche locale particolare, dove però la qualità del cibo non era messa in discussione. René dà l’impressione di essere un uomo buono, semplice e disponibile, rimasto legato molto all’Italia dopo la sua esperienza a Maranello.

Al suo posto, nella sua pista

In Rosso approdò proprio la stagione successiva alla scomparsa del suo caro Villeneuve, un passaggio forse scritto nel destino. La sua avventura in Ferrari partì subito forte con risultati ottimi che alzavano le ambizioni verso il titolo iridato, ma le premesse non si confermarono. Certo, quanto fatto con la Scuderia emiliana da René non è da scartare, però quella ciliegina sulla torta non arrivò mai. Arnoux aveva vinto già quattro volte prima di vestirsi di Rosso, ma la prima vittoria con la Ferrari ebbe un sapore speciale. Il primo successo con la Casa del Cavallino Rampante arrivò nel 1983 in Canada a Montreal, sul circuito che poi sarebbe stato intitolato al compianto Gilles. Un cerchio che si chiudeva e un destino che si compiva. Arnoux poi vincerà altre due gare quella stagione che gli permetteranno di arrivare sul podio nella classifica finale. L’ultimo risultato degno di nota nella sua carriera.

Un’ultima chance

Di fatto Ferrari a inizio della stagione 1985 decise di rescindere il contratto dopo la prima gara in Brasile. Finiva così la storia tra René e la Rossa, iniziata sotto una buona stella e troncata di netto senza che la verità fosse mai proferita ne da una ne dall’altra parte. Secondo fonti ufficiali fu per un infortunio subito dal francese, ma sinceramente nessuno credette mai a questa versione. Dopo un anno sabbatico, la sua vita motoristica ritornò in patria. Arnoux decise di accasarsi con Ligier, in cerca delle stesse fortune che aveva trovato con la Renault all’inizio della sua carriera. Non andò come sperato. La competitività mancò e René fu molto chiaro sul suo proseguo. Dopo tre anni, nel 1989, il pilota di Grenoble rifiutò di correre un altro anno a quelle condizioni, perché piuttosto che fare da comparsa sulla griglia di partenza avrebbe smesso di correre e si sarebbe ritirato. Così andò.

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