Motor Valley
MotoGP | Pramac Racing può battere la Ducati ufficiale?
La prima parte della trasferta asiatica della MotoGP ha rimesso in discussione il campionato. Dopo le gare in India e in Giappone, Jorge Martin si è portato a soli tre punti di distacco da Francesco Bagnaia, leader della graduatoria. Entrambi guidano una Ducati, ma lo spagnolo è su una Desmosedici del Pramac Racing. La domanda sorge spontanea: può un pilota di un team indipendente vincere il mondiale? Pramac Racing può battere il team Ducati Lenovo?
Team ufficiale contro team cliente
La battaglia in pista non è solo tra piloti, ma anche tra team. Da una parte il Ducati Lenovo Team MotoGP, dall’altra il Prima Pramac Racing. Squadra ufficiale contro scuderia cliente. In tanti osservatori mettono in dubbio il fatto che una struttura ufficiale possa dare l’opportunità a una struttura indipendente di batterla in pista. Questa sarebbe di certo una fattispecie peculiare, nonchè un unicum da diversi anni a questa parte.
L’ultimo a esserci riuscito, almeno sulla carta, fu Valentino Rossi, che correva per il team Nastro Azzurro Honda. Quella adottata dalla casa alata fu una strategia per bypassare una regola all’epoca in vigore che non consentiva, ai piloti debuttanti, di correre per una struttura ufficiale. Venne creata quindi la Nastro Azzurro, squadra per la quale fu ingaggiato, come capotecnico, un certo Jeremy Burgess, che fino a poco tempo prima lavorò con Mick Doohan. Non certo l’ultimo degli arrivati. Il materiale fornito a Rossi era quello ufficiale, i tecnici erano anch’essi provenienti dal team Repsol. Nel 2000 il marchigiano arrivò secondo dietro a Kenny Roberts Jr., mentre l’anno successivo si impose nell’ultima stagione delle 500. Rossi andò poi a vestire i colori del marchio petrolifero spagnolo. Di un team così di successo come il Nastro Azzurro, si persero le tracce. Chissà come mai.
Prima di questa parentesi ci fu il Team Gallina, che nell’81 e nell’82 vinse con Marco Lucchinelli e Franco Uncini, pur non essendo la struttura ufficiale Suzuki. Nel 1978 poi, Kenny Roberts si aggiudicò l’iride con una Yamaha del team Yamaha USA, che poteva comunque contare su una moto ufficiale. È quindi successo pochissime volte che una squadra clienti si imponesse su quella ufficiale. Non è impossibile, ma è poco probabile.
Una sconfitta sportiva che vale una vittoria morale
Da una parte la Ducati rossa, dall’altra quella bianco-viola. Il materiale in dotazione di entrambe le scuderie è quello ufficiale della Casa di Borgo Panigale. Sia Bagnaia che Martin hanno un contratto direttamente con il marchio bolognese e, per accordo scritto, hanno diritto alle stesse opportunità tecniche. Si tratta di una questione tra uomini. La situazione è diversa da quella del 2022, quando Bagnaia, impegnato nella rincorsa a Quartararo, doveva guardarsi alle spalle da Enea Bastianini, che guidava la Desmosedici in versione 2021. Il Pramac Racing è una realtà del motomondiale da oltre vent’anni e, in questi due decenni, è cresciuta al punto da spingere Ducati ad affidare loro due dei piloti ufficiali che mette sotto contratto.
Il punto è uno: scoraggiare Pramac e indurlo lasciare campo libero a Bagnaia sconfesserebbe la scelta stessa di Ducati nel dare fiducia alla scuderia di Paolo Campinoti. Oltre a questo, è indubbio che un’ingerenza di tale livello incrinerebbe rapporti che perdurano da quindici anni, oltre a svalutare due dei quattro posti che l’azienda della Motor Valley riserva ai suoi piloti. Una scelta di questo tipo, farebbe perdere credibilità a Ducati più di una sconfitta in pista. Sul nastro d’asfalto, infatti, quasi sempre è il migliore a vincere. Sovvertire questo concetto alla base dello sport, lasciando spazio alla politica e a giochi dietro le quinte, metterebbe a rischio la serietà di un’intera azienda. Per questi motivi, credo che nessuno in Ducati faccia in modo che Bagnaia vinca su Martin, se non per meriti sportivi.
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